Luca Geronico, Avvenire 8/8/2015, 8 agosto 2015
SIRIA, LA LISTA DELLO STATO ISLAMICO: RAPITI 60 CRISTIANI
Un nuovo rapimento di massa per mano dello Stato islamico a un anno esatto dalla pulizia etnica nella Piana di Ninive. Questa volta gli uomini del Califfato colpiscono in Siria, nella città di al-Qaryatain, che i jihadisti hanno conquistato nei giorni scorsi.
Almeno 230 civili, tra i quali almeno 60 cristiani, sono stati rapiti nella città sulla strada che porta a Palmira, dal maggio scorso nelle mani dello Stato islamico. Lo afferma l’Osservatorio nazionale per i diritti umani secondo in quale, in base a testimonianze locali, tra i sequestrati vi sono 19 minorenni e 45 donne.
I sequestrati, sempre secondo le fonti del’Osservatorio nazionale siriano, sono stati scelti in base ad una lista che i miliziani dell’Is avevano con loro per- ché accusati di «collaborazionismo con il regime». Alcuni sono stati prelevati nel monastero di Mar Elian, dove nel maggio scorso uomini armati e a volto coperto avevano rapito padre Jacques Murad, monaco e sacerdote di rito siro- cattolico. Il convento è una filiazione del monastero di Mar Musa, fondato dal gesuita italiano Paolo Dall’Oglio, anche lui rapito, il 29 luglio 2013, mentre si trovava a Raqqa, nel Nord della Siria. Di entrambi i sacerdoti non si sa più nulla.
«È una pulizia religiosa. Quella che i vostri governanti non vogliono vedere: a loro importa poco delle libertà religiosa di queste comunità, che sono riuscire a sopravvivere per centinaia di anni proprio perché attaccate al loro Salvatore e al Vangelo» è lo sfogo a RadioVaticanadel patriarca della Chiesa siro-cattolica, Ignace Youssif III Younan. Vi è pure grande apprensione per la sorte di alcune famiglie cristiane che giorni fa sono fuggite verso dei vicini campi profughi ma non sono mai giunte a destinazione.
Un comunicato del metropolita ortodosso di Homs conferma il rapimento di «almeno 100 famiglie» da parte del-l’Is dopo scontri a fuoco con l’esercito di Assad. La Chiesa di Hams lancia un appello per soccorrere con beni di prima necessità le centinaia di famiglie che, in fuga da al-Qaryatain, in queste ultime 24 ore si sono riversate nella città di Homs e dintorni.
Un rapimento di massa a un anno esatto dalla fuga forzata dalla Piana di Ninive, in Iraq, di 120mila cristiani, avventa nella notte tra il 6 e il 7 agosto. Era l’8 agosto del 2014 quando il presidente statunitense Barack Obama autorizzò i raid aerei contro i jihadisti del sedicente Stato islamico nel nord del-l’Iraq. Non solo i bombardamenti, anche gli aiuti umanitari con il lancio aereo di acqua e pasti agli iracheni della minoranza degli yazidi, rifugiati sul monte Sinjar per sfuggire alle violenze dell’Is. Un anno dopo, più di diecimila jihadisti sarebbero stati uccisi. Il costo totale delle «operazioni connesse all’Is» secondo dati riportati dal sito del Dipartimento della Difesa Usa, è di 3,21 miliardi di dollari. Un’analisi di fine luglio di «Janes» sostiene che tra gennaio a giugno i jihadisti abbiano perso il controllo del 9,4% dei territori conquistati. Per risolvere la crisi siriana, ha affermato Paolo Gentiloni, si devono coinvolgere diverse forze e «credo che l’impegno di diversi Paesi come l’Arabia Saudita, la Russia, gli Stati Uniti e mi auguro lo stesso Iran, ci aiuti ad arrivare ad una transizione». Il ministro degli Esteri italiano ha incontrato ieri alla Farnesina il collega saudita Adel al-Jubeir.
Da quando, un anno fa, lo Stato islamico si è impadronito di Mosul e dintorni ha ucciso oltre 2mila prigionieri ha affermato il presidente del parlamento, Salim al Juburi. «I cristiani e gli yazidi vivono ancora in condizioni difficili a livello fisico, psicologico e sociale, all’interno dei centri di accoglienza; intanto le loro terre restano occupate e il loro patrimonio minacciato di estinzione», scrive il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako, in una letteraappello.
«I gruppi estremisti che sfruttano la religione e usano la violenza per estendere il loro dominio sono un pericolo per tutti noi. Per questo il governo dovrebbe impegnarsi a fondo per iniziative di riconciliazione e a rapporti di pace. Le operazioni militari, esse sole, non bastano », afferma il patriarca Sako. «Non è certo un segreto che vi siano forze che vogliono far continuare tutto questo fino alla completa distruzione. Nonostante tutto – conclude il patriarca di Baghdad – la riconciliazione resta la sola opzione per la nostra comunità».