Giuseppe Scarpa, Corrado Zunino, la Repubblica 28/7/2015, 28 luglio 2015
Francesco De Vito Piscicelli, l’imprenditore che nel 2009 rideva al telefono per il terremoto dell’Aquila appena accaduto, a momenti muore per un incendio divampato sul suo yacht attraccato all’Argentario
Francesco De Vito Piscicelli, l’imprenditore che nel 2009 rideva al telefono per il terremoto dell’Aquila appena accaduto, a momenti muore per un incendio divampato sul suo yacht attraccato all’Argentario. Qualcuno ha tirato una molotov contro lui e la sua compagna, la principessa Sofia Borghese. Piscicelli dice che il mandante è il conte Fabrizio Ferrari Sardagna von Neuburg und Hohenstein, già marito della principessa, il quale per questa operazione si è servito del rumeno Nicolae Calbeaza, suo ex dipendente passato dalla parte del conte. I guai di Piscicelli sono iniziati da quando è nato l’amore con la principessa Borghese: da allora gli è stato incendiato l’elicottero, poi una Renault, un capannone, il quadro elettrico della villa, gli hanno lasciato proiettili nella cassetta delle poste e falsa cocaina tra le piante prima di mandargli i carabinieri. Il conte indiziato è un tipo manesco, prima allontanato dalle autorità da Venezia e per un periodo inibito persino a mettere piede a Roma. Costui si rivolgeva alla sua sposa dicendole: «Ti devi sottomettere come tutte le mogli» e «In fondo sei la mia cameriera». Ospitò nel suo castello di Tor Crescenza Piscicelli appena uscito dal carcere: lì quest’ultimo ritrovò la principessa, conosciuta da bambina e nacque l’amore. Quando lasciò la magione, si portò via anche la donna. Allora iniziarono le persecuzioni.