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 2015  agosto 07 Venerdì calendario

ARTURO DIACONALE. DENARI A PIOGGIA PER UN GIORNALE DA MILLE COPIE

La nomina più assurda della sua carriera non è quella al Cda della Rai, ma quella del marzo 2009 quando, grazie ai buoni uffici dell’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, Arturo Diaconale viene nominato commissario straordinario del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Forse per il solo fatto di essere di quelle parti (Montorio al Vomano in provincia di Teramo)? Chissà. Sta di fatto che il neo membro del Cda di Viale Mazzini in quota centrodestra è uno dei misteri dell’editoria italiana.
Diaconale, infatti, è riuscito a tenere in vita per 22 anni un giornale che ha sempre venduto pochissimo: 2500 copie, ma secondo i maligni non si andava oltre le mille copie, comprese quelle che finivano nelle mazzette degli amici. Nonostante questo è riuscito a incassare fior di contributi pubblici: poco meno di 2 milioni di euro ogni anno per un paio di lustri. La legge dell’editoria, infatti, prima era molto più generosa e ai giornali che si legavano a un movimento politico elargiva la metà delle spese sostenute. E l’Opinone, è stata legata al Movimento delle libertà dell’ex deputato di Forza Italia Massimo Romagnoli, arrestato nel dicembre 2014 in Montenegro per traffico d’armi.
Chi ha lavorato all’Opinione ricorda come verso settembre il giornale andava sempre in sofferenza perché finivano i soldi e qualche stipendio saltava. Poi arrivava il denaro che le banche anticipavano in vista del contributo pubblico e la situazione tornava normale. Nonostante il quotidiano fosse spesso con l’acqua alla gola, Diaconale ci fa lavorare la moglie, Barbara Alessandrini, e pure la figlia.
Ma con la diminuzione dei contributi il sistema va in tilt: nel 2013 il finanziamento pubblico si abbassa a 950 mila euro, nel 2014 saranno solo 120 mila. E il giornale va a rotoli: molti se ne vanno o vengono cacciati, alcuni sono ancora in causa di lavoro con l’azienda per prendere mesi di stipendio e il Tfr. Ora Diaconale avverte che nel Cda Rai non lavorerà certamente gratis. Peccato, però, che gratis ha fatto lavorare per mesi i suoi giornalisti. Vent’anni è durata l’Opinione, vissuta solo grazie ai contributi pubblici. Tanto che al direttore, ricorda qualche ex dipendente, piaceva dire che “lo Stato è il socio di maggioranza del giornale”.
Ma Diaconale ci ha provato anche con la politica. Dopo aver iniziato al Giornale di Montanelli come cronista parlamentare e aver continuato a Studio Aperto, alle elezioni del 1996 viene candidato dal Polo delle Libertà in Senato, ma non ce la fa. Così, sempre molto vicino a Silvio Berlusconi e al centrodestra, continua a dirigere l’Opinione dove, per un periodo, è transitato pure l’ex sindaco di Milano Paolo Pillitteri. La politica, però, è la sua passione e ci riprova anche alle ultime Regionali in Campania, con la lista “Vittime del fisco e della giustizia” a sostegno di Stefano Caldoro. Altro flop. “In un Paese che a volte è un po’ troppo lento, se si può accelerare è meglio”, ha detto ieri durante la riunione del Cda. Qualche minuto prima il suo commiato dagli abruzzesi (si è dimesso dall’ente parco) e dai lettori dell’Opinione, da cui si è dimesso dopo 22 anni di direzione.
“Ringrazio tutti, in particolare i collaboratori che, in condizioni di enorme difficoltà, mi hanno aiutato a portare avanti un giornale che non ha mai avuto capitali o un editore di riferimento alle spalle”, ha scritto nell’ultimo editoriale. Un editore di riferimento no, ma i capitali, e che capitali, Diaconale in tutti questi anni è riuscito ad averli lo stesso. Verrebbe quasi da dire chapeau, se non fossero soldi nostri.