Paolo Salom, Corriere della Sera 7/8/2015, 7 agosto 2015
CINA, AGENTI IN UFFICIO PER I COLOSSI DEL WEB
I poliziotti della Rete non bastano più. Come insufficiente si dimostra anche la «Grande muraglia di fuoco», ovvero il programma che monitora Internet 24 ore su 24, bloccando i siti invisi al regime e segnalando le parole chiave «eterodosse». In Cina la censura online è affar serio. Tanto serio che, in un’epoca di rivoluzioni gestite dai social network — vedi Primavere arabe e quella (fallita) dei Gelsomini — Pechino ha sentito la necessità di stringere il cappio all’origine. Se bloccare le autostrade informatiche è un’impresa resa vana dalle contromisure (come le Vpn, app che «nascondono» l’utente permettendogli di navigare indisturbato), allora occorre procedere con i vecchi sistemi. La squadra speciale di agenti impegnata a monitorare Internet dalle caserme non basta più? Meglio piazzare un poliziotto in carne e ossa nelle sedi delle maggiori società online, come Tencent e Alibaba. Divisa e berretto tra impiegati e smanettoni del web: un modo per arginare le «possibili violazioni» delle leggi e «scoprire i responsabili più velocemente», come ha spiegato Chen Zhimin, vice ministro della Pubblica Sicurezza. Che però non ha spiegato come questi agenti, presenti fisicamente nelle sedi delle società che stanno rivoluzionando il mondo digitale d’Oriente, potranno agire meglio e con più efficacia dei loro colleghi in postazioni «remote». Da sempre l’ossessione cinese contro «pornografia, violenza e diffusione di voci infondate (le critiche contro il Partito comunista)» ha caratterizzato lo sviluppo di Internet nel Paese che ha oggi la popolazione digitale più numerosa del mondo (650 milioni di utenti). I poliziotti in servizio nelle aziende online non cambieranno granché il panorama. Ma basterà la loro presenza fisica, questa forse è l’idea, per innescare la forma di controllo più efficace: l’autocensura.