Stefano Pezzini, La Stampa 7/8/2015, 7 agosto 2015
PAJATA
La Bse, la sindrome che all’inizio del secolo aveva terrorizzato l’Europa come «Mucca pazza», non fa più paura e, nei menù dopo 14 anni può ritornare la vera pajata, uno dei simboli della cucina romana, piatto che prevede l’uso dell’intestino tenue del bovino da latte. A dare l’annuncio è la Coldiretti: «È questo il risultato della lunga battaglia della Coldiretti culminata con successo con la pubblicazione del provvedimento che rende applicabile la modifica alla lista, votata lo scorso 17 marzo, di porzioni di organi e tessuti considerati materiale animale da eliminare, il cosiddetto Materiale specifico a rischio (Msr) che mantiene però l’obbligo di eliminare il cervello fritto di bovino adulto da cui si ottengono le prelibate frittelle impastellate in acqua e farina o in uovo e pan grattato dopo una prima scottata in brodo bollente». «Si tratta di risultato importante per consumatori, ristoratori, cuochi, macellatori e allevatori che, oltre ad avere rilevanza sul piano gastronomico, ha anche effetti su quello economico con la valorizzazione dell’allevamento italiano in un difficile momento di crisi», spiega il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, che sottolinea «il determinante impegno del ministero della Salute». Conclude: «Una spinta decisiva è stata data dal giudizio positivo dell’Organizzazione mondiale per la sanità animale che a fine maggio del 2013 nell’ambito dell’assemblea generale ha adottato la risoluzione che aveva ufficialmente sancito per l’Italia un nuovo stato sanitario per l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse), con il passaggio dal livello di rischio “controllato” a quello “trascurabile”, il più basso. L’Italia con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all’Oie, che hanno raggiunto la qualifica sanitaria migliore di rischio “trascurabile” per la mucca pazza».