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 2015  agosto 06 Giovedì calendario

Per un’intera generazione di cinefili Ian McKellen è quell’attore inglese di una certa età che ha interpretato il mago Gandalf in Il signore degli anelli e The Hobbit e l’onnipotente Magneto nella prima trilogia di X-Men

Per un’intera generazione di cinefili Ian McKellen è quell’attore inglese di una certa età che ha interpretato il mago Gandalf in Il signore degli anelli e The Hobbit e l’onnipotente Magneto nella prima trilogia di X-Men. Ma di lui parlano meglio quei sei Olivier Award (gli Oscar del teatro britannico) per ruoli come quelli interpretati in Riccardo III e Un uomo per tutte le stagioni. È vero, McKellen ha conquistato la popolarità internazionale poco più di 15 anni fa recitando al cinema il regista decadente James Whale in Gods and Monsters ma per gli amanti del teatro (e anche della tv e del cinema) Sir Ian McKellen (nominato Cavaliere nel 1991 dalla Regina Elisabetta) è una leggenda vivente della scena fin dagli anni Sessanta. A 76 anni McKellen è protagonista del film Mr. Holmes, variazione fantasy sulla figura del mitico investigatore, diretto da Bill Condon (l’autore di Gods and Monsters, uno dei tanti "adoratori" hollywoodiani di McKellen). Arrivato a un’età in cui di solito i grandi attori si limitano a recitare in film che permettano loro comode vacanze in Francia o in Italia, McKellen non si ferma un attimo. Mai stato tanto impegnato. Ha appena finito di girare un telefilm per la BBC, The Dresser, dal classico di Ronald Harwood, ha completato la seconda stagione della sitcom a tematica gay Vicious (Sir Ian è gay dichiarato da anni), ha da poco terminato la versione cinematografica del musical La bella e la bestia e lo scorso anno ha recitato a Broadway, insieme al suo grande amico e collega Patrick Stewart, in Aspettando Godot di Beckett e No Man’s Land di Pinter. In Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto interpreta il leggendario detective londinese, ma il film è ambientato nel ’47 e Holmes ha 93 anni. Ripensa a quand’era più giovane e, ormai in pensione, se ne starebbe tranquillo nella sua tenuta di campagna a occuparsi delle sue api, con la sola compagnia della sua domestica (Laura Linney). I giorni della sua fama dei libri scritti dal socio dottor Watson sono lontani. Ma quando il figlio della domestica (Milo Parker) gli chiede di scrivere un racconto, l’anziano detective si riscopre intrigato da certi eventi dimenticati, in modo particolare da un vecchio caso che coinvolgeva una donna. E si inoltra di nuovo lungo un sentiero di scoperta. Incontriamo McKellen a Los Angeles. È un piacere ascoltarlo, gentile, sarcastico, autoironico. Al contrario di molti altri suoi colleghi "Sir", a lui l’appellativo non dispiace affatto. Come spiega la popolarità che il personaggio di Holmes continua ad avere? "È un’icona mondiale, chi non conosce Holmes? La soluzione dei misteri tramite la deduzione, la logica del pensiero, l’osservazione dei dettagli... Certo, il giovane Holmes di Benedict Cumberbatch nella recente serie tv è ormai un archetipo per schiere di fan ma insomma il mito Holmes dura da oltre cent’anni e ha goduto di tante incarnazioni. Il nostro è di pura fantasia, non è stato scritto da Conan Doyle e parla di Sherlock Holmes come se fosse una vera persona, alla fine della sua vita, ma molto fedele rispetto allo spirito del personaggio originale". Quale interpretazione le è piaciuta di più? "Mi ricordo di William Gillette, un attore americano, il primo che vidi recitare il personaggio in teatro. Il mio amico John Gielgud lo fece alla radio quand’ero giovane, Watson era Sir Ralph Richardson, la voce di Moriarty era Orson Welles! Quando senti voci così alla radio, sfido chiunque a non sognare di diventare attore. Ma tornando alla sua domanda, non ricordo un grande attore che non abbia recitato almeno una volta Holmes, da Laurence Olivier a Robert Downey Jr.". Nel film si ragiona molto intorno al concetto di memoria. "Ah, la memoria... Fino a qualche tempo fa, la maggior parte della gente era analfabeta, non sapeva leggere né scrivere e la trasmissione della cultura e delle tradizioni era esclusivamente orale. Una tradizione tramandata anche e soprattutto dagli attori. Dobbiamo ricordare tutte le nostre battute a memoria. Da giovane pensavo fosse la cosa più facile di questo mestiere, ora riconosco che è la più difficile. E la paura più grande è proprio quella di non riuscirci". Di recente è stato Grand Marshal al Gay Pride di New York per celebrare la decisione della Corte Suprema americana sui matrimoni gay. "Dicevo spesso che il grande vantaggio di dichiararsi gay era non dover servire nell’esercito perché non era permesso. E avevi anche la scusa perfetta per non sposarti! Bé, non è più così, ora ti puoi sposare e nessuno ti vieta di arruolarti. Ma davvero ci abbiamo guadagnato? Scherzo, naturalmente. Certo che ci abbiamo guadagnato. La decisione della Corte Suprema Usa è magnifica. Un grande passo in avanti per l’umanità. Per questo sono sceso in strada, sulla Quinta e ho sfilato con tutti i miei compagni. Posso dire di essere un gay fiero di me stesso e di chiunque altro abbia il coraggio e la libertà di essere se stesso. Saltavo fuori dalla macchina che mi trasportava, come il Papa, e abbracciavo e baciavo quelli in strada". Insomma, a 76 anni invece di rallentare, accelera. "Pochi anni fa mi ero riproposto di rallentare, avevo detto che avrei accettato solo film in cui avrei sorseggiato del tè su una terrazza della Costa Azzurra, preferibilmente al tramonto. Poco dopo mi son detto: tra pochi anni cadrai, ti romperai il femore, sarai fottuto e finito e se ti va bene potrai fare solo radio, sempre che ci vedrai ancora. E allora, Sir Ian, se c’è spazio fatti avanti".