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 2015  agosto 06 Giovedì calendario

LA MAGISTRATURA UK È COMPLETAMENTE DIPENDENTE DALL’ESTABLISHMENT. TENIAMOCI STRETTA QUELLA ITALIANA (PROCURE DI MILANO E TRANI COMPRESE)

Ci sono momenti nella vita in cui provi due sentimenti contrastanti: una soddisfazione profonda, al contempo una rabbia incontrollabile. E’ il mio caso, oggi. Come persona provo una soddisfazione che non so descrivere tanto è intima, profonda, tocca più il cervello che il cuore. Dall’altro come cittadino, analista, giornalista, persona perbene, sono furibondo, la rabbia mi sale in modo che trovo difficile controllare. Sapendo in anticipo come sarebbe andato a finire il caso Hayes-Libor, il disgusto è ancora maggiore.
È dal 2008, scoppio della Grande Crisi, che scrivo come fosse indispensabile una immediata grande retata che mettesse in galera i vertici delle aziende che gravitano nell’orbita del sistema bancario, i regolatori, le agenzie di rating, tutti quelli che «non potevano non sapere», secondo la geniale intuizione della Procura di Milano. Trovai incredibile che coloro che avevano fatto fallire l’Occidente fossero gli stessi chiamati a risollevarlo.
Ieri è giunto a conclusione il processo su una delle tante manipolazioni finanziarie, quella del «Libor». Significa «London Interbank Offered Rate», cioè il tasso secondo il quale le banche si scambiano il denaro fra loro. Detto così si potrebbe osservare: in fondo problemi loro, come fu, anni fa, nella sanguinosa guerra fra cosche dell’ndrangheta calabrese; morti e feriti da entrambe le parti criminali, nessuno fra le forze dell’ordine.
In questo caso i media non la raccontano tutta, perché il Libor è anche la base di partenza per calcolare i tassi dei nostri mutui per la casa, del nostro scoperto bancario, riguarda tutta la clientela retail, compresi i “bond”. Per avere un’idea, i bond di periodo sono 450 mila miliardi di $ (450 trilioni). Si comprende come variazioni infinitesimali abbiano un impatto devastante per chi lo subisce (in negativo) e per chi lo pratica (in positivo). Alterare il Libor è come, per i laici cambiare il “metro campione” di Parigi, per chi crede manipolare nel tabernacolo l’eucarestia.
Tom Hayes, il ragazzo di cui parliamo (all’epoca aveva 25 anni, ed era un oscuro broker, prima di UBS, poi di Citi) davanti alla Corte di Londra si è difeso ammettendo le colpe in modo ridicolo, dicendo che gli piaceva giocare con i numeri (di qui il nomignolo Rain Man) e che all’epoca soffriva di una forma lieve della Sindrome di Asperger. L’accusa, trattandosi di un pesce piccolo, è stata spietata, lo ha definito “Il Macchiavelli del Libor, abbruttito dall’avidità”. Se da lassù il grande fiorentino vedesse Tom si scompiscerebbe dalle risa: un poveraccio dallo sguardo perso, pallido, pelle grassa, pure stempiato, il classico capro espiatorio, scelto per chiudere la pratica in modo tombale.
Come ovvio, la Corte ha finto di credere a questa sceneggiata (nei paesi anglosassoni tutte le istituzioni privilegiano sempre gli «interessi nazionali», cioè quelli dell’Establishment), oltretutto il reo aveva reso ampia confessione garantendo che aveva operato in totale solitudine (questo il passaggio chiave), e lo ha condannato a 14 anni. A meno di cinquant’anni, si godrà un patrimonio che garantirà una vita serena a lui e a molte generazioni a venire.
E così si è concluso il processo del secolo: l’emulo del Segretario fiorentino in prigione, i Principi a zonzo. Questo il mondo in cui vivranno i miei nipotini, se non succede qualcosa di grosso. Da inguaribile ottimista, io ci credo, succederà. Più passa il tempo più la mia definizione di “ceo capitalism” per descrivere questo capitalismo bastardo che nulla ha a che fare con quello classico, mi pare azzeccata. Più osservo la giustizia anglosassone perdutamente embedded alla Classe Dominante (geniale definizione dell’amico Angelo Codevilla), più mi tengo stretta quella italiana (Procure di Milano e di Trani comprese).
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Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 6/8/2015