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 2015  agosto 06 Giovedì calendario

Notizie tratte da: Charles du Bos, Lord Byron e la fatalità, Castelvecchi 2015, euro 19,50. Vedi Libro in gocce in scheda: 2324056Vedi Biblioteca in scheda: 2318884George Gordon Byron, che a dieci anni avrebbe assunto il titolo di Lord Byron, nacque il 22 gennaio 1788 a Londra, al numero 16 di Holles Street, figlio unico del capitano John Byron e di Miss Catherine Gordon of Gight

Notizie tratte da: Charles du Bos, Lord Byron e la fatalità, Castelvecchi 2015, euro 19,50.

Vedi Libro in gocce in scheda: 2324056
Vedi Biblioteca in scheda: 2318884

George Gordon Byron, che a dieci anni avrebbe assunto il titolo di Lord Byron, nacque il 22 gennaio 1788 a Londra, al numero 16 di Holles Street, figlio unico del capitano John Byron e di Miss Catherine Gordon of Gight.

Il nonno di Byron, l’ammiraglio John Byron, era stato soprannominato dai suoi compagni Foul-weather Jack, Jack della Tempesta.

Abitudine tra i Byron di maritarsi tra consanguinei.

«Ho pensato poco fa a un fatto bizzarro. Mia figlia, mia moglie, la mia sorellastra, mia madre, la madre della mia sorellastra, la mia figlia naturale e io stesso, tutti noi siamo stati o siamo figli unici. La madre della mia sorellastra (Lady Conyers) ebbe soltanto la mia sorellastra (demi-sœur) da questo secondo matrimonio (e lei stessa era figlia unica); dal suo secondo matrimonio con mia madre (anche lei figlia unica) mio padre ebbe solo me. Una tale complicazione di figli unici, e per di più tendenti tutti a formare un’unica famiglia, è alquanto singolare e pare quasi una fatalità. Ma gli animali più feroci sono quelli che partoriscono un solo figlio alla volta, quali i Leoni, le tigri e anche gli Elefanti, che tuttavia, al confronto, sono miti» (dal diario scritto da Byron tra il 15/10/1821 e il 18/5/1822).

In realtà la sorellastra di Byron, Augusta, non era figlia unica: aveva un fratello e una sorella, morti prima che lei nascesse.

Il padre di Byron, John Byron, da giovane, spendaccione giocatore e debosciato, si era arruolato nell’esercito e aveva prestato servizio in America. Nel 1778, rapì, per sposarla l’anno successivo, Lady Carmarthen, moglie di Francis Carmarthen che in seguito divenne quinto duca di Leeds e baronessa Conyers. Vissero a Parigi ed ebbero tre figli, dei quali i primi due morirono e la terza fu Augusta. Nel 1784, Lady Conyers morì e il capitano Byron tornò in Inghilterra, indebitato e in cerca di un’ereditiera. Sposò la ricca Catherine Gordon of Gight. Per ripianare i debiti di lui, vendettero i terreni e finirono in miseria. Trasferiti a Parigi, tornò solo la moglie, che diede alla luce George Gordon Byron. Il padre morì a Valenciennes nel 1791.

Quando in un saggio si ipotizzò che Lady Conyers fosse morta di crepacuore per i vizi e la brutalità di John Byron, il figlio scrisse: «Lungi dall’essere “brutale”, mio padre era di carattere estremamente amabile e giocoso, ma trascurato e dissipato. Tratti, tutti, che gli valsero la reputazione di buon ufficiale, e tale infatti egli si mostrò militando nelle Guards in America. Non è certo per “brutalità” che un giovane ufficiale delle Guards seduce e rapisce una marchesa e sposa due ereditiere. Vero è che era un bellissimo uomo, il che spiega molte cose. La sua prima moglie (Lady Conyers, marchesa di Carmarthen) morì non già di crepacuore, bensì d’una malattia contratta perché aveva imprudentemente insistito per accompagnare mio padre a caccia prima di essersi del tutto rimessa dal parto relativo alla nascita di mia sorella Augusta. La sua seconda moglie, la mia venerata madre, aveva, ve lo posso garantire, uno spirito troppo fiero per sopportare i maltrattamenti di un uomo, chiunque egli fosse; e di tale spirito, avrebbe ben presto fornito le prove».

La madre di Byron, Chaterine Gordon of Gight, discendeva in linea diretta dalla casa reale di Scozia. I Gight erano considerati teste calde e maneschi.

Dice Rowland E. Prothero che la madre di Byron «fece perdere la pazienza al pittore Stewardson, che nel 1806 dipinse in non meno di quaranta sedute il suo ritratto, a causa dell’ansioso desiderio che dimostrava di veder riprodotte le curve descritte dalle sue braccia nella luce più favorevole».

«Il suo linguaggio, quando si adirava, non conosceva freni» (Rowland E. Prothero sulla madre di Byron).

La madre di Byron, mai sazia di pettegolezzi e maldicenze.

«Non litigo mai se non mi si rivolge la parola» (lord Byron).

Lettera di Byron sedicenne alla sorellastra Augusta a proposito di sua madre: « Più la vedo e più aumenta la mia antipatia, e di questa non riesco a dissimulare completamente i segni, per far sì che lei non colga il mio pensiero; cosa che, lungi dal calmare la tempesta, la trasforma in un uragano che minaccia di distruggere tutto».

Altra lettera: «Va su tutte le furie, mi rivolge rimproveri come se fossi il peggiore degli scellerati che la Terra abbia mai nutrito, invoca le ceneri di mio padre, si sfoga in invettive nei suoi riguardi, dice che sarò un vero Byronne, ai suoi occhi la qualifica più oltraggiosa che si possa trovare. Devo chiamare mamma una simile donna?».

Appena indipendente, Byron s’imbarcò per il primo viaggio in Oriente, che lo tenne lontano due anni, senza neppure salutare di personala madre, ma limitandosi a farlo tramite lettera. Al ritorno da questo viaggio, certi affari lo trattennero a Londra. Si attardò a tal punto che arrivò troppo tardi per vederla: era morta il primo agosto 1881.

Al capezzale della madre lo si vide in lacrime, singhiozzare: «Avevo un’unica amica al mondo, e adesso non c’è più». Però il giorno del funerale non volle seguire il corteo fino a cimitero: subito dopo la cerimonia chiese a un domestico di cercargli i guantoni da boxe per potersi allenare nel quotidiano esercizio mattutino.

Non si è ancora capito se Byron fosse zoppo. Il padre in una lettera dice di sì, ma le altre testimonianze sono contraddittorie e non si è neppure chiarito quale fosse il piede malato. Byron, comunque, ha sempre parlato di sé come di uno zoppo.

Racconta che la madre, in un accesso di collera, lo chiamò «marmocchio infermo». Al che lui rispose: «Sono nato così, mamma».

Nel 1821, Byron passeggiava nel suo giardino di Genova in compagnia dell’amico di sempre, Hobhouse, quando, volgendosi all’improvviso verso di lui, gli disse: «Eccovi ancora intento a guardare il mio piede», e Hobhouse ribatté soave: «Sapete bene, mio caro Byron, che la gente non guarda altro che il vostro viso».

Appena fu ammesso al salotto di Elisabeth Pigot, a Southwell, era un sedicenne grasso e timido. Fu lei a consigliargli di perdere peso.

La volta che fu invitato a pranzo a casa del poeta Samuel Rogers. Il padrone di casa gli chiese se gradiva della minestra: «No, non prendo mai minestra». «Un po’ di pesce?», «No, non prendo mai pesce». Stesso rifiuto per la carne di montone e il vino. Quando gli chiesero cosa mangiasse: «Niente, tranne gallette e soda». Non avendone in casa, gli furono date patate schiacciate condite con aceto. Rogers venne poi a sapere che Byron, dopo essersene andato da casa sua, era finito in un club di St. James Street a mangiare un abbondante pasto a base di carne.

Tutti unanimi nel sottolineare «il pallore dei suoi tratti», la bellezza degli occhi e la dolcezza della voce.

A otto anni s’innamorò di una sua cugina, Mary Duff. «Avevo già avuto delle passioncelle, e in seguito ne ho avute più di cinquanta altre, eppure, mi ricordo di tutto ciò che ci siamo detti l’un l’altro, di tutte le nostre carezze, dei tratti della sua fisionomia, del mio nervosismo, delle mie insonnie, del modo con cui tormentavo la cameriera di mia madre perché le scrivesse a nome mio». A sedici anni, appena seppe che si era sposata, gli presero le convulsioni.

Byron adolescente innamorato di Mary Annesley Chaworth, due anni più grandi di lui, discendente di una famiglia avversaria alla sua. Mary si fidanzò con John Musters, amico di Byron, senza diffondere la notizia. Quando il promesso sposo le regalò un anello, lei a sua volta ne donò uno dei suoi a Byron. Musters, riconoscendo il gioiello della sua amata, volle chiarimenti e lei fu costretta ad annunciare pubblicamente il fidanzamento. Il che non le impedì di tenersi accanto Byron in veste di spasimante ufficiale, infliggendogli il reiterato supplizio di farsi accompagnare da lui ai balli (ai quali Byron, zoppo, non poteva prendere parte).

La volta che Madame de Staël gli rimproverò di tenere gli occhi chiusi o semichiusi a tavola.

Scrive Thomas Moore, suo primo biografo: «Nulla era più divertente, o più affascinante, del contrasto tra l’altezzosa riservatezza che egli affettava in seno a un circolo brillante e ciò che egli ridiventava quando, lasciato il circolo suddetto, ci ritrovavamo a quattr’occhi. Immediatamente scoppiava in lui la gaiezza di un collegiale restituito alla libertà: pareva che non vi fossero limiti di sorta alla sua facoltà di divertirsi e agli scherzi che era capace di fare».

«Mi destai un mattino per scoprire che ero celebre» (lord Byron).

Lady Caroline Ponsonby, maritata Lamb, dai bei capelli rossi e gli occhi scuri, dopo aver letto il poema Childe Harold volle conoscere l’autore, lord Byron. Al poeta Rogers: «Muoio dalla voglia di conoscerlo». «È zoppo», replicò Rogers, «e si mangia le unghie». Risposta di lei: «Amche se fosse brutto come Esopo, devo vederlo». Lo incontrò due giorni dopo, a casa di Lady Westmorland. Quando vide che tutte le donne cercavano di attirare lasua attenzione, girò le spalle e se ne andò. La sera appuntò sul diario: «Pazzo, malvagio e pericoloso da conoscere». Capitò di nuovo l’occasione due giorni dopo, e questa volta furono presentati. La sera lei appuntò sul diario: «That beautiful pale face is my fate», «Quel bel volto pallido è il mio destino». Dopo di allora Byron prese a farle visita tutti i giorni. La famiglia di lei, temendo lo scandalo, volle che lui si fosse allontanato: cosa che avvenne, ma solo per qualche giorno. Quando tornò, la madre di Lady Caroline si ammalò. Questa cosa convinse la donna a porre fine alla storia: si precipitò a casa sua, implorandolo di andarsene e nello stesso tempo di fuggire insieme. Se ne andò da solo. Lady Caroline, che andò a stabilirsi in Irlanda, al suo arrivo a Dublino trovò una lettera in cui Byron la lasciava per sempre, accusandola di «persecuzioni» «indegne di una donna».

La volta che lady Caroline si travestì da carrettiere per entrare in camera di Byron e sorporenderlo con un’altra.

Lady Melbourne, sessantaduenne, era la persona a cui lui, ventiquattrenne, diceva di scrivere più volentieri: «Le sue risposte sono così sensate, testimoniano una tale arte della tattica; non ho mai incontrato nessuno che possedesse anche solo metà del suo talento. Se avesse qualche anno di meno - se solo avesse ritenuto che ne valeva la pena – e io avrei perso un’amica preziosa e piacevolissima. Memento: un’amante non è mai e non può mai essere un’amica. Fintanto che si va d’accordo si è amanti: e, una volta finita, tutt’altro che amici».

Lady Oxford, figlia di un clergyman, andata sposa giovanissima al quinto conte di Oxford «il cui corpo e il cui spirito erano ugualmente disprezzabili nella scala della creazione», scrisse Byron, quindi madre di numerosi figli. Byron ebbe una relazione con lei per otto mesi: «Mi disse di non essere mai stata innamorata prima dei trent’anni; e io mi credetti innamorato di lei, che ne aveva quaranta. Non ho mai provato una passione più ardente, passione che del resto lei contraccambiava con pari ardore».

Lord Byron a proposito delle popolane di Venezia: «Amo questi begli animali».

«Detesto il Petrarca a tal punto, che non vorrei neppure essere l’uomo che conquistò la sua Laura, cosa che con tutti i suoi piagnistei metafisici quell’uomo lamentoso non riuscì mai a fare» (Byron).

Augusta, di quattro anni più vecchia del fratellastro Byron, nata dal matrimonio di Jack Byron con la marchesa di Carmarthen che aveva rapito. Sua madre morì presto, lei visse in Francia con suo padre e la matrigna, madre di Byron. Si liberarono di lei affidandola alla nonna materna, Lady Holderness; e siccome questa non voleva avere nulla a che fare con Mrs Byron, Augusta si trovò completamente isolata dalla famiglia del padre fino alla morte della nonna, avvenuta nel 1801. Augusta non tornò mai più a vivere con sua madre, ma a partire dal 1802 allacciò i rapporti con il fratellastro e dal 1804 presero a scriversi. Si sposò nel 1807 con il colonnello George Leigh, che Byron non volle mai incontrare. Da lui ebbe sette figli. Non fu un matrimonio felice perché lui, come scrivono alcuni testimoni, era «un buono a nulla senza risorse e senza capacità di sorta, noioso e impiccione al massimo (…) stava raramente con lei, perché trascorreva quasi tutto il suo tempo sui campi di corse, facendo lunghe visite a Lord Darlington, frequentando solo grandi signori disoccupati o compagni di baldoria. (…) Nella vita domestica, egli era insopportabile ed esigente al massimo». Dopo qualche anno di silenzio, Augusta e Byron ripresero la corrispondenza. Finché nel giugno 1813 Augusta fu costretta dai debiti contratti da suo marito a farsi ospitare dal fratellastro a Londra. Nell’aprile 1814 nasce la loro figlia, Medora.

Dal diario di Byron dopo l’incesto: «Una moglie sarebbe la mia salvezza».

Anna Isabella Milbanke, detta Annabella, nata nel maggio 1792, figlia unica di Sir Ralph Milbanke e dell’onorevole Judith Noël. Era nipote di Lady Melbourne, la più cara amica e confidente di Byron. Poetessa, ancor prima dei venti anni aveva rifiutato numerose proposte di matrimonio e. a detta di alcuni, era «un ghiacciolo».

Annabella Milbanke descritta da Byron: «C’era in lei qualcosa di piccante, ciò che noi chiamiamo pretty.I suoi tratti erano fini e femminili, benché irregolari. Aveva la più bella pelle che si possa immaginare. Era perfettamente proporzionata; c’era in lei una semplicità, una modestia di contegno, una discrezione oltremodo caratteristica, che contrastava felicemente con quelle maniere affettate, quella rigidezza studiata che si definisce elegante».

Nell’autunno 1812 la prima proposta di matrimonio di Byron a Annabella, fatta tramite Lady Melbourne, si concluse con un rifiuto da parte di lei. Scrisse Byron: «Dite ad Annabella che sono più fiero del suo rifiuto di quanto non potrei mai esserlo dell’accettazione di un’altra». La ragazza giunse a Londra all’inizio della stagione mondana del 1813 e incontrò Byron parecchie volte in società, senza mai scambiare parola. Poi un incontro più importante, nella primavera seguente: «Vedendolo, mi sentii oltremodo agitata e – per la prima volta – tesi io la mano per prima. Egli si fece pallidissimo, stringendomela. Forse fu in quel momento – anche se ne ero inconsapevole – che, da parte mia, mi consacrai a lui. Ci incontrammo di nuovo molto spesso, ma ciò mi riusciva sempre più doloroso e finii per evitare ogni occasione». Ad agosto 1813 presero a scriversi. A settembre 1814 le chiese di nuovo la mano: lei accettò. La risposta di Annabella era accompagnata da una lettera di suo padre, il quale invitava Byron a recarsi subito da loro in campagna: lui lasciò passare sei settimane prima di raggiungere la fidanzata.

«Credetti che fosse sincero e che potessi palesargli tutto ciò che sentivo. Gli scrissi proprio tutto quello che avevo nel cuore. In seguito, scoprii in uno dei suoi diari, questa osservazione in merito alla mia lettera: “Una lettera di Bell: quando comincia a piovere, viene giù a dirotto”» (Annabella Byron).

Mrs Beecher Stowe, anni dopo, a Lady Byron: «Ma non vi amava neppure allora?». Risposta: «No, mia cara, non mi amava».

Hobhouse, testimone di nozze di Byron: «Mai innamorato ebbe meno fretta».

Si sposarono il 2 gennaio 1815. Partirono per la casa di campagna di Halnaby dove trascorsero quella che lui definì «la luna di melassa».

Hobhouse così descrisse la loro partenza: «Lady Byron discese nel suo completo da viaggio, un mantello di raso color ardesia bordato di pelliccia bianca. Byron era calmo come al solito. Avevo la sensazione di aver assistito ai funerali di un amico. Un po’ prima di mezzogiorno, porsi il braccio a Lady Byron e l’aiutai a salire in carrozza. Quando le augurai molti anni di felicità, lei rispose: “Se non sarò felice, sarà colpa mia”».

Cominciarono a litigare subito. Così raccontò Annabella a Lady Anne Barnard, sua amica fin dall’infanzia: «Eravamo in carrozza da neanche un’ora, quando egli esclamò in tono d’ironia e di sarcasmo: “Come avete potuto lasciarvi ingannare fino a questo punto dalla vostra fantasia? Come può essere che una donna dotata del vostro buonsenso abbia nutrito l’insensata speranza di redimere me? Basta il solo fatto che siate mia moglie perché vi detesti. Se foste la moglie di un altro, riconosco che potreste anche avere fascino”». Quando si accorse di averla ferita, si mise a ridere, come se avesse scherzato.

Hobhouse nel 1816, aquando Byron e Annabella si separarono: «Lord Byron riconosceva con franchezza di non essere innamorato della sua fidanzata, ma aggiungeva di provare per lei quella stima che è la più sicura garanzia dell’affetto e della felicità coniugale».

«Vi fu un tempo, signora, in cui avreste potuto salvarmi. Tutto era in vostro potere quando vi feci la mia prima domanda. Allora avreste potuto fare di me ciò che volevate; oggi scoprirete di aver sposato un demonio» (Byron a Annabella).

Byron si compiaceva di offrire da bere ai suoi ospiti dentro ad alcuni crani.

Si portava sempre la pistola appresso. Non se ne separava neppure in camera da letto.

Lettera di Annabella a Byron (7 febbraio 1816): «Dopo aver sottoposto al più serio e imparziale esame la vita miserabile da me condotta senza soluzione di continuità dal giorno del nostro matrimonio, ho preso la decisione definitiva di ricorrere a una separazione… Purtroppo voi tendete a considerare tutto ciò che avete come privo di valore, e ciò che avete perduto come inestimabile. Ma ricordatevi che voi stesso vi ritenevate il più miserabile degli uomini quando io ero vostra».