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 2015  agosto 06 Giovedì calendario

PACIFICO: «I PENSIERI SONO COME MOSCHE, LI SCACCIO MA NON MI LASCIANO»

«Le mie parole sono nuvole sospese, gonfie di sottintesi, / che accendono negli occhi infinite attese / sono frecce infuocate / che il vento o la fortuna sanno indirizzare». Sono i versi che nel 2001 rivelarono in Pacifico uno degli artisti più completi - più intellettuali, senza spocchia - in un mondo musicale spesso adagiato sulla riscrittura di pezzi che funzionano. Nel lavoro personale e in quello di altrui autore (da Bocelli alla Oxa, da Zucchero alla Nannini, dalla Mannoia a Malika Ayane) ha portato con naturalezza la profondità. E l’ha fatto nel tour appena concluso (non a caso al Pavese Festival), tour musicale e garbatamente letterario, anticamera di un inverno-cantiere variegato che porterà Pacifico in tre viaggi creativi.
Il gusto di un ricordo
In queste serate le canzoni non erano alternate a spiegazioni o ammiccamenti, bensì a «mosche» di un libricino privato, mai dato alle stampe, «qualche pensiero che mi ronza intorno, che scaccio con le mani ma non se ne va». Racconta Pacifico: «Ho annotato pensieri, ricordi, desideri, inquietudini, piccoli passaggi quotidiani, non necessariamente malinconici»: l’estate con il padre, il balcone affacciato alla tangenziale, la nostalgia che cambia i colori. Alcuni di quei «sassi, precisi, aguzzi, / pronti da scagliare» sono diventati canzoni, altri sono scesi dal palco come lampi di condivisione. Ora diverranno libro. Ma il cantautore non conquista un territorio nuovo, ci entra con quella rara forza che è l’umiltà: «Da lettore vedo una dimensione che mi spaventa». Non ammicca al successo di libreria, propone «un piccolo ricordo da portarsi via a fine concerto»: «Nelle serate è accaduto che chiedessero: trovo copia? E io: non esiste, sono pensieri piccoli, nati così. Ho sentito che c’era il gusto di un ricordo». Più duraturo e dilatato di un autografo.
Ora il Pacifico del palco, il Gino De Crescenzo di 51 anni, tornerà a Parigi dove vive con Cristina Marocco, attrice e cantante, e il figlio Thomas Riccardo, tre anni e mezzo. A Parigi per camminare sui tre percorsi: carta stampata, prossimo disco suo, brani per la Nannini. Intanto lavorerà a una nuova stesura del bel monologo teatrale Boxe a Milano, ricostruzione di Agostino Sella, mite e disperato: un pugile che perde la memoria e entra in un mondo altro. Teme il «rapimento» del metter la penna su un lavoro già scritto e cita François Truffaut: «Progressi bisogna cercare di farne, ma è bene sapere che saranno irrisori rispetto alla ricchezza che è in noi e che si è espressa nel primo rullo di pellicola impressionata».
L’empatia con i colleghi
Poi il nuovo disco, totale libertà di «esplorare territori» cercando la frase che può dire tutto, visioni e profezie delle quali si risponde a se stessi. Che significa, invece, rispondere ad altri? «Non cerchi ricetta, entri in sintonia. Non puoi con Bocelli creare una frase che frena d’improvviso. Con Gianna ti spalmi sulla forza di una fanciullezza indomita, con Malika sfoderi ironia, con Bersani quasi l’enigmistica. È la valigia dell’autore, stipata di stratagemmi ma anche creatività pura. Quando tutto quadra viene la frase che alza il pezzo».
Parigino senza smettere di essere italiano, ammette: «A volte là mi sento alieno, in una bolla, a differenza di Cristina che ci vive e lavora da 16 anni. È interessante capire, prima ancora che le persone e il loro agire, come io le guardo». Pacifico guarda e si guarda, e cesella, ricama, scolpisce note e versi. Non si sente tradito dal coro di grida senza pensiero dai social, quelle che indignano Umberto Eco? «Ci indignano per chi le scrive e per il contesto. Ma capita anche di indignarci perché vengono da lì anziché dal bar. È un ambito cui non siamo ancora abituati, mio padre mi guardava stranito quando usavo il vhs. A volte mi chiedo se mi perdo qualcosa. Forse un giorno 140 caratteri saranno giudicati troppi, ma anche in 140 caratteri potremmo dire molto». Forse imparando a vivere noi stessi: «Ogni giorno è inaspettato / e tutto arriva senza spiegazione / E ti confonde con le emozioni / E ti commuove e non dà soluzioni. / E i sogni, e le carezze ai figli addormentati / le poche cose di cui disponiamo / le nostre piccole armi».