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 2015  agosto 06 Giovedì calendario

MA VE LO IMMAGINATE QUEST’UOMO ALLA GUIDA DELL’AMERICA?

La scienza rigorosamente imperfetta dei sondaggi mette il magnate Donald Trump lassù, in cima alla colonna di gradimento nella lunga lista dei candidati repubblicani. Un segno che il linguaggio provocatorio ed eccessivo dei reality show paga, almeno nel breve termine. Blasonate dinastie politiche, secchioni della policy, trascinatori di folle con laurea ad Harvard e altri eroi politici più o meno credibili, per il momento, si trovano a dover inseguire le intemerate del più sgargiante degli avversari, l’immobiliarista con il ciuffo più famoso d’America. E se ne stanno lì esattamente come li ha rappresentati una copertina del New Yorker: aggrappati ai bordi di una piscina a guardare preoccupati un enorme Trump che si tuffa a bomba.
La domanda ricorrente è «come si fa a discutere con Trump?». Urlatore professionista e creatore di iperboli che potrebbero buttare in caciara anche un discorso del Papa, i rilevamenti della Monmouth university (dopo quelli di Nbc news) lo danno in vantaggio su tutti con 26 punti percentuali. Seguono con qualche punto di distacco Jeb Bush e Scott Walker e in fondo il gruppone informe con gli altri 13 pretendenti. Se si considerano le valutazioni di Fox News la musica cambia, nel senso che Trump con il 26 per cento di consensi diventa il trionfatore assoluto di questo segmento preliminare di campagna elettorale che conta quanto le amichevoli precampionato, certo, ma quelle le snobbano principalmente quelli che le perdono.
Date le circostanze la domanda, puramente ipotetica ma non peregrina, è «come sarebbe l’America guidata da Trump?» È immaginabile la «land of the free» guidata da un uomo che quasi tutti considerano poco più di un giullare, un maestro di avanspettacolo? Non è semplice immaginare uno scenario del genere. Innanzitutto per ché Trump, che ora fa la parte dell’ultra conservatore che vorrebbe costruire una muraglia altissima lungo il confine con il Messico e giudica l’Obamacare (cioè la riforma sanitaria) «distruttiva», una volta era un democratico che applaudiva il tentativo di Hillary Clinton di dare la copertura sanitaria gratuita a tutti gli americani.
La muraglia con il Messico non serve per tenere i messicani nel loro Paese, la strategia è più articolata: Trump vuole rimpatriare tutti gli 11 milioni di clandestini che vivono in America e poi riportare dentro soltanto quelli «buoni». Il muro funziona come una gigantesca selezione all’ingresso. Qualche anno fa Trump criticava il partito repubblicano perché scodinzolava obbediente a qualunque richiamo della lobby delle armi da fuoco, ora dice che il Secondo emendamento, che garantisce il diritto a possedere armi, è la «pietra angolare del diritto naturale» (dopo le critiche ai figli cacciatori che fanno safari in Africa). Un’amministrazione Trump dovrebbe fare chiarezza sulla politica fiscale. Fino a pochi anni fa Trump diceva che «il peso della società va portato da chi è in grado di contribuire di più», mentre oggi si è reinventato in qualche modo epigone del liberismo. Trump si è a tal punto contraddetto e ha a tal punto piroettato su se stesso e sulle maschere che ha indossato sul palcoscenico della politica che l’Huffington Post ha deciso di continuare a seguirlo, ma nella sezione dell’entertainment.
Ronald Reagan, il presidente che ha vinto la Guerra fredda e forgiato un’immortale saga conservatrice, veniva da Hollywood. Ma Trump, come ha osservato la critica Camille Paglia, è il prodotto di un altro registro della teatralità americana, quello crasso e popolare del «vaudeville» con la sua retorica eccessiva, che si rivolge al ventre bilioso dell’America, luogo dove di solito crescono i sondaggi ma non nascono i presidenti.