Arturo Zampaglione, la Repubblica 2/8/2015, 2 agosto 2015
JOE BIDEN CONTRO HILLARY “LO CHIESE IL FIGLIO MORENTE”
NEW YORK.
Disteso su un letto dell’ospedale militare di Bethesda, nel Maryland, poco prima di morire a maggio a soli 46 anni per un cancro al cervello, Beau, figlio del vicepresidente Joe Biden, cercò di farsi promettere dal padre che si sarebbe lanciato nella corsa alla Casa Bianca. Gli obiettivi? Impedire il ritorno dei Clinton, sostenere valori più consoni allo spirito americano. E ora il vecchio Biden, secondo le indiscrezioni raccolte dal New York Times , scosso dalle parole del figlio e preoccupato per le fragilità della candidatura di Hillary Clinton, sta seriamente pensando a gettarsi nella mischia.
Per ora i suoi collaboratori hanno semplicemente avviato solo contatti esplorativi con finanziatori del partito democratico e con esponenti locali. Certo, non sarebbe facile per Biden, 72 anni, superare la sua fama di “gaffeur”, né contrastare la macchina elettorale della Clinton, che ha già raccolto milioni di dollari e si comporta come se avesse la nomination in tasca. Ma se il vicepresidente dovesse veramente candidarsi, cambierebbe tutta la dinamica politica. Le primarie diventerebbero molto più competitive, aprendo uno spiraglio per altri democratici e creando non pochi grattacapi alla Clinton.
In attesa di una decisione, Hillary continua a muoversi con determinazione, da un lato difendendosi dalla destra sui suoi punti deboli (i rapporti ambigui con i finanziatori, l’uso di una mail privata quando era segretario di Stato, il 57 per cento di elettori che la considerano disonesta), da un altro lato seguendo una strategia politica ben delineata. E adesso, per rispondere alle accuse di scarsa trasparenza, Hillary ha reso pubblici sia un certificato del suo medico curante, in cui si attesta la «eccellente condizione fisica», senza alcun postumo della brutta caduta che nel 2012 le procurò una commozione cerebrale, sia le dichiarazioni dei redditi presentate da lei e dal marito tra il 2007 e il 2014.
Grazie ai compensi per i discorsi in pubblico, ai diritti d’autore e ad attività di consulenza, i Clinton hanno incassato 139 milioni di dollari lordi in otto anni, dando 15 milioni in beneficenza e versando in tutto 44 milioni di imposte federale: livelli da finanzieri di Wall Street. «Ma non è stato sempre così», ha messo le mani avanti l’ex-first lady, ex-senatrice ed ex-segretario di stato: «Quando cominciai la carriera di giovane professore di legge nell’Arkansas guadagnavo appena 16mila dollari all’anno, e se ora è diverso è per le opportunità che offre l’America». Una notazione, questa, per sottolineare le differenze con Jeb Bush: il quale viene da una ricca famiglia e non si è fatto tutto da solo.
Arturo Zampaglione, la Repubblica 2/8/2015