Liana Milella, la Repubblica 1/8/2015, 1 agosto 2015
“QUANDO SI CHIEDE UN ARRESTO SERVE UNA MOTIVAZIONE SOLIDA”
[Intervista a Giovanni Legnini] –
ROMA.
Raro beccare di venerdì pomeriggio un vice presidente del Csm nel suo ufficio. Giovanni Legnini c’è.
Dice Renzi: non siamo i passacarte della procura di Trani. A lei questa frase che effetto fa?
«Questa è una bella domanda. Ma secondo lei chi rappresenta un organo di rilievo costituzionale, peraltro quale vicario del capo dello Stato, può rispondere?».
E perché non dovrebbe? Forse per timore di dare un dispiacere al premier?
«Non rispondo per ben altri motivi. Primo perché ho molto rispetto per il principio di separazione dei poteri e per il rigoroso esercizio delle prerogative costituzionali di ciascuno. Secondo perché, per otto anni, sono stato membro della giunta per le autorizzazioni del Senato e diverse volte ho votato su richieste di arresto di colleghi. Come ho votato in passato è facilmente riscontrabile (da verifica Legnini ha sempre votato per l’arresto, ndr.). Ciò che mi preme dire è che conosco bene il travaglio interiore di ciascun membro del Parlamento quando si tratta col proprio voto di decidere sulla privazione della libertà personale».
Legnini, non la faccia troppo nobile. Qui è stato salvato Azzollini perché per 12 anni ha fatto favori a tutti dal vertice della commissione Bilancio e perché il Pd ha una fottuta paura di andare sotto al Senato...
«Lei mi sta parlando di vicende politiche alle quali come cittadino sono ovviamente interessato, ma nella mia veste attuale non posso in alcun modo commentare».
Senta, a palazzo dei Marescialli siamo solo io e lei. Che le costa lasciarsi un po’ andare?
«Ho consolidato nel tempo le mie capacità di autocontrollo e inoltre sono investito da una dose di stanchezza da fatica di una settimana di lavori al Consiglio molto intensa e importante».
Va bene, ho capito. Qui, per metterla più di buon umore, dobbiamo parlare delle nuove regole per scegliere i capi degli uffici. Come dice qualcuno è anche questo un sistema per averne di più graditi al potere?
«Da questa domanda deduco che lei non ha letto nulla di questa importante riforma. Che vuole conseguire un obiettivo esattamente opposto. Ovvero più merito e meno correntismo. Scegliere i candidati migliori per capacità organizzative ed esperienza giudiziaria per ruoli decisivi ai fini di una gestione efficiente degli uffici italiani».
Ha visto? L’ha detto, «meno correntismo», proprio quello che va dicendo sempre Renzi e che diceva pure Berlusconi...
«Meno correntismo lo dice innanzitutto il buon senso, lo pensano tanti ma-gistrati, e credo anche la stragrande maggioranza dei cittadini. Dopodiché penso di avere ben chiaro quali sono le espressioni migliori delle correnti della magistratura e quelle deteriori».
Correnti di pensiero giuste, o correnti che, come i partiti, si mettono d’accordo sui pacchetti delle nomine?
«Guardi, questa riforma è frutto di idee e proposte positive dei togati, che sono espressione delle correnti, e dei laici, espressione del Parlamento. Se le correnti esprimono idee e programmi assolvono a una funzione positiva. Se lottizzano non va bene».
Magistrati autorevoli con cui ho parlato sostengono che i nuovi criteri porteranno le toghe ad occuparsi di acquisire crediti in vista di un incarico più che perseguire i reati.
«Mi piacerebbe proprio sapere con chi ne ha parlato. Tale tesi porterebbe a dire che è meglio non averle le regole per scegliere i dirigenti più adatti. Invece l’intero Csm ha ritenuto di dettare regole più chiare e indicatori predeterminati per coniugare obiettività e discrezionalità nelle scelte».
Mattarella era con lei o contro?
«Ci ha dato consigli preziosissimi per migliorare il testo che abbiamo accolto. Ugualmente il Guardasigilli Orlando ha fornito un apporto importante».
Mentre voi studiate i criteri, in Parlamento lavorano a complicare la vita dei magistrati e dei giornalisti. Viviamo l’ennesima estate in cui la politica cerca di normalizzare le intercettazioni. Lei che ne pensa?
«L’ho già detto numerose volte, anche a Repubblica . Le intercettazioni non vanno limitate perché sono un insostituibile strumento di indagine. Il diritto di cronaca non va compresso. La riservatezza delle persone, indagate o non indagate per fatti estranei alle indagini, va garantita con più rigore perché lo impone la Costituzione. E l’attuale sistema non garantisce tale diritto alla riservatezza. Posso dire serenamente che questa non è solo la mia posizione personale ma anche del Consiglio che ha espresso un parere sul ddl in discussione alla Camera».
E se non ricordo male la stroncatura era netta....
«Si sbaglia. Il parere dice con molteplici argomenti di diritto ciò che ho sintetizzato prima».
E ridurre a tre mesi il tempo lasciato ai pm per chiudere le inchieste?
«Registro una diffusa preoccupazione dei capi delle procure. Penso che il Parlamento avrà modo di tenerne conto poiché l’esigenza di avere termini certi per la chiusura delle indagini non può prescindere dalla necessità di affrontare il tema dei mezzi e del personale a disposizione delle procure. D’altronde non credo che i pm si divertano a tenere i fascicoli nei loro cassetti a indagini concluse».
Senta, torniamo a Renzi. Quella frase sui passacarte che effetto produrrà tra le toghe?
«Spero che produrrà l’effetto di motivare in modo solido sulle esigenze cautelari, tanto più per l’arresto, nei confronti dei parlamentari così come di qualsiasi altro cittadino».
Lei resta un uomo del Pd. Questo Pd che boccia i giudici le piace o no?
«Ovviamente il vice presidente del Csm non può dare giudizi su un partito. Dopodiché cosa pensa il cittadino Legnini e quale sia stata la sua storia parlamentare è agli atti. E da essi è facile dedurre cosa penso».
Liana Milella, la Repubblica 1/8/2015