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 2015  agosto 01 Sabato calendario

ORO E SUPERFRANCO AFFONDANO LA BANCA CENTRALE SVIZZERA

Il superfranco e l’oro mandano in rosso la Banca nazionale svizzera. La moneta rifugio per eccellenza e il lingotto sono croce e delizia per l’istituto centrale elvetico. Dipende dalle fasi, dalle oscillazioni di mercato, dagli equilibri nelle riserve della Bns. Nel primo semestre di quest’anno sono stati entrambi una croce. Soprattutto il primo, il superfranco. Dopo l’abbandono nel gennaio scorso della soglia di cambio di 1,20 con l’euro, il franco si è infatti ulteriormente rafforzato.
Con le conseguenze del caso sulle ingenti riserve valutarie della Banca nazionale. Il calo del prezzo dell’oro ha poi aggiunto qualcosa al rosso semestrale.
Nei primi sei mesi 2015 la perdita complessiva della Bns è stata così di 50,1 miliardi di franchi. Sulle posizioni in valute estere la perdita è stata di 47,2 miliardi di franchi. Le riserve di oro dal canto loro hanno accusato una perdita di di 3,2 miliardi di franchi. L’altalena dei risultati dell’istituto di emissione elvetico, sempre sull’onda del mix valute-oro, dunque continua. Se si guarda ad esercizi interi, la Bns nel 2013 aveva già registrato una perdita di 9,1 miliardi, mentre nel 2014 aveva realizzato un consistente utile di 38,3 miliardi. Quest’anno la mala parata si era peraltro già vista nel primo trimestre, chiuso con un rosso di 30 miliardi, diventato appunto di oltre 50 miliardi a fine giugno. Nel primo semestre dell’anno scorso la Banca nazionale aveva invece archiviato un utile di 16,1 miliardi.
Tra settembre 2011 e gennaio 2015 la Banca nazionale svizzera ha mantenuto la soglia di cambio con l’euro, poi sotto la forte spinta del mercato ha dovuto rinunciare all’1,20, introducendo però tassi negativi contro il superfranco. Negli oltre quattro anni della soglia la Bns ha acquistato grandi quantità di euro, per frenare un franco troppo forte e quindi rischioso per l’export svizzero. A metà di quest’anno le riserve valutarie della Bns erano pari a 516 miliardi di franchi e il 42% era in euro, il 32% in dollari americani, l’8% in yen, il 7% in sterline, il 4% in dollari canadesi. La soglia di 1,20 franchi con l’euro è stata tolta il 15 gennaio scorso e da quel momento il cambio con la moneta unica ha danzato tra l’1 secco e l’1,06 attuale, con una punta temporanea a 1,08.
Ora bisognerà vedere cosa accadrà nel secondo semestre di quest’anno, perché quello che conta per i dividendi è ovviamente il risultato annuale. È chiaro però che le possibilità di un utile alla fine del 2015 sono ora ridotte.
In Svizzera naturalmente le perdite della Bns sono una cattiva notizia, sia per la Confederazione e i Cantoni (che per molti anni hanno potuto contare sui dividendi della Banca nazionale), sia per gli azionisti privati (l’istituto è quotato a Zurigo). Il rosso del 2013 aveva peraltro già fatto aprire un dibattito. Da una parte c’è chi non si rassegna alla prospettiva di non poter contare su dividendi assicurati ogni anno, dall’altra c’è chi fa notare che il compito istituzionale della Bns non è tanto fare utili quanto difendere la stabilità dei prezzi e della moneta nazionale, contribuendo per questa via alla forza dell’economia svizzera nel lungo periodo. La complessità dei mercati e il persistere del franco nel ruolo di moneta rifugio hanno comunque mutato il quadro. E reso più difficile evitare l’altalena dei risultati.
Lino Terlizzi, Il Sole 24 Ore 1/8/2015