Cat Bohannon, Mente&Cervello 8/2015, 29 luglio 2015
MALATE DI ORGASMI
Una donna che chiameremo Sally viveva in una piccola città nel profondo Texas, in un’area collinare bagnata da torrenti, con grandi querce che crescono direttamente nell’acqua. Una zona borghese, a maggioranza cristiana, il tipico posto dove non c’è bisogno di chiudere la porta a chiave perché già si conoscono tutti i vicini impiccioni. Viveva con il marito, i figli erano ormai cresciuti.
Un giorno suo marito la portò a fare un giro in moto; quando presero velocità, Sally venne risucchiata, volò via dal sellino posteriore e atterrò sul fondoschiena. I medici al pronto soccorso dissero che aveva subito la compressione di numerosi dischi nella spina dorsale e aveva rotto il coccige e il polso in tre punti. «Ero proprio conciata male», dice.
Dopo una serie di interventi chirurgici, cicli di medicinali e di fisioterapia, la spina dorsale iniziò a guarire: le cose si mettevano bene. La donna aveva però qualche problema di incontinenza: «Dovevo sempre fare la pipì», ma i medici stavano curando anche questo aspetto.
Poi, la sorpresa. Sally si ritrovò eccitatissima. Ma non voleva esserlo. A quel tempo ancora non lo sapeva, ma Sally soffriva di «sindrome da eccitazione sessuale persistente», una malattia misteriosa, scoperta di recente, che provoca un’incontenibile eccitazione sessuale; ne soffrono migliaia di uomini e donne nel mondo. Non si tratta di dipendenza dal sesso: ha poco a che fare con il desiderio conscio. Sebbene sia fonte di disagio psicologico – molti pazienti diventano depressi e sviluppano tendenze suicide – la sindrome è causata da un problema nei circuiti periferici.
A causa di qualche combinazione di traumi fìsici, terapie medicinali e cambiamenti ormonali, i nervi del bacino mandano ondate di segnali non voluti, e molto imbarazzanti, al cervello. Per esempio si può sentire la necessità di masturbarsi per 12 ore di fila. Si sente un costante tremolio, o pizzicore, nella zona genitale. Si può provare un orgasmo al supermercato, perché i jeans strofinano nel posto giusto. Chi ne soffre inizia a evitare sia i jeans sia il supermercato, e la vita diventa quasi impossibile.
Senza tregua
La nota sessuologa Sandra R. Leiblum scoprì per prima la sindrome nel 2001. Sebbene molti scienziati pensino che il disturbo sia piuttosto raro, i medici sul campo dicono che le diagnosi sono in aumento, anche a causa dell’aumento della conoscenza. Irwin Goldstein, direttore di medicina sessuale all’Alvarado Hospital di San Diego, ha visto centinaia di pazienti con la sindrome da eccitazione sessuale persistente. Quando partecipa a un congresso, dal podio chiede quanti medici pensano di aver visto pazienti che soffrono di questa malattia, e due terzi del pubblico alzano la mano. David Goldmeier, sessuologo all’ospedale St. Mary a Londra, ha condotto un sondaggio in un ambulatorio per i problemi sessuali, scoprendo che un terzo delle donne soffriva di eccitazione genitale spontanea, o persistente. Ma solo un numero molto più ridotto dei suoi pazienti rientrava nella definizione di sindrome da eccitazione sessuale persistente, e comunque questi piccoli campioni di popolazione non gettano luce su quante persone ne siano colpite in realtà.
Come molti altri pazienti che soffrono di disfunzioni sessuali, Sally si ritrovò sperduta, con la consapevolezza di essere fuori controllo, «laggiù». Ma la sessualità non è un sistema che funziona dall’alto in basso. Il cervello non decide di eccitarsi e allora manda segnali nei luoghi rilevanti. Il cervello e il sistema nervoso periferico definiscono insieme la sessualità di un individuo, e la loro conversazione a segnali elettrici può diventare scoppiettante, se non si trovano d’accordo.
Sally dice che suo marito è un combattente; all’inizio la sosteneva e cercava di aiutarla, anche quando lei oscillava tra una pazza ninfomane e una depressa rinchiusa in sé stessa, e lui non riusciva a capire; non ne aveva modo, in realtà. La portò da un dottore all’altro, anche se andare in macchina era una delle cose peggiori: la vibrazione a bassa frequenza del sedile le era insopportabile.
Ci sono essenzialmente quattro posti al mondo in cui i medici sono aggiornati sulla sindrome da eccitazione sessuale persistente: la California, il New Jersey, il Regno Unito e l’Olanda. Ma Sally non viveva in nessuno di questi posti. Alla fine arrivò a conoscere tutti i nomi più importanti nel campo, ma all’inizio l’unico specialista a cui si affidò fu un urologo, perché continuava ad avere problemi di incontinenza.
Come molti che soffrono di questa sindrome, Sally descrive i suoi sintomi con metafore riferite all’elettricità: una scossa, un lampo, una corrente, la sensazione di essere sull’orlo dell’orgasmo, quel «prima» solleticante, che toglie il respiro. Ma non era piacevole. Era doloroso, e una volta scatenato non si fermava. Veniva a ondate, a volte per ore. Se Sally riusciva ad arrivare all’orgasmo, il sollievo durava qualche minuto, e poi il dolore ricominciava. «Non riesco a pensare a niente di peggio che possa succedere a una persona», dice Goldstein. «Essere alla mercé dell’eccitazione sessuale, scatenata da qualunque cosa, e poi quel breve periodo in cui speri di avere un po’ di respiro, eccola di nuovo».
L’opinione comune è che la sindrome da eccitazione sessuale persistente sia dovuta a qualche malfunzionamento del sistema nervoso periferico, nella zona del nervo pudendo. Il nervo pudendo, che origina dal fondo della spina dorsale, è un grosso fascio di fibre nervose che si ramifica per innervare la parte bassa del bacino. Un ramo controlla lo sfintere anale, un altro quello uretrale, e una terza ramificazione dorsale si estende negli uomini fino alla punta del pene, e nelle donne fino al clitoride. E una parte molto apprezzata del sistema nervoso periferico, in genere.
In cerca di una diagnosi
All’Haga Hospital dell’Aia, il neuropsichiatra Marcel D. Waldinger dirige l’unica clinica al mondo specializzata nel trattamento della sindrome da eccitazione sessuale persistente. Nel 2008 osservò che i sintomi della sindrome tendono a presentarsi in concomitanza con una vescica molto reattiva, e con la sindrome delle gambe senza riposo, ossia la necessità nervosa, continua, di muovere le gambe, perché sono «strane», o formicolanti. Pensando al fatto che l’osso sacro rappresenta il fulcro dei nervi che controllano sia il bacino sia le gambe, Waldinger si rese conto che forse queste sindromi derivano dallo stesso problema, un’attività neurale anomala attorno all’osso sacro, che si manifesta in posti diversi: il nervo sciatico per la sindrome delle gambe senza riposo, il nervo pudendo per la sindrome da eccitazione sessuale persistente o l’incontinenza. Sally rientrava in questo profilo, infatti la sua prima visita medica fu da un urologo, per la vescica.
Queste discussioni accademiche sono molto interessanti, ma il nervo sciatico non mina alla base l’autostima di una donna, come invece fa il nervo pudendo. Durante una tranquilla nottata in Texas, Sally ancora non sapeva quale fosse il problema. Aveva iniziato a bere vino da sola, a casa, perché sembrava darle qualche sollievo. Prendeva anche pillole per dormire. Ricordava una conversazione con sua sorella, al telefono, mentre beveva a canna dalla bottiglia, prendeva sonniferi, e poi altro vino e altri sonniferi. Sua sorella le diceva di smettere, di resistere, non ne valeva la pena, voleva forse morire? Forse sì. La trovarono in tempo.
Fortunatamente l’urologa di Sally aveva partecipato da poco a un convegno dove aveva sentito Goldstein parlare della sua ricerca sulla sindrome da eccitazione sessuale persistente. Per la prima volta dopo anni, Sally vide una luce in fondo al tunnel. Ora c’era una diagnosi che sembrava giusta: «Non ero pazza. Era vero, era una cosa reale», racconta. Finalmente, poteva rivolgersi a un medico per il problema di cui soffriva: non la vescica, il sistema nervoso. La ragione per cui il suo corpo stava sbarellando non era solo l’incidente, probabilmente c’entrava anche l’utero: Sally non l’aveva più.
Le molte vite della serotonina
Sally era entrata in menopausa artificiale molti anni prima dell’incidente: aveva avuto un’isterectomia a 27 anni, e da allora era in terapia ormonale. Uomini e donne hanno una grande varietà di ormoni sessuali – estrogeni, androgeni e progestageni – in proporzioni che dipendono dal sesso; nelle donne questo equilibrio cambia durante la menopausa. La grande maggioranza dei pazienti che soffrono di sindrome da eccitazione sessuale persistente sono donne, e, di queste, la maggioranza è in menopausa. Il corpo di Sally era in una sorta di menopausa estrema, perché non aveva né utero né ovaie.
Uno dei tanti ruoli svolti dagli estrogeni nel corpo è la loro influenza sulla serotonina, un neurotrasmettitore che, tra l’altro, aiuta a regolare il flusso del sangue. La regolazione vascolare è molto importante per le attività sessuali: così come nell’uomo è responsabile dell’erezione, nella donna fa gonfiare i tessuti all’interno e attorno alla vagina, e stimola la produzione di muco lubrificante. I nervi dei genitali diventano molto sensibili, e tutta l’area si prepara al coito. Gli estrogeni, in particolare l’estradiolo, facilitano questo processo, anche attraverso la loro azione sulla serotonina. Nelle donne fertili, i livelli di estradiolo nel sangue sono correlati positivamente con quelli di serotonina; al diminuire dell’estradiolo con la menopausa, i genitali a volte diventano meno ricettivi, sessualmente, non per qualche predeterminazione psicologica, ma per un problema idraulico.
La menopausa non è l’unica origine del cambiamento dei livelli di serotonina: un’altra causa sono gli antidepressivi più comuni, cioè gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Questi medicinali a volte diminuiscono il flusso di sangue nel bacino, e, quindi, riducono la risposta sessuale. La disfunzione erettile, e il suo corrispettivo femminile, sono comuni effetti collaterali di questi antidepressivi, per questo motivo alcuni medici oggi prescrivono una combinazione di antidepressivi e Viagra.
Molti pazienti che sono affetti da sindrome da eccitazione sessuale persistente collegano gli antidepressivi con l’inizio dei loro sintomi; un articolo su questa correlazione è stato pubblicato da Goldmeier e Leiblum nel 2008, e molti altri lavori sono seguiti. Nella maggior parte dei casi, i sintomi iniziano dopo una riduzione delle dosi degli antidepressivi, o alla loro sospensione. Da tempo si sa che l’interruzione di queste medicine ha effetti collaterali spiacevoli, come sbalzi d’umore, vertigini, mal di testa, problemi di digestione o sessuali. Nel 1996 l’azienda farmaceutica Eli Lilly, da poco arricchitasi con il lancio sul mercato del Prozac, organizzò un simposio proprio su questi problemi. Uno studio dimostrò che circa l’80 per cento dei pazienti soffriva di crisi d’astinenza, che però, alla fine del simposio, fu chiamata «sindrome da interruzione».
Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina aumentano i livelli di serotonina nelle sinapsi (i collegamenti tra i neuroni), impedendo ai neuroni di raccogliere la serotonina avanzata dopo che il neurotrasmettitore ha finito il suo lavoro. Il corpo si adatta a questo eccesso riducendo la sua sensibilità globale alla serotonina. Dopo l’interruzione degli antidepressivi, i neuroni si affrettano ad accaparrarsi le molecole in circolazione, il che causa un abbassamento del livello di serotonina, e allo stesso tempo il sistema nervoso è ancora meno sensibile del normale al neurotrasmettitore: colpo doppio. In certi pazienti, questo porta a vasi sanguigni che non riescono né a restringersi né a dilatarsi nelle circostanze opportune, ed ecco che insorge la sindrome da eccitazione sessuale persistente.
Anche i nervi pelvici possono sballare, diventando cronicamente ipersensibili. In certi casi, la sindrome sparisce da sola, misteriosamente, in un mese o due; in altri, come nel caso di Sally, i sintomi peggiorano progressivamente. Ancora più misteriosamente, alcuni pazienti trovano giovamento nell’assumere antidepressivi quando i sintomi diventano più gravi.
Nelle parole di Waldinger, la sindrome da eccitazione sessuale persistente è una diagnosi-ombrello, che copre molte disfunzioni della trasmissione nervosa. Nessuno sa con certezza perché Sally ne sia stata vittima, ma certamente presentava fattori di rischio. Una volta, a causa di una precedente depressione, aveva assunto antidepressivi, ma non li stava prendendo quando ha sviluppato i sintomi; aveva sofferto di cambiamenti ormonali estremi dopo l’isterectomia, e naturalmente il trauma al bacino.
Un codice misterioso
Sally ora aveva dalla sua un nome per i suoi sintomi, ma non sapeva cosa fare. Non poteva certo non fare niente, del resto: era stufa di vivere con un nervo scoperto.
Aveva già lasciato il suo lavoro; molti pazienti colpiti da questa sindrome perdono il lavoro. Per dirla con le sue parole, «non si riesce a funzionare in modo normale». Sfortunatamente è anche difficile riuscire a ottenere i benefici di legge per l’inabilità al lavoro per una malattia del genere. Sebbene la sindrome sia ora ben documentata nella letteratura scientifica, non è ancora menzionata nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), e nemmeno nella classificazione internazionale delle malattie (ICD). Queste due bibbie della diagnosi medica – una per i disturbi mentali, l’altra per l’epidemiologia più generale – rappresentano il riferimento principale in base al quale il sistema sanitario statunitense e le compagnie di assicurazione generano «codici» per le richieste di risarcimento.
Nel DSM-5 si trova una condizione chiamata «disfunzione sessuale indotta da farmaci» che cita la fluoxetina, il principio attivo del Prozac, ma la diagnosi si riferisce a problemi di diminuzione della libido, come la disfunzione erettile, non certo a sensazioni sessuali incontrollabili e distruttive. E naturalmente la sindrome da eccitazione sessuale persistente non è sempre causata da farmaci.
Come ogni bibbia, il DSM cambia molto lentamente – il libro citava ancora l’omosessualità tra le deviazioni sessuali patologiche nel 1973. Le condizioni causate da nevralgie basate su meccanismi fisiologici si muovono un po’ più velocemente, ma i dibattiti sulle disfunzioni sessuali sembrano arenarsi in uno strano limbo tra la psicologia e la fisiologia, il che potrebbe lasciare la sindrome da eccitazione sessuale persistente senza sigillo ufficiale ancora per qualche tempo. Il risultato è che le assicurazioni mediche non la coprono. Ad alcuni pazienti viene invece diagnosticata una cistite interstiziale: un’infiammazione della vescica che causa dolore e incontinenza.
Waldinger ha un’altra teoria sul perché pazienti come Sally si sentono sempre sull’orlo di un orgasmo: forse, lo stato naturale è che la trasmissione dei segnali sessuali attraverso il nervo dorsale sia accesa, non spenta. Le lampade di casa funzionano così: una volta che la spina è infilata nella presa, l’elettricità scorre continuamente tra il muro e la lampada, e lo scopo dell’interruttore è solo di permettere all’elettricità di entrare nella lampadina e raggiungere il filamento di tungsteno. Secondo questa linea di pensiero, il nervo dorsale è, in circostanze normali, sempre pronto a mandare segnali alla spina dorsale che dicono: «Attenzione: orgasmo in arrivo». Ma, a causa di un complesso sistema inibitorio che circonda il nervo, noi percepiamo il segnale solo nel momento giusto.
Gran parte del sistema nervoso si basa su una complessa organizzazione di sistemi di eccitazione e inibizione. Un neuroscienziato del laboratorio di Eric R. Kandel alla Columbia University stima che circa il 20 per cento dei neuroni nel cervello sia responsabile dell’inibizione. Per alcuni pazienti con la sindrome da eccitazione sessuale persistente Waldinger sospetta che una particolare neuropatia (un problema alle fibre sottili attorno al nervo dorsale) interrompa qualche sistema inibitorio, e lasci l’interruttore sempre acceso.
Terapie sperimentali
Qualunque sia il meccanismo sottostante, l’obiettivo per pazienti come Sally è riuscire a interrompere, o comunque interferire con questo segnale. Ogni medico che affronti questa malattia prescriverà una combinazione di psicoterapia per gestire il dolore e l’imbarazzo, ormoni e farmaci che agiscono sui neurotrasmettitori per trattare i nervi, e a volte interventi meccanici. Ad alcuni pazienti si somministra anestesia locale per provocare un blocco nervoso che metta a tacere il nervo dorsale o tutto il complesso nervoso del nervo pudendo, ma questi blocchi tendono a perdere efficacia nel tempo, e le iniezioni di anestetico sono estremamente dolorose.
Waldinger ha ottenuto moderati successi con gli stimolatori elettrici transcutanei dei nervi (TENS), scatolette che mandano segnali elettrici lungo i nervi attraverso la pelle; in questo caso, attaccando fili elettrici ai genitali femminili, roba da pornofantascienza. Goldstein manda alcuni pazienti in un ospedale del Michigan dove, per 60.000 dollari, si installa vicino alle natiche una sorta di pacemaker che manda corrente elettrica in modo controllato verso il coccige. Entrambi gli interventi si propongono di interferire con i segnali nervosi fuori controllo, e quindi bloccarli. Tra le altre terapie, si può provare il botulino, la terapia elettroconvulsivante, o la chirurgia per aspirare cisti nella parte bassa della spina dorsale, una condizione che il neuroscienziato comportamentale Barry Komisaruk della Rutgers University ha scoperto essere in correlazione con la sindrome da eccitazione sessuale persistente.
La terapia di ogni diverso paziente è un po’ un esperimento. Nessuna cura si è rivelata efficace nella maggioranza dei casi, quindi i medici devono procedere per tentativi ed errori, tenendo conto della storia e della sintomatologia particolare di ogni individuo.
Sally non aveva molte scelte. Basandosi sul consiglio della sua urologa, cominciò a pensare che una visita al dottor Goldstein a San Diego fosse una buona idea. Ma non era sicura di potersela permettere. Il Texas è molto lontano dalla California, e la clinica di Goldstein è costosa. Eppure i suoi pazienti hanno per lui una sorta di venerazione. Di tutti gli scienziati e medici che lavorano con la sindrome da eccitazione sessuale persistente, Goldstein è quello che dà più speranze, e molti pazienti hanno visto miglioramenti. Senza assicurazione, però, le terapie per tentativi ed errori generano parcelle mediche non indifferenti.
L’ostacolo più grande
La vergogna è un grave ostacolo a ricerche cliniche più complete. Abbiamo dovuto chiamare «Sally» la protagonista di questa storia, anziché usare il suo vero nome, perché vive in una cittadina piccola e provinciale. Altri pazienti hanno motivazioni più importanti per mantenere il segreto. Goldstein spiega che si può perdere il lavoro: «Una maestra d’asilo che si eccita in classe, vi immaginate?». Le donne che soffrono di questa sindrome si vergognano di parlarne al medico, che spesso è maschio. Tra quelle che l’hanno fatto, molte sono frustrate dalle reazioni; uno dei medici di Sally le disse: «Magari questo problema lo avesse mia moglie».
Forse possiamo perdonare quel passo falso: il medico aveva di fronte una donna di mezza età, e si continua a identificare la menopausa (la fine del ciclo mestruale) con la fine della vita sessuale. La libido diminuisce naturalmente con l’età, ma non c’è alcuna prova che sparisca del tutto. E nemmeno declina particolarmente nel sesso femminile, sebbene molte donne se lo aspettino. Non è chiaro se proprio questa aspettativa sia parte della ragione per cui la sindrome da eccitazione sessuale persistente colpisca in maggioranza le donne. Forse è più probabile che le donne parlino dei loro sintomi al medico: gli uomini che ne soffrono tipicamente non ne vogliono parlare, perché il desiderio sessuale dovrebbe essere «virile». Perfino il marito di Sally, che la ama profondamente, faceva fatica a conciliare la malattia di sua moglie con le antiche idee sulla sessualità femminile. Si preoccupava, dice Sally, di «non essere abbastanza» per lei, che forse lei voleva andare a letto con altri uomini, e non si dedicava a lui come dovrebbe fare una buona moglie. Litigavano spesso.
Sally non sa dire perché prese la macchina. Aveva le sue ragioni – ne avrebbe avuto bisogno, in California, e poi i voli erano molto costosi – ma soprattutto aveva paura che il marito la lasciasse e si portasse via la macchina, lasciandola con niente in mano.
A volte si prende una decisione nel mezzo di un momento di crisi, e quella decisione diventa fondamentale. Per Sally la decisione fu di andare fino in California guidando seduta su sacchetti di ghiaccio comprati nei distributori di benzina per intorpidire con il freddo la vulva e il clitoride. Sua sorella viveva in California, quindi aveva un posto dove stare. È un viaggio di 26 ore, e ci sono due strade possibili: la I-10, che attraversa i calanchi del Texas e la base militare di White Sands, oppure la I-40, a nord, attraverso Albuquerque e Flagstaff, subito a sud del Grand Canyon. La strada a nord è un po’ più lunga, ma attraversa alcune cittadine, dove si trovano sacchetti di ghiaccio in vendita. Così Sally passò a nord, e ci mise quattro giorni.
Sally guidava, attraverso il deserto, su per le montagne, un distributore dopo l’altro, fermandosi solo a fare pipì, dormendo appena, il basso ventre intorpidito dal ghiaccio ma ancora pulsante, il marito al telefono, furente.
Sally soffre ancora della sindrome da eccitazione sessuale persistente. Da quando ha iniziato a curarsi alla clinica di Goldstein ha provato numerose terapie, inclusi ormoni, psicoterapia e blocchi nervosi, con scarso successo. Alla fine si è fatta operare in Michigan, e questo è stato di grande aiuto. Il sesso è ancora un punto debole, però riesce ad andare a nuotare, a prendere lezioni di zumba e perfino a guidare senza dolore. Col tempo si potrà dire se il miglioramento è duraturo. Per ora sta cercando di pagare i conti dei medici: il marito è l’unico che porta a casa uno stipendio, e non è molto.