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 2015  luglio 29 Mercoledì calendario

PECHINO NON CONVINCE PIÙ LE BORSE

A guardare il bicchiere mezzo pieno, a fine seduta le borse cinesi ieri sono riuscite a contenere le perdite. Le aperture in forte calo all’indomani del tonfo di lunedì, facevano ipotizzare un’altra giornata da profondo rosso, specie dopo una partenza in calo del 5%. Ma se lo stesso bicchiere lo si guarda mezzo vuoto, per Shanghai e Shenzhen è stata un’altra giornata con il segno meno.
In chiusura l’indice Composite dell’hub finanziario d’oltre Muraglia segnava un ribasso dell’1,68%. Shenzhen faceva -2,22% a 2.111,70 e il ChiNext perdeva il 3,78%. Debole, seppure in contro tendenza rispetto ai risultati dei listini continentali, l’indice Hang Seng di Hong Kong riusciva a guadagnare lo 0,62%. Fra i titoli che hanno registrato i risultati migliori ci sono le principali banche di Stato, le assicurazioni e le società di brokeraggio. Segno che potrebbero essere i beneficiari principali dell’intervento del governo Li. Tuttavia circa 900 società quotate sulle due piazze sono state sospese per aver raggiunto il limite giornaliero del 10% di oscillazione del titolo. La stampa locale specializzata, e legata al governo, ha esortato comunque all’ottimismo, rassicurando gli investitori sul ritorno del mercato azionario su un terreno positivo. «Il Paese non permetterà che accada di nuovo», si legge in un commento dello Shanghai Securities News. Intanto, dopo che lunedì la sola ipotesi che il governo potesse mettere fine agli stimoli per evitare brusche correzioni al ribasso dei listini ha scatenato le vendite a Shanghai e Shenzhen, ieri neppure le rassicurazioni hanno sortito effetti immediati. La China Securities Financial Corp, il veicolo statale per investire nel mercato, sconosciuto fino a qualche settimana fa, ha confermato che continuerà a comprare azioni per sostenere le borse. A sua volta la China Securities Regulatory Commission, l’ente di vigilanza sui mercati, ha esortato gli investitori e gli operatori a denunciare possibili irregolarità. Dal canto suo la Banca centrale ha annunciato che manterrà una politica monetaria prudente, nonostante i recenti aumenti dei prezzi di alcuni prodotti, in particolare la carne di maiale, indicatore principe dell’inflazione nella Repubblica popolare. Le turbolenze dell’ultimo mese e mezzo sembrano avere sfiduciato i piccoli investitori, un esercito di 90 milioni di cinesi che pesano per circa l’80% del mercato. Nella settimana che si è conclusa venerdì 24 luglio i nuovi investitori sono stati poco più di 391mila, dicono i dati della China Securities Depository Clearing, in calo del 26% rispetto alla settimana precedente, ma soprattutto rispetto agli 1,6 milioni di investitori che si erano affacciati per la prima volta in borsa tra il 25 e il 29 maggio. Tale sfiducia, fa emergere il Wall Street Journal, si lega anche alla mancanza di una figura capace di presentarsi e rassicurare la platea che guarda con apprensione alle montagne russe della borsa cinese. Né Zhou Xiaochuan, governatore della People’s’ Bank of China, né Xiao Gang, numero uno della Consob locale, sembrano avere l’autonomia e l’indipendenza per farlo. Dipendono da un livello più alto. Al vertice le questioni economiche sono di fatto in mano al premier Li Keqiang, che tuttavia in alcuni momenti della crisi è sembrato sviare l’attenzione verso lo stato più generale dell’economia cinese.
Andrea Pira, MilanoFinanza 29/7/2015