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 2015  luglio 28 Martedì calendario

Costume da bagno per Sette - La ragazza picchiata da altre donne nel parco “Léo-Lagrange” di Reims perché prendeva il sole in bikini

Costume da bagno per Sette - La ragazza picchiata da altre donne nel parco “Léo-Lagrange” di Reims perché prendeva il sole in bikini. Subito alcune associazioni hanno convocato una manifestazione in costume da bagno sul luogo del misfatto. Un mosaico del IV secolo d.C. di Villa Armerina, in Sicilia, mostra fanciulle che giocano indossando il due pezzi. Nel Settecento gli uomini entravano in acqua nudi, le donne con sottovesti di flanella a maniche lunghe. Nell’Ottocento i maschi portavano mutandoni aderenti con sopra una lunga maglia a maniche lunghe, le signore cuffiette di stoffa sul capo, calze nere e stivaletti gommati, mutandoni lunghi fino alle caviglie o gonnelloni con sottovesti in pizzo, casacche con maniche a sbuffo sino al gomito. Sotto al tutto, alcune nascondevano aderentissimi bustini di gomma. Le fantasie imposte dalla moda erano due: righe bianche e rosse o bianche e blu. I costumi, tutti di spessa lana, in acqua si inzuppavano e allungavano diventando una pesante zavorra. Dal 1890 i mutandoni salirono fin sulle ginocchia, sparirono calze e stivaletti, divenne tuttavia obbligatorio il largo «colletto alla marinara» e il cappello di paglia da tenere anche in acqua. Nel 1906 scandalo della nuotatrice australiana Annette Kellerman che si presentò a una gara negli Usa con indosso un costume intero a tutina che scopriva le cosce. Arrestata e multata, la signorina fu presto rimpatriata con foglio di via. Nel 1920 Coco Chanel lanciò sul mercato pantaloncini sopra al ginocchio. Nello stesso anno, negli Usa, veniva inventato il costume in maglina elasticizzata, detto «modello sirenetta», che permetteva ampie scollature sulla schiena. Negli anni Trenta gli antenati del due pezzi: pantaloncini corti legati a corpetti tramite sottili strisce di stoffa. Nel ’39 la casa di moda Jantzen lanciò il primo due pezzi vero: il reggiseno era in realtà un bustino che copriva l’ombelico, i pantaloncini arrivavano sotto l’anca. L’idea di quel costume era nata ammirando il modello in maglina nera, giudicato audacissimo, indossato da Greta Garbo nel film La donna dai due volti (1934). Il primo bikini della storia fu lanciato a Parigi il 5 luglio 1946. Suo creatore Louis Réard lo chiamò così dal nome dell’atollo dell’Oceano Pacifico che vide i primi esperimenti nucleari. L’inventore del bikini, Louis Réard, ingegnere meccanico francese, esperto nella progettazione di auto, nel tempo libero, aiutava sua madre nell’azienda di famiglia, specializzata in biancheria intima. Rèard non riuscì a trovare un modella disposta ad indossarlo. Per questo si affidò a una spogliarellista del Casino di Parigi, Micheline Bernardini, che lo esibì per la prima volta nella piscina Deligny, nel cuore di Parigi, circondata da una folla impazzita di fotografi. Il bikini, appena lanciato, fu messo al bando in Italia, Spagna e Portogallo. Il 1° novembre del 1949 Don Sturzo interruppe di colpo la collaborazione a “La Sicilia” perché il giornale aveva pubblicato la foto di una tuffatrice americana in bikini che usciva sorridente dalla piscina. Nel 1964 dagli Stati Uniti arrivò in Europa un nuovo costume da bagno per donne, privo della parte superiore. Lo propose lo stilista californiano Rudi Gernreich. Alcune signore che lo vollero provare furono allontanate dai bagni pubblici perché giudicate «scandalose». Sondaggio francese: il 35% delle donne considera «impensabile» togliersi il reggiseno in spiaggia e la percentuale sale al 50 tra le ragazze tra 18 e 24 anni. Solo il 2% delle bagnanti al di sotto dei 35 si è messa in topless almeno una volta. «Di fronte allo sguardo insistito di certi uomini turbati dalla nudità, la vera libertà è rinfilarsi il reggiseno» (Simona Izzo). Capote, che in spiaggia usava dei boxer invece di un costume da bagno. Un paio aveva un motivo di grosse formiche e la scritta: «Ants in my pants». Su un altro c’era scritto: «Non aprire fino a Natale». Il costume da bagno di Cesare Pavese nei ricordi di Fernanda Pivano: «Un paio di calzoni di flanella grigia tagliati a zig zag senza orlo a metà coscia e sorretti da uno spago, come vent’anni dopo a Cuba avrei visto sorretti i bermuda di Hemingway». D.H. Lawrence molto restìo a buttarsi in acqua per non esporre il proprio corpo «ossuto, emaciato, con il petto di pollo». Molto sarcastico con Bertrand Russell in costume da bagno («Povero Bertie, tutto cervello e niente corpo» diceva mentre quello, piuttosto disinvolto, faceva il bagno volentieri al chiaro di luna). Per impedire alla moglie Frieda di entrare in acqua nuda, Lawrence le cucì con le sue mani dei mutandoni di cotone. Se lei dovesse avere un solo vestito che cosa sceglierebbe? «Un costume da bagno» (Carla Bruni ad Alain Elkann). Secondo cetrte teorie, il costume da bagno svela l’uomo amante: lo slip indica il tipo sexy per eccellenza, invece l’uomo romantico preferisce il bermuda. Amanda Lear andava a fare il bagno con Salvador Dalì: «A mezzogiorno il domestico-pescatore Arturo preparava il gozzo giallo di Gala e si partiva. Il maestro galleggiava perché non sapeva nuotare: i baffi ritti sul pelo dell’acqua. Quando si levava l’accappatoio per rimanere in costume da bagno chiedeva scusa perché mi toccava vedere il cinto con cui sosteneva l’ernia. Se si accorgeva che me l’ero svignata sulle rocce a cercare ricci si agitava, temeva che mi ferissi». Paris Hilton che raccontò di aver visto sulle spiagge di Miami Angelina Jolie in costume da bagno e di aver notato un incredibile eccesso di cellulite sulle cosce. Coco Chanel a Deauville, stazione balneare in voga tra i vip. Quando fu vista fare il bagno vi fu chi notò che «nessuna donna di buon costume avrebbe mai osato bagnarsi in acque di mare». A Deauville Chanel aprì una bottega. Per le signore pensò un costume da bagno a sbuffo che si arrestava al ginocchio. Il costume da uomo modello Port Cros, a slip aderente, col gancetto su un fianco. Lo porta Francesco Rutelli. Dice Barbara Palombelli: «Abbiamo trovato delle rimanenze in un negozio che chiudeva a Sabaudia. Lo usa solo mio marito perché dice che non gli va di rimanere con la pancia bagnata, allora fa il bagno con il boxer alto, poi si mette lo slippino». Un sondaggio condotto su duemila donne inglesi tra 18 e 65 anni ha fissato a 47 anni il limite d’età accettabile per indossare il bikini, 61 il costume da bagno. Montale fu visto con un costume da bagno completo, blu scuro con un grosso Topolino a strisce bianche e rosse sulla destra. Franz Kafka frequentava alberghi termali per nudisti ma si rifiutava di levarsi i pantaloncini. Gli altri ospiti lo chiamavano «l’uomo con il costume da bagno». Il burqini proposto dalla stilista musulmana Ahiida, costume da bagno integrale che si indossa come una tuta e ha un cappuccio incorporato per coprire la testa. Il bikini secondo Irene Brin: «Mentre l’atollo su cui cadde la prima bomba atomica viene già dimenticato, il costume da bagno minuscolo che ne trasse il nome sta giustamente passando di moda. L’uso imprudente della propria nudità può equivalere, per una ragazza in cerca di marito, ai disastri prodotti dalla bomba. In città, la credevamo snella, non scheletrica e la scopriremo, alla spiaggia, simile ad un piccolo, sofferente, invendibile abbacchio. E sua sorella, che giudicavamo florida, si rivelerà straripante e sproporzionata, una giovenca senza Giove. Questi paragoni con le vetrine dei macellai e con i mattatoi pubblici dovrebbero intimorire le maliziose, e indurle a coprirsi». Secondo uno studio, le maggiorate in bikini imbarazzano due uomini su tre. Secondo un sondaggio lanciato negli Usa da Blockbuster, la migliore scena da spiaggia del cinema è quella in cui Ursula Andress in 007 - Licenza di uccidere esce dall’acqua in in bikini bianco, cinturone e pugnale. Com’è nato il bikini di Ursula Andress: «Mi serviva un costume, non mi piacevano quelli con i fiori della giungla che usano in Giamaica. Una mia amica aveva una boutique, mi diede il pezzo di sotto, sopra misi un mio reggiseno a fascia con le bretelle. Strana combinazione ma funzionò. Prima non ero nessuno, poi sono diventata una stella». Il bikini della Andress messo in vendita all’asta da Christie’s è stato battuto per 57.992 euro. Giovanna Ralli indossò un bikini per la prima volta a quattordici anni, mentre girava Luci del varietà con Lattuada: «Mi avevano messo addosso un due pezzi di velluto nero con la mutanda che sfiorava l’ombelico e il reggipetto che faceva appena intravedere il solco tra i seni. Ma io mi vergognavo lo stesso: mi davano il via, facevo il mio balletto, cominciavo a intonare “Luci del varietà, sorrisi e sguardi audaci, la frenesia di baci questa è la felicità», ma a metà scoppiavo a piangere e scappavo via, tra le urla di Lattuada». «Il bikini lo abbiamo portato in poche, allora, perché non era adatto al nostro corpo. Noi avevamo seni fiorenti, vita stretta, fianchi larghi, sedere sporgente. Il bikini sta bene alle ragazze di oggi che sono palestrate o filiformi, comunque vagamente androgine. A me, alla Loren, alla Lollo, stava meglio il costume intero che ci avvolgeva e ci faceva bellissime» (Giovanna Ralli). Esther Williams si rifiutò sempre di portare il bikini. Il due pezzi venne proibito al concorso di Miss Mondo del 1951 perché dava troppi vantaggi alle concorrenti che lo indossavano. La canzone “Itsy Bitsy, Teenie Weenie, Yellow Polka Dot Bikini” (1960) di Brian Hyland racconta la storia di una ragazza che mette il due pezzi per la prima volta e si vergogna di uscire dalla cabina così nuda («she was afraid to come out of the locker...»). Così la traduzione dell’epoca: «Dalla cabina uscir non voleva/Io le chiedevo piccina perché/Non voglio uscire così rispondeva/Son troppi gli occhi che guardano me/Un due tre dicci sotto cosa c’è/Portava un itsy bitsy tiny winy piccolo bikini/che la copriva da qui fino a qui/ Un itsy bitsy eccetera». Brigitte Bardot negli anni Cinquanta lo esibì nel film E Dio creò la donna. Da lì iniziò l’ascesa del bikini: nelle boutique e nelle spiagge. In America, le grandi testimonial del bikini sono state Marilyn Monroe e Rita Hayworth. Nel ’57, Jane Mansfield fu immortalata sulla copertina di Life Magazine", rivista con tendenze conservatrici, con uno strepitoso bikini. Negli anni Sessanta, il due pezzi entra nel mercato di massa. Nel ’96. Karl Lagerfeld portò in passerella il bikini più piccolo del mondo, con il reggiseno nero ridotto a un mini copricapezzolo.