Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 28 Martedì calendario

DOPO LA GRECIA, LISBONA SARÀ LA PROSSIMA VITTIMA DELL’EURO?

Risolta (forse) la crisi greca quale sarà la prossima preda della speculazione finanziaria? Gli analisti sussurrano: il Portogallo. Sarà bene averne coscienza affinché l’Europa non si faccia trovare impreparata e non commetta gli errori che tanto sono costati alla Grecia ma anche a tutti gli europei. Innanzi tutto va detto che i portoghesi non hanno barato sui conti come avevano fatto i greci. E che il cielo di Lisbona non è completamente nero come lo è quello di Atene. Inoltre la loro più recente emissione di titoli di stato, il 22 luglio, non ha incontrato ostacoli: 1,5 miliardi di euro sono stati collocati tra l’1,4% (a 5 anni) e il 3,5% (a 22 anni). Gli investitori hanno dato fiducia, più guardando all’Europa e al suo guardiano Mario Draghi che ai conti pubblici portoghesi. Secondo i dati ufficiali della Bank of Portugal il debito del settore pubblico non finanziario è di 288 miliardi, il 166% del pil. Un dato assai negativo in parte attenuato dalla previsione (forse troppo ottimistica) di portarlo al 123% il prossimo anno e da un consuntivo dell’economia 2015 in leggera ripresa (grazie all’export passato dal 28 al 40% del pil) dopo anni di vacche magre. Ma se al debito del settore pubblico si somma quello privato si arriva al 300% del pil. Il Portogallo è sul crinale e fatica a coprire gli interessi del debito con risorse proprie perché il prezzo pagato al risanamento ha colpito i consumi. La disoccupazione è al 14%, nel welfare è stato tagliato del 30% l’intervento a favore delle famiglie, 200mila (su 10 milioni) sono emigrati in cerca di fortuna, in tre anni le tasse sui redditi sono aumentate del 30%. Una situazione grave ma la troika ha valutato positivamente i progressi effettuati e il Portogallo è potuto uscire dal programma di salvataggio da 78 miliardi concesso da Ue, Bce e Fmi. I mercati finanziari sono meno ottimisti e considerano il Portogallo il nuovo anello debole dell’Europa. Anche perché, com’è avvenuto in Grecia, buona parte del debito è nelle banche francesi e tedesche (oltre che spagnole) e la tentazione di «socializzarlo» col resto d’Europa potrebbe risultare forte e provocare nuove fibrillazioni a Bruxelles, innescando quella reazione a catena a cui abbiamo appena assistito. Ma il Portogallo, per sua fortuna, non ha Yanis Varoufakis, e tutti sembrano tenere i nervi a posto, anche se la finanza d’assalto è sul trespolo, pronta a colpire.
Carlo Valentini, ItaliaOggi 28/7/2015