Carlo Valentini, ItaliaOggi 28/7/2015, 28 luglio 2015
DOPO LA GRECIA, LISBONA SARÀ LA PROSSIMA VITTIMA DELL’EURO?
Risolta (forse) la crisi greca quale sarà la prossima preda della speculazione finanziaria? Gli analisti sussurrano: il Portogallo. Sarà bene averne coscienza affinché l’Europa non si faccia trovare impreparata e non commetta gli errori che tanto sono costati alla Grecia ma anche a tutti gli europei. Innanzi tutto va detto che i portoghesi non hanno barato sui conti come avevano fatto i greci. E che il cielo di Lisbona non è completamente nero come lo è quello di Atene. Inoltre la loro più recente emissione di titoli di stato, il 22 luglio, non ha incontrato ostacoli: 1,5 miliardi di euro sono stati collocati tra l’1,4% (a 5 anni) e il 3,5% (a 22 anni). Gli investitori hanno dato fiducia, più guardando all’Europa e al suo guardiano Mario Draghi che ai conti pubblici portoghesi. Secondo i dati ufficiali della Bank of Portugal il debito del settore pubblico non finanziario è di 288 miliardi, il 166% del pil. Un dato assai negativo in parte attenuato dalla previsione (forse troppo ottimistica) di portarlo al 123% il prossimo anno e da un consuntivo dell’economia 2015 in leggera ripresa (grazie all’export passato dal 28 al 40% del pil) dopo anni di vacche magre. Ma se al debito del settore pubblico si somma quello privato si arriva al 300% del pil. Il Portogallo è sul crinale e fatica a coprire gli interessi del debito con risorse proprie perché il prezzo pagato al risanamento ha colpito i consumi. La disoccupazione è al 14%, nel welfare è stato tagliato del 30% l’intervento a favore delle famiglie, 200mila (su 10 milioni) sono emigrati in cerca di fortuna, in tre anni le tasse sui redditi sono aumentate del 30%. Una situazione grave ma la troika ha valutato positivamente i progressi effettuati e il Portogallo è potuto uscire dal programma di salvataggio da 78 miliardi concesso da Ue, Bce e Fmi. I mercati finanziari sono meno ottimisti e considerano il Portogallo il nuovo anello debole dell’Europa. Anche perché, com’è avvenuto in Grecia, buona parte del debito è nelle banche francesi e tedesche (oltre che spagnole) e la tentazione di «socializzarlo» col resto d’Europa potrebbe risultare forte e provocare nuove fibrillazioni a Bruxelles, innescando quella reazione a catena a cui abbiamo appena assistito. Ma il Portogallo, per sua fortuna, non ha Yanis Varoufakis, e tutti sembrano tenere i nervi a posto, anche se la finanza d’assalto è sul trespolo, pronta a colpire.
Carlo Valentini, ItaliaOggi 28/7/2015