Dan Strumpf, MilanoFinanza 28/7/2015, 28 luglio 2015
AL NASDAQ CONTANO SOLO SEI TITOLI
Quest’anno solo poche società stanno generando guadagni nei principali indici statunitensi, sollevando nuovi timori sulla salute del mercato. Sei titoli (Amazon, Google, Apple, Facebook, Netflix e Gilead Sciences) rappresentano al momento più della metà dei 664 miliardi di dollari dell’aumento della capitalizzazione del Nasdaq Composite Index da inizio anno stando ai dati compilati dalla società di brokeraggio JonesTrading.
Amazon, Google, Apple, Facebook, Gilead e Walt Disney costituiscono più del totale dei 199 miliardi di dollari dei guadagni nella capitalizzazione dello S&P 500.
La concentrazione dei guadagni alimenta il timore che la debolezza degli scambi in gran parte del mercato possa fare presagire un calo degli indici. Molti investitori vedono l’eco dei precedenti massimi del mercato, tra cui il picco del 2007 e la frenesia della fine degli anni 90, quando un numero sempre inferiore di titoli ha sollevato l’intero mercato. Quest’anno lo S&P 500 è in rialzo dell’1% mentre il Nasdaq è cresciuto del 7,4%. Ma stanno lampeggiando anche altri indicatori. Per investitori e analisti nel Nasdaq quest’anno i titoli in calo hanno superato quelli in crescita, spingendo l’Advance-Decline Line in territorio negativo, un fenomeno che in passato si è presentato prima delle crisi del mercato.
Lunedì della scorsa settimana, quando lo S&P si è avvicinato al record, praticamente lo stesso numero di titoli ha toccato i minimi e i massimi dell’anno. Questo, secondo Ned Davis Research, è un altro segnale premonitore di momenti difficili e un dietrofront rispetto al 2014 e al 2013, quando il mercato è cresciuto in maniera più omogenea. L’S&P è il 2,4% sotto il massimo record del 21 maggio. Mentre il Nasdaq ha toccato lunedì scorso un massimo assoluto cedendo poi il 2,5%.
Un rally guidato solo da una manciata di titoli non significa necessariamente che il mercato sia drogato o che le azioni crolleranno. Di fatto, gli scettici lanciano l’allarme di un’imminente correzione praticamente da quando le azioni hanno iniziato un rally durato sei anni nella primavera del 2009, citando fattori che vanno dalla ripresa economica disomogenea fino alla crescita dei rapporti prezzo/utili. Molti analisti sono tuttavia intimoriti dal divario sempre maggiore tra i titoli con i migliori guadagni e il resto del mercato. Molti vedono un mercato azionario sull’orlo di una conversione, anche se ovviamente nessuno può prevedere quando avverrà. «Gli scenari possibili sono due: tutto il mercato cala bruscamente oppure si espande», ha commentato Scott Migliori, che gestisce il fondo AllianzGI Focused Growth del valore di 740 milioni di dollari. Migliori sta riducendo le posizioni sui titoli delle biotecnologie e dell’universo internet. Stando a Morningstar, fino al 31 maggio Apple, Amazon e Facebook erano tra i primi cinque titoli detenuti dal fondo. Migliori ha rivelato di essersi spostato verso i titoli industriali, oltre alle azioni delle società operanti nel settore dell’assistenza sanitaria rimaste indietro nell’ultimo rally.
I primi periodi della crescita post-crisi sono stati marcati da riprese del mercato più ampie. Secondo JonesTrading, nel 2013 il Nasdaq si è impennato del 38% con i principali tre titoli che hanno contribuito per il 17% in termini di guadagni. Quell’anno, l’S&P 500 è cresciuto del 30%, con i tre titoli al vertice che hanno contribuito per l’8%.
I guadagni in entrambi gli indici sono stati più concentrati lo scorso anno, sebbene inferiori rispetto a quest’anno. Nel 2014 il Nasdaq è salito del 13%, con i tre migliori titoli che rappresentavano il 32% dei guadagni. Lo S&P era in rialzo dell’11%, con i tre migliori performer che hanno contribuito per il 16%. «Il 2013 e il 2014 sono stati degli anni meravigliosi per il mercato, tutto è salito», ha ricordato Mike O’Rourke, chief market strategist presso JonesTrading. «adesso c’è più denaro a rincorrere meno azioni».
Quest’anno, con il Nasdaq in crescita del 7,4%, i tre titoli top (Amazon, Google e Apple) hanno costituito il 37% di quel guadagno. «Questo mi rende cauto perché ho già visto qualcosa di simile», ha riferito John Carey, gestore di portafoglio del Pioneer Fund da 5,2 miliardi di dollari, per il quale Apple rappresenta il secondo titolo per proprietà, «alcune caratteristiche di questo mercato assomigliano a quanto è accaduto» con la bolla tech alla fine degli anni 90. Alla vigilia dell’esplosione delle dot-com nel marzo del 2000, per O’Rourke, i sei titoli al vertice dello S&P rappresentavano il totale del guadagno della capitalizzazione di mercato dell’indice di quell’anno.
Traduzione di Giorgia Crespi
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Dan Strumpf, MilanoFinanza 28/7/2015