Luca Bianchin, La Gazzetta dello Sport 28/7/2015, 28 luglio 2015
PIRLO, L’ARTISTA DEI PASSAGGI ORA ESPONE A NEW YORK: 19.400 QUADRI –
Andrea Pirlo, chiamato a insegnare calcio agli americani, ha cominciato dall’alfabeto. Domenica ha passeggiato, ha giocato col limitatore di velocità, è passato da un tocco all’altro con una piroetta. Era l’esordio in Mls allo Yankee Stadium, un New York-Orlando a sforzo ridotto. Un passaggio in verticale di Pirlo ha avviato il gol di David Villa e qualcuno deve aver pensato che quel 21 sulla maglia è illegale. Nel football il quarterback può usare numeri da 1 a 19 e, almeno nel contesto americano, Pirlo è Tom Brady. Il quarterback perfetto ha testa e potenza, sa trovare il compagno a cinque metri - cinque yard, va bene - ma anche dall’altra parte del campo. Pirlo in questo è unico, ha le due dimensioni: il corto e il lungo, il passaggio per cucire il gioco e il lancio per ribaltare il tavolo. Calma però, questo è anche un discorso di numeri. Entri il pallottoliere.
Andrea Pirlo negli ultimi 10 anni di Serie A ha fatto 19.400 passaggi corretti. La cifra tonda è un caso, perché il conto è stato fatto giornata per giornata da Opta. In questa estate di lacrime, si può allargare lo sguardo. Il calcio europeo ancora singhiozza: in un mese ha salutato Xavi, mandato Gerrard a Los Angeles e Pirlo a New York. Il centrocampo non sarà mai più lo stesso. Xavi è l’unico che nel decennio ha superato i 20mila passaggi ma il dato è dopato: positivo al tiki taka. Lo stile Guardiola, trasferito per contagio a Luis Enrique, moltiplica i tocchi, favorisce l’accumulo. Senza oltraggio per un mito come Xavi, si può dire: alcuni sono stati di minima utilità. Se invece si parla di passaggi lunghi - i lanci, i cambi gioco, le verticalizzazioni - Pirlo stacca tutti. In un decennio ne ha messi assieme 3.189, a +1.183 da Xavi, +1.329 da Gerrard, +1.534 da Schweinsteiger, +2.122 da Iniesta. Boskov dixit: «Un fuoriclasse vede un’autostrada dove gli altri vedono un sentiero».
Pirlo e il passaggio sono gemelli: legati per sempre. Una stima dice che in carriera ne ha fatti 29.000 in Serie A: per vederli tutti, uno dopo l’altro, servirebbero 12 ore. Senza pubblicità e senza vedere lo sviluppo dell’azione: solo un passaggio, poi un altro, poi un altro. Difficile che un gesto tecnico sia così legato a un calciatore. Pirlo ha fatto dello smarcamento un’arte, perché un grande passatore non vede e provvede, semmai vede e prevede: si muove prima per andare a cercare il pallone. Il 21 ha preso il vecchio ruolo del regista e lo ha trasportato nel calcio moderno. Vent’anni fa, quando Andrea ha iniziato, il regista aveva tempo per pensare, valutare, caricare. Adesso il calcio è hip hop, gira a 30 parole al secondo: tra pressing alto, raddoppi, aggressioni al portatore, va a ritmo triplo.
Pirlo si è adattato e ha lasciato nel museo alcune partite da collezione. In Italia-Inghilterra, quarto dell’Europeo 2012, toccò 171 palloni con un 92 su 98 di passaggi corretti. Solo sei errori e un’infinità di giocate di prima. In un Juve-Fiorentina a febbraio 2013 sbagliò solo un passaggio su 75. Uno su 75. Gli assist sono il livello successivo di difficoltà: oltre il tocco a metà campo, l’ultimo passaggio. Ognuno, se ci pensa, ha il suo preferito. Scelta di massa: il no look per Grosso contro la Germania, semifinale mondiale 2006. Scelta romantica: l’arcobaleno per Baggio in Juve-Brescia, con uno zidaniano 5 sulla schiena. Scelta di classe: Italia-Stati Uniti alla Confederations 2009. Dribbling sulla fascia, cambio di piede sulla linea di fondo e cucchiaio per Giuseppe Rossi libero a centro area. Improvvisazione d’artista.
Andrea non è mai stato come gli altri. Ha più del doppio dei lanci, delle verticalizzazioni, dei passaggi nella trequarti di un centrocampista medio. A New York ora lo chiamano maestro, dicono che è un’archistar come Renzo Piano e i grandi architetti moderni. Se saranno fortunati, prima o poi lo vedranno costruire un ponte da un’area all’altra, in due secondi e senza usare le mani.