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 2015  luglio 28 Martedì calendario

DELNERI: «BRAVO MILAN, CON BERTOLACCI HAI PRESO UN BABY PIRLO» – 

Il turismo può attendere. Gigi Delneri ha aperto un bed&breakfast di charme nella sua Aquileia, in Friuli. «Casa Delneri», si chiama: «Lo gestiscono le mie figlie, Gaia e Lisa. E’ un bel posto, merita, ma per la pensione c’è tempo. Ho voglia di allenare per 4-5 anni ancora. Mi sono aggiornato, ho elaborato nuove idee. Chiedo fiducia».
Lei è portatore sano di un calcio positivo, d’attacco, ma negli ultimi tempi in Italia sembra che ci sia stata una regressione. Ritorno al difensivismo. Concorda?
«Sì, la diffusione della difesa a tre è un sintomo, comanda di nuovo il dio risultato, vedo partite in cui il gioco viene meno. Negli anni Settanta si era più proiettati all’attacco, allora l’esterno alto di un 3-5-2 era Claudio Sala, non un terzino marcatore, e dall’altra parte, a sinistra, spingeva il cosiddetto fluidificante. Oggi la difesa a tre è spesso a cinque».
Se domani ricominciasse ad allenare, ripartirebbe dal suo classico 4-4-2 o 4-2-4?
«Alla difesa a quattro non rinuncerò mai. Sul resto sarò flessibile, disponibile a vagliare soluzioni».
Potrebbe passare al 4-3-1-2?
«Ma io il trequartista l’ho impiegato spesso. Perrotta nel mio Chievo che cos’era? Il trequartista. E Doni all’Atalanta? Idem. Per me sono decisivi gli interni: devono essere attivi, non mi accontento che rubino palla. E la difesa deve difendere in funzione dell’attacco».
Il Napoli ha preso Sarri, un allenatore per molti versi “delneriano”. Che cosa ne pensa?
«Che l’Empoli di Sarri mi è piaciuto tantissimo perché la difesa si muoveva in gruppo e gli altri reparti lo stesso. La difesa uno contro uno possono permettersela i grandi club coi grandi difensori, tipo la Juve con Barzagli, Bonucci, Chiellini. Le piccole devono organizzarsi. L’Empoli di Sarri aggrediva e faceva possesso. Unica nota negativa, Valdifiori».
In che senso?
«E’ drammatico che il calcio italiano lo abbia scoperto a 29 anni, è il sintomo che qualcosa non funziona nella selezione dei giocatori. Non posso pensare che il talento di Valdifiori sia rimasto seminascosto fino alla soglia dei trent’anni».
Chi vincerà lo scudetto?
«Favorita rimane la Juve. Ha mentalità, carattere, attitudine alla vittoria, e sopperirà alla perdita di Pirlo, Vidal e Tevez. Sono arrivati sostituti di valore. L’uomo chiave sarà Marchisio. E’ cresciuto lì, deve fare il salto, diventare leader. Ci riuscirà, è migliorato tanto sul piano tattico».
Dovrà sostituire Pirlo davanti alla difesa.
«Pirlo è insostituibile, al massimo lo puoi surrogare. Difficile trovare un giocatore che come lui crei la superiorità davanti alla difesa. Pirlo esce sempre dalla marcatura, salta l’uomo, sa che cosa fare del pallone. Marchisio si imporrà con altre caratteristiche».
Dietro la Juve?
«Il Milan. Una delle cose che più mi è piaciuta della scorsa stagione è stata la capacità di “uscita” della Samp di Mihajlovic. In quella fase avevano un bel gioco-palla, si capiva che c’era tanto lavoro dietro. Il Milan ha tre giocatori che ho allenato e che mi piacciono: Bertolacci, Bonaventura e Poli. Vado oltre, per me Bertolacci in prospettiva è il giocatore italiano più interessante».
Addirittura?
«Lo farei giocare davanti alla difesa. Sa liberarsi dell’avversario, ha potenza, è dinamico, potrebbe diventare un piccolo Pirlo. Finora è stato impiegato come mezzala, ma deve trovare il suo vero ruolo. Ambi-piede, tempi di gioco: può trasformarsi in regista di livello».
Un altro italiano che le piace?
«Zaza incarna il mio attaccante preferito: estroso, esuberante, cattivo, scaltro. Mi piacerebbe allenarlo. Per la difesa dico Rugani e Romagnoli».
L’Inter?
«Mancini cerca giocatori con velocità di esecuzione. Giusto, oggi la tecnica è niente senza la sveltezza. Kondogbia ci metterà forza fisica e temperamento».
Quale altra squadra le piace?
«Il Genoa: tecnica, rapidità, rischio».
Sarri ce la farà a reggere la pressione di Napoli?
«Berlusconi difese Sacchi davanti alla squadra nei suoi primi anni al Milan. De Laurentiis farà lo stesso, credo. Io tifo per Sarri, che come me è venuto da sotto, dai piani bassi».
Rimpianti per la sua stagione alla Juve?
«Rimpiango di non aver detto no e di non essere rimasto alla Samp per giocarmi il playoff di Champions. Ma si può dire no alla Juve? Battute a parte, recrimino sugli infortuni: con due-tre giocatori sani sarebbe finita meglio».
Conte, il suo successore a Torino, sembra intristito dalla Nazionale.
«Conte alla Juve ha svolto un lavoro mostruoso. In Nazionale soffre per il poco tempo sul campo, ma si abituerà e farà un bell’Europeo».
Cassano, suo ex giocatore, stenta a rientrare. E’ finito?
«No. Ha bisogno di una squadra che lo faccia sentire importante e che gli dia sei mesi di tempo per ritornare al top. E’ Cassano e merita il sacrificio. Alla Samp mi tirava l’acqua e mi guardava male se non lo facevo giocare, ma gli voglio bene e ci sentiamo spesso. Se discutiamo Antonio, è finita. Gli ho mosso un unico appunto: in area deve piantarla con il passaggino al compagno, lui è Cassano e deve tirare perché da lì fa gol. Punterei su Cassano, chi lo prende va all’incasso: non subito perché è fermo da sei mesi, ma alla lunga sì».