Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 28/7/2015, 28 luglio 2015
FOLLIE CINESI: QUELL’800% IN BORSA CON I CONTI IN ROSSO
Ai più non dirà nulla. Per il nostro signor Li, un qualsiasi impiegato, contadino, commerciante cinese (fate voi), improvvisatosi giocatore di Borsa – con i soldi presi a prestito tra l’altro – la Tontec Technology Investment Group invece è la dimostrazione che il sogno della ricchezza facile e rapida è possibile. La Tontec è una delle regine del listino di Shangai. È salita nell’ultimo anno del 790%, oltre 5 volte di più dell’apprezzamento dell’intero listino. Un capolavoro di performance. Ma tale e tanta è la voglia di fare soldi facili che non si sta troppo a guardare le azioni che si comprano. Se si volesse dare uno sguardo veloce al miracolo Tontec si scoprirebbe (fonte dati CapitalIq) che l’azienda cinese è un’impresa manifatturiera come tante. Che per di più ha chiuso in perdita l’ultimo esercizio per 32 milionidi dollari Usa su un fatturato di soli 245 milioni di dollari americani. Non che fosse un fenomeno neanche negli anni passati. Nell’ultimo lustro il suo picco di redditività operativa è stato dell’8% sui ricavi. Eppure oggi vale in Borsa 12 volte il suo fatturato e ben 16 volte il suo patrimonio netto. La Tontec è solo un esempio. Il problema sulla Borsa cinese è che di Tontec ce ne sono molte. Segno dello scollamento violento tra enfasi borsistica e situazione reale dei conti di quelle aziende viste volare sui listini cinesi. Certo il caso Tontec e altri sono casi limite. Ma in generale, nessuno può onestamente dire che non ci sia una bolla azionaria cinese. Tra i primi trenta titoli per performance (rendimenti di oltre il 300% nell’ultimo anno) la metà ha dei rapporti prezzo/utili sopra le 50 volte. Rapporti sotenibili solo se nei prossimi anni gli utili raddoppieranno o triplicheranno. Per qualcuno sarà anche così, ma non per tutti. Il quadro della profittabilità dell’industria cinese è infatti in rapida decelerazione. E non da ieri. Come mostra uno studio di Ubs la corsa della redditività delle imprese cinesi, fantasmagorica negli anni passati si è contratta dello 0,8% nei primi 5 mesi del 2105. Il tasso è ancora positivo, ma assai lontano dal passo di marcia di oltre il 40% anno su anno del 2011 o del passo ancora sostenuto del 25% del 2013-2104. Del resto perchè stupirsi: la crescita del Pil del Dragone che veleggiava a tassi del 12-13% fino al 2010 si è indebolita e ora viaggia al 7% annuo, con stime che dicono che quel livello tra il 6 e il 7% sarà il passo di marcia di un’economia, certo forte, ma non più a tassi da emergente.
Ed è qui la discrasia con l’azionario. Non puoi salire del 150%, come ha fatto il listino di Shangai nell’ultimo anno, con un’economia contratta e ricavi e profitti che rallentano. Per di più con aziende che si sono fortemente indebitate per crescere. Il debito corporate delle imprese del Dragone è a quota 28mila miliardi di dollari, tre volte il Pil. Debito delle imprese che si è quadruplicato dal 2007,complice un sistema bancario ombra cresciuto a sua volta del 36% all’anno dal 2007 al 2014, che ha inondato aziende e privati di prestiti. Se sommi il folle volo delle quotazioni borsistiche, al rallentamento della profittabilità e a una leva finanziaria mai così tirata, ecco tutti gli ingredienti per una bolla gigantesca che si è costruita sulle piazze cinesi. Il Governo e la Banca centrale cinese avranno un bel da fare per tenerla a freno.