Andrea Marini, Il Sole 24 Ore 25/7/2015, 25 luglio 2015
IL DISASTRO DELL’AZIENDA MUNICIPALIZZATA: NEL 2015 VERSO UN BUCO DA 140 MILIONI
Se non è una impresa degna di un titano, poco ci manca. Salvare l’Atac, l’azienda controllata al 100% dal Comune di Roma che gestisce il trasporto pubblico locale, sembra un caso disperato. Per capire l’entità del dissesto bastano pochi numeri. Dal 2003 l’azienda non ha prodotto un bilancio in utile: nel 2012 segnava una perdita di 157 milioni, saliti a 216 l’anno successivo. Nel 2014 il rosso, pur in calo, si è assestato sui 141 milioni. Nella prima metà del 2015 si sono già accumulate passività per 60 milioni, che proiettano il risultato finale dell’anno a -135/-140 milioni.
Con questi risultati, non sorprende come il debito sia arrivato a una forbice tra 1,4-1,6 miliardi. Una situazione come questa ha permesso di tenere a galla l’azienda solo attraverso continue ricapitalizzazioni, che hanno portato il Comune a svenarsi per oltre un miliardo negli ultimi anni. E sarà sempre da una nuova ricapitalizzazione che si ripartirà per evitare che l’azienda di via Prenestina porti i libri in tribunale.
In fretta e furia, la Giunta capitolina ha approvato ieri l’assestamento di bilancio (il documento contabile che a metà esercizio consente di rivedere le previsioni realizzate). Nel testo si fa riferimento all’accantonamento in bilancio delle somme destinati agli interventi di ripiano per Atac. A spiegare l’entità della somma è stato ieri lo stesso sindaco Ignazio Marino durante una conferenza stampa convocata ad hoc: «Davanti a una situazione così drammatica – ha spiegato – ho scelto di condividere con il presidente della Regione Zingaretti, con il quale ho avuto un’intensa riunione di due ore e mezza, di affrontare il problema finanziario con una nuova ricapitalizzazione che sfiora i 200 milioni tra beni e contanti, a cui si aggiunge l’impegno della Regione Lazio a trasferire 301 milioni entro il 30 settembre al Comune di Roma come pagamento di vecchi contributi che la Regione allora governata dalle destre non aveva voluto dare». In sostanza, il Campidoglio verserà all’Atac 200 milioni, poi la Regione girerà 301 milioni al Comune che andranno a finanziare gli investimenti per il trasporto pubblico locale. «In questi mesi abbiamo compiuto uno sforzo enorme come Regione Lazio per sostenere il trasporto pubblico di Roma e per difendere il diritto alla mobilità dei cittadini e dei lavoratori delle aziende trasferendo circa un miliardo di euro dal 2013», ha dichiarato in una nota il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Anche se Atac lamenta ancora crediti nei confronti della Regione per 580 milioni.
Anche perché una delle criticità di Atac risulta essere proprio la carenza di investimenti, con il 70% del parco vetture che andrebbe rinnovato. «Calo degli investimenti significa calo del valore della produzione, meno corse e meno ricavi», spiega il senatore di Ncd Andrea Augello, che durante l’amministrazione Alemanno era uno degli uomini forti dell’allora sindaco. Senza considerare che a gennaio 2015 doveva entrare il vigore il nuovo contratto di servizio Comune-Atac. Un piano che con l’introduzione dei costi standard e l’innalzamento dei ricavi da “traffico” al 35% doveva introdurre elementi di razionalizzazione nella società. Al momento sono state approvate solo le linee guida.
Nella prima settimana di agosto, Atac, una volta dato il via libera alla ricapitalizzazione, approverà il bilancio 2014. Ma il piano industriale approvato ad ottobre 2014, quello che prevedeva un contenimento delle perdite per il 2015 e un pareggio nel 2016, appare del tutto superato. Anche perché nel frattempo Marino proverà a giocarsi la carte della parziale privatizzazione dell’azienda. «Insieme a Zingaretti abbiamo deciso che da oggi Comune, Regione e Atac si impegnano a cercare un partner industriale mantenendo la maggioranza pubblica - ha annunciato il primo cittadino -. Abbiamo dato mandato all’azienda di scrivere un piano industriale vero e forte per indire la gara. In questo modo anticipiamo l’avvio di un processo nazionale che impone di non gestire più il servizio in house a partire dal 2019». L’idea è quella di far entrare nel capitale uno o più privati, mantenendo comunque il controllo in mano pubblica al 51 per cento. Una strada che al momento non appare allettare alcun investitore privato: nessuna azienda è interessata a investire 50-100 milioni in una società in costante perdita e in cui ogni decisione è in mano al pubblico. Tra i potenziali partner potrebbe esserci, al massimo, Ferrovie dello Stato che l’anno scorso si era detta pronta ad entrare in Atac. Ma i dettagli del piano privatizzazione saranno studiati meglio in queste ore. Entro 10 giorni Marino e Zingaretti annunceranno le modalità dell’operazione e sarà presentato anche il piano industriale.
Ma forse l’ostacolo più forte alla privatizzazione viene proprio dalla politica. Già nella scorsa consiliatura Alemanno aveva provato a mettere in vendita il 40% di Atac, ma era stato stoppato proprio all’interno della sua stessa maggioranza: nessuno, si diceva, voleva prendersi la responsabilità degli eventuali (probabili) interventi sul personale. Con Marino si sta ripetendo lo stesso copione. Cgil, Cisl e Uil in una nota hanno scritto ironicamente: «Siamo al capolinea». Sul piede di guerra è anche Sel, con cui i rapporti sono già tesi dopo le dimissioni del suo vicesindaco Luigi Nieri. Ma anche nella sinistra del Pd c’è già chi parla di «svendita».