Giulia Guglielmi, La Gazzetta dello Sport 27/7/2015, 27 luglio 2015
ALLEVI: «MI SENTO UN PO’ BAGGIO, MARADONA E GATTUSO»
l’inno della Serie A ha tante patrie ma un solo papà. Che ha ricci ribelli e grintosi e quando sale sul palco dice qualcosa come «dai, l’andiamo a prendere, eh!». Chi? Cosa? Giovanni Allevi si sente un po’ come il Rino Gattuso del 2006: «Ogni volta che entro in scena con l’orchestra sinfonica incito i miei musicisti con la veemenza che ho visto in lui prima della finale mondiale».
Che cosa s’immagina ascoltando “O Generosa!”?
«La associo alla curva di uno stadio, dove all’improvviso arriva la musica e mi chiedo: che emozione può scatenare? Mi commuove l’idea che rappresenti un momento dell’Italia».
Dove e come è nato questo brano?
«La proposta mi è arrivata mentre ero in viaggio verso Livorno per una tappa del tour, il 10 aprile. Durante la cena pre-concerto, davanti a un risotto al nero di seppia, ho detto: “Ragazzi, devo andare di là perché è arrivata la musica”. Nella tappa successiva, a Genova, ho composto il B (il ritornello, ndr ), mentre quand’ero su un treno superveloce che mi stava portando da Tokyo a Kyoto sono nate le parole».
Che cosa c’entra il calcio nella musica di Allevi?
«La realizzazione del brano è stata un gioco di squadra. Mi sono immedesimato in quello che pensa un mister davanti ai propri giocatori: ho incitato l’orchestra e il coro a realizzare la loro esecuzione più passionale possibile. E sono stato contento quando mi sono trovato davanti al talento».
E che cosa c’entra il calcio nella sua vita?
«È un mondo che ha sempre vissuto lontano da me, ma ora ci amiamo e siamo diventati una cosa sola».
Allora proviamo così. Se le dico Totti che cosa le viene in mente?
«Ah, er Pupone! Il re di Roma!».
Berlusconi?
«Perché, è ancora presidente del Milan?».
Thohir?
«Chiedo scusa, non lo conosco».
De Laurentiis?
«Non è quello che faceva i film?»
Anche. Ma è pure il presidente del Napoli.
«Però di Napoli un ricordo ce l’ho. Dopo un concerto in piazza del Plebiscito sono stato assalito dai fan. Una di loro mi ha strappato una ciocca di capelli, e davanti al mio disappunto ha detto: “Non devi prendertela, questa cosa l’abbiamo fatta solo a Maradona!”».
Juventus?
«Del Piero. Ho letto la sua biografia e mi ha colpito l’umiltà e il fatto che non abbia mai cambiato squadra anche per riconoscenza alla tifoseria... Ah, vado matto per Crozza quando imita Ferrero».
C’è una squadra per cui fa il tifo?
«L’Ascoli. È la squadra della mia città. Quando nel 1978 è stato promosso in Serie A avevo dieci anni, misi una maglietta a righe bianconere per uscire a festeggiare».
E ha mai provato a giocare a calcio?
«Sono una schiappa, me la cavo con i palleggi. Però ricordo una partita in parrocchia, ero a centrocampo e avrei voluto fare un assist: mi uscì un pallonetto clamoroso che finì sotto l’incrocio. Il momento di gloria l’ho avuto!».
Se pensa al calcio cosa le viene in mente?
«Roberto Baggio davanti al rigore sbagliato a Usa ’94: non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore. Anch’io una volta mi sono sentito un po’ Baggio, quando durante un concerto a Hong Kong ho dovuto alzare le mani dal pianoforte per un errore tecnico».
Baggio l’ha perdonato più o meno l’Italia intera, a lei come è andata?
«Ho sentito tanti applausi d’incoraggiamento. Questo per dire che tutti abbiamo vissuto delle difficoltà, il calcio è dentro ognuno di noi nel confronto quotidiano con la vittoria o la sconfitta».
Hong Kong, Tokyo, Kyoto… Lei è sempre più esportato in Oriente, un po’ come sta avvenendo al nostro calcio. Cosa ne pensa?
«L’Oriente è portatore di un messaggio che è nuovo per l’Occidente capitalista. Basti pensare al kendo: se si colpisce l’avversario in maniera corretta ma il movimento viene fatto senza passione, il punto non viene assegnato».
A gennaio in un’intervista alla Gazzetta disse che puntava a correre 7 km al giorno. Ce l’ha fatta?
«Sono arrivato a 10, quando gli impegni me lo permettono. Mi aiuta per l’elasticità della muscolatura, cosa fondamentale per chi suona il pianoforte».
E dopo quest’altra intervista, non le è venuta voglia di giocare a pallone?
«A dire la verità vorrei affrontare il kendo e anche il tiro con l’arco. In Giappone sono considerati arti marziali che richiedono uno stato di concentrazione estrema. È un aspetto affascinante che ritrovo nel pianoforte e nella direzione d’orchestra».
Allora non c’è proprio niente da fare?
«Prometto che comincerò a tenermi aggiornato sulla Serie A. Intanto sarò negli stadi con la mia musica, e quando ci sarà l’occasione andrò anche a vedere qualche partita». Generoso.