Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport 27/7/2015, 27 luglio 2015
CANNAVARO: «IN ITALIA NON CI SONO I DIFENSORI DI UNA VOLTA»
Aspettando una squadra che prima o poi arriverà, dopo l’incredibile esonero al Guangzhou per ragioni «politiche», Fabio Cannavaro si gode l’immagine di uomo simbolo del calcio mondiale. Al sorteggio era sul palco. E Oliver Bierhoff, presa la pallina che accoppiava la Spagna agli azzurri, s’è rivolto subito a lui: «Scusami, Fabio, ma siete l’Italia e ce la farete lo stesso».
Com’è il calcio italiano visto da fuori?
«Non vive un bel momento, malgrado la finale di Champions. Nessuno ha il coraggio di cambiare, di investire su giovani e strutture: quando passo dal San Paolo mi viene la tristezza. Ci siamo venduti anche i diritti del pre-partita: cosa resterà quando serviranno altri soldi? Qui allo Zenit, Villas Boas si lamenta che il governo lo obblighi a schierare cinque russi per proteggere la nazionale. Da noi sarebbe discriminazione, e comunque è un po’ tardi per far crescere i giocatori arrivati in prima squadra, ma almeno è un tentativo».
Vero che non ci sono più i difensori di una volta?
«Proprio così. Un tempo bastava essere concentrato e difendere bene. Oggi vogliono che il difensore giochi, gli insegnano a guardare la palla e non a sentire l’avversario. Com’è possibile che ci siano attaccanti da 60 gol? Sarà anche colpa delle difese, no?».
Chi sono i migliori difensori oggi?
«Per il mercato, i brasiliani: se David Luiz costa 50 milioni… A me piace Boateng, fisicamente fortissimo. E poi Savic e Miranda: non giovane, ma l’Inter ha fatto un bel colpo. Benatia è veloce. La coppia Pepe-Ramos resta tra le migliori».
E in Italia?
«Ancora Barzagli, Bonucci e Chiellini. Il papà di De Rossi mi diceva che lui allena i giovani nelle difficoltà, nell’uno contro uno: per allenarli a reparto c’è tempo. Non lo fanno in tanti».
Rugani-Romagnoli sono Nesta-Cannavaro del futuro?
«Forse, se li lasceranno crescere. Noi alla loro età eravamo più pronti, abituati da test più difficili. Non è colpa loro se il mercato fa certe valutazioni e li carica di tali aspettative».
Non abbiamo neanche tanti esterni, escluso Darmian…
«Mi piace molto, l’Inghilterra gli servirà, sa giocare anche da centrale. Peccato che arretrarlo sia considerata una mossa da fenomeno solo se la fa Guardiola, e non Conte o Ventura».
Tra poco è campionato. Juve favorita anche cambiando tanto e con tre attaccanti in campo?
«Sicuro. Non è questione di numeri, ma di spirito di sacrificio. Al Real a volte giocavamo con cinque davanti, Lippi superò la Germania in semifinale con quattro punte. Se manca equilibrio sei sbilanciato anche con un attaccante».
Chi è migliorato?
«L’Inter. Sta facendo un bel mercato, ha sistemato la difesa con Miranda e preso giocatori fisici tipo Kondogbia: come piace a Capello, come era stato dopo il 2006 quando arrivarono Ibra e Vieira. E poi la Roma, che non ripeterà certi errori».
Errori di Garcia intende?
«Garcia ha capito che in Italia i conti si fanno alla fine. La Roma l’anno scorso ha pensato più a litigare con la Juve sui giornali che a giocare».
Al Napoli è in corso una mezza rivoluzione, da Sarri a Valdifiori…
«Benitez va/resta è stato l’alibi per i risultati della stagione passata. Sarri, come Mihajlovic, ha belle idee che contano più dell’esperienza. E non è vero che viene dal nulla: allena da 20 anni. Qualcuno pensa che conti solo allenare in A, ma non è più così».
Mihajlovic e il Milan. Dopo Luiz Adriano e Bacca si punta a Ibra, ma la difesa resta la stessa...
«Magari tornasse Ibra: nelle mie squadre giocherebbe sempre. In difesa puoi lavorare sui meccanismi e renderla affidabile. Certo, nei momenti difficili, l’individualità conta. Ma non è facile trovare difensori validi senza svenarsi».
D’accordo sul fatto che i migliori tecnici sono italiani?
«Sicuro. In ogni categoria».
Da Lippi ad Ancelotti a Capello, tanti big a spasso.
«Perché tanti, io compreso, vogliono fare l’allenatore e insegnare il loro calcio».
Com’è il suo calcio?
«Non c’è da inventare niente. Anche a Coverciano vedo la ricerca esasperata della nuova esercitazione. Fare le cose semplici no? Recupero palla e contropiede, invece di transizione, no?».
Che allenatore è Cannavaro?
«Mi piace attaccare e recuperare palla nella metà campo rivale. Mi piace una difesa che sappia interpretare le situazioni. Mi piace giocare la palla e far divertire i calciatori. Non la metto del tipo “allenatore contro tutti”. E voglio che si rispettino ruoli e regole. Anche con un ex compagno: se non si allena bene, sta fuori».
Maradona che non è che si allenasse con continuità…
«Non è l’allenatore che in casi del genere fa un trattamento speciale. I compagni si rendono conto di dover correre un po’ di più per quei fenomeni che li faranno vincere».
Lei ha imparato da…?
«Dai miei tecnici, cominciando da Lippi e dal suo coraggio nel leggere le partite. Poi Capello nella gestione di certi giocatori, Malesani per la fase offensiva, Ancelotti per quella difensiva, Trap, Sacchi, ma anche De Lella e Sormani che nella Primavera del Napoli mi insegnarono a comportarmi. Oggi i giovani quasi non ti salutano. E non dite che è la playstation».
In Cina era in testa al campionato e avanti in Champions, poi il licenziamento inspiegabile. O forse troppo spiegabile.
«Nessuna ragione tattica o tecnica, ma un progetto diverso dopo l’addio di Lippi. Puoi essere cacciato a prescindere dai risultati».
I suoi compagni di Berlino, Buffon, Pirlo, Totti, Toni, ancora tra i migliori. C’è da preoccuparsi?
«C’è da riflettere. Loro restano bravi, ma se siamo costretti ad aggrapparci alla generazione mondiale…».
Nostalgia del campo?
«No, io ho pagato dazio nel 2010».
Una sorpresa quest’anno?
«Sono curioso di Paulo Sousa alla Fiorentina. Era un grande play, viene da esperienze a Tel Aviv e Basilea. Ma conta vincere».
E in Europa?
«Klopp. Il Borussia era uno spettacolo».
Conte?
«Antonio forse non ha ancora trovato la chiave affinché l’Italia interpreti il suo gioco come la Juve. Ci vuole tempo e lui ne ha poco, ma studia e insegna sempre. Deve anche gestire i veterani come Pirlo e De Rossi che non dovrebbero giocare tutte le amichevoli. Ha però un Verratti che il mondo gli invidia e Marchisio che ormai interpreta benissimo il ruolo di play».
Conte o meno, non sarà facile andare a Russia.
«Se sei 16° nel ranking, questo è il rischio. Come dice Antonio, sarà uno stimolo. Noi abbiamo sempre qualcosa in più e, fino alla finale dell’Euro 2012, erano gli spagnoli in soggezione con noi. Sono più bravi, ma ci rispettano»