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 2015  luglio 26 Domenica calendario

GRECIA, SI ALZA IL VELO SUL COMPLOTTO DELLA SINISTRA PER TORNARE ALLA DRACMA

ROMA Impadronirsi dei caveau della Zecca di Stato, arrestare il governatore della Banca centrale greca se si fosse opposto, e appellarsi a Mosca per avere aiuto. Il tutto per far uscire la Grecia dall’euro. A rivelare il quasi golpe del 14 luglio ad Atene è il “Financial Times”. Progetto “covato” dalla corrente di sinistra di Syriza, partito del premier Tsipras, e discusso all’Oscar Hotel in una riunione presieduta dal leader di “Piattaforma di sinistra” e ministro dell’Energia e Ambiente, Panayotis Lafazanis, poi dimissionario per aver votato no alle proposte europee post-referendum. FT scrive di «un piano coperto per il ritorno alla dracma» dopo che a Bruxelles la Grecia aveva «ceduto ai creditori, provocando scoramento e disperazione in molti nel partito». Il paradosso è che i presunti partecipanti al complotto non si sarebbero resi conto della gravità della proposta e ne avrebbero parlato con i giornalisti, l’avrebbero anzi fatta filtrare da “simpatizzanti” dei media che si trovavano fuori dell’albergo e informavano i colleghi. Tsipras aveva appena detto sì al salvataggio da 86 miliardi. La sinistra, composta da vetero-comunisti e fan del defunto presidente venezuelano Chavez, non sapeva più come sventare l’accordo. Un attivista citato da FT spiega che era «ovviamente un momento di grande tensione, ma avvertivi in quella stanza anche un autentico spirito rivoluzionario». Per Lafazanis il governo si sarebbe dovuto impadronire della Zecca dov’è custodito il grosso delle riserve in valuta. «Il nostro piano – avrebbe detto – è quello passare a una moneta nazionale. Lo avremmo già dovuto fare, ma possiamo farlo adesso». Avrebbe anche calcolato in 22 miliardi il tesoretto, per pagare stipendi e pensioni e garantire cibo e carburante in attesa della nuova dracma. La Banca centrale sarebbe passata sotto l’esecutivo e il governatore, Yannis Stournaras, se si fosse ribellato sarebbe finito agli arresti. Il Financial Times osserva che in realtà la sinistra di Siryza non sa neppure come funzioni l’Eurozona: anzitutto, le riserve elleniche ammonterebbero non a 22 ma a 10 miliardi, e nel momento in cui il governo avesse commissariato la Banca centrale, la Bce avrebbe dichiarato inutilizzabili quelle banconote. Lafazanis, interpellato da FT, non smentisce né commenta. Parte del piano sarebbe stato l’accordo energetico firmato con Mosca proprio da Lafazanis, che sperava di portare nelle casse dello Stato 5 miliardi d’anticipo sul transito di gas in Grecia.