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 2015  luglio 26 Domenica calendario

LA FOLLE STAGIONE DEI QUARANTACINQUENNI ASSASSINI

Sarà un caso. O forse no, c’è qualcosa di più sottile, una questione di debolezza, insicurezza, fragilità che ti porta lentamente a scoppiare. E alla crisi, quella pesante. La crisi della mezza età e dei 45 anni. Debiti, vizi, situazioni familiari che non reggono più, voglia di evadere e di libertà, sensazione di fallimento o di onnipotenza che ti travolgono e ti stravolgono fino alla follia. Al raptus. Alla cronaca nera. Pasqualino Folletto - l’uomo (classe 1969) che venerdì ha confessato di avere ucciso con 45 coltellate Maria Luisa Fassi detta «Migia», la tabaccaia di Asti - è l’ultimo caso, la sua è l’ultima di una serie di storie drammatiche che ci hanno accompagnati - e commossi e feriti e terrorizzati - in questi mesi. Pasqualino, ma non solo lui. Da Michele Buoninconti (compie martedì 46 anni) a Massimo Bossetti (45), da Giulio Murolo (48) ad Antonio Palleschi (44) e Padre Graziano (45): tutti presunti assassini, tutti in carcere o già sotto processo. Tutti quarantenni. «Questa, con tutto rispetto, è una generazione sfigata - spiega Paolo Crepet, 63 anni, psichiatra, scrittore e sociologo - nel senso che avere 45 anni oggi non è per niente facile. La disoccupazione picchia duro. Perdere il lavoro a 32 anni ti permette di guardare avanti e ripartire, perderlo a 62 ti fa resistere per arrivare alla pensione. A 42 lo si vive come un fallimento, perché non si è più giovani e non si è ancora sufficientemente anziani. Allo stesso modo, pur lavorando, i problemi economici possono diventare devastanti». Già, proprio come nel caso di Pasqualino Folletto, il magazziniere che ha ucciso per 800 euro. E che aveva debiti, doveva sfamare tre figli (due gemelli nati nel 2008 e una bimba di 11 anni sofferente di una rara malattia genetica) e non sapeva come fare. «In più - continua Crepet - diventa importante il livello culturale medio basso che non dà prospettive di cambiamenti». I soldi, ma non solo. I moventi che portano alla follia omicida spesso sono legati alla famiglia. Alle donne. Al sesso. Giulio Murolo, l’infermiere di Napoli che lo scorso 15 maggio, a Secondigliano, ha sparato dal balcone di casa facendo una strage (quattro morti tra cui il fratello e la cognata), ha spiegato di aver perso la testa a causa dei pessimi rapporti con i parenti («Uno subisce, subisce, subisce. E alla fine scoppia»). E Massimo Bossetti, il muratore di Mapello sotto processo (l’11 settembre la terza udienza) con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio - sparita da Brembate Sopra il 26 novembre 2010 e trovata morta tre mesi dopo a Chignolo d’Isola - stava vivendo una situazione matrimoniale non facile con la moglie Marita Comi (hanno tre figli), fatta di tradimenti e incomprensioni. E ancora. Michele Buoninconti, il vigile del fuoco in cella con l’accusa di avere ucciso la moglie Elena Ceste (sparita di casa il 24 gennaio 2014 e ritrovata morta il 18 ottobre), secondo l’accusa (prossima udienza del processo, con rito abbreviato, il 23 settembre) avrebbe ammazzato per gelosia: secondo l’uomo lei sarebbe stata distratta dalla solita vita familiare fatta di quattro figli e una casa grande da mandare avanti a causa di presunti flirt in chat e strani messaggi telefonici di amanti. «Dal punto di vista familiare siamo in una piena rivoluzione - precisa Crepet - perché la tecnologia, internet, i cellulari e i social stanno stravolgendo le nostre vite con l’illusione di darci la libertà. In passato gli uomini sposati avevano pochi mezzi per evadere dal matrimonio, mentre ora basta aprire Facebook ed è facile socializzare, conoscere. E internet è un mezzo utilizzabile da chiunque, dal muratore semianalfabeta al professore universitario. La tecnologia sotto questo aspetto è democratica. Il problema, però, è che genera delle aspettative che non sempre diventano realtà: il passaggio dal virtuale al reale spesso crea guai». Sì, anche questioni di sesso. Quello che ha portato Antonio Palleschi, muratore di 43 anni, ad aggredire e uccidere, lo scorso 1 novembre a Sora, in provincia di Frosinone, la professoressa di inglese Gilberta Palleschi (i due non erano parenti). «Sono uscito di casa, dovevo scopare, ho preso la prima che mi è capitata», ha spiegato l’uomo durante la confessione: il 23 ottobre è prevista la prima udienza del processo in cui è imputato per omicidio volontario, occultamento e vilipendio di cadavere. E sempre una questione di sesso (e una presunta gravidanza) avrebbe spinto, secondo l’accusa, Gratien Alabi, il padre congolese più conosciuto come Padre Graziano (arrestato lo scorso 24 aprile), a uccidere Guerrina Piscaglia, sparita da Ca Raffaello, una frazione di Badia Tedalda (Arezzo), il primo maggio 2014. Pasqualino, Michele, Massimo, Giulio, Antonio e Graziano: tutti quarantenni in crisi, tutti presunti assassini. Probabilmente non è un caso.