Maria Teresa Veneziani, Corriere della Sera 25/7/2015, 25 luglio 2015
IL NUMERO PROIBITO
Qual è il numero proibito? La domanda decisamente intima è rilanciata dall’ultima commedia sexy-sentimentale Trainwrek, Quel disastro di ragazza (nelle sale dal 17/9). La bionda Amy Schumer interpreta una donna in carriera, eterna festaiola, felicemente single, almeno fino a quando non realizza di essersi innamorata di Bill Hader, bravo ragazzo che resta sconvolto quando apprende il numero di uomini con cui lei è andata a letto. In realtà, Bill non scopre esattamente quanti, perché alla domanda precisa, lei ribatte: «Quest’anno?».
Il film ha avuto un esordio ben superiore alle aspettative, incassando 30.2 milioni di dollari, con la rivista Slate.com che ripropone il dibattito: «Gli uomini sono davvero interessati al numero di partner con cui le loro fidanzate hanno dormito?». La risposta è «no» a sentire gli intervistati, tutti tra i 18 e i 35 anni. Posto che è quasi impossibile stabilire quale sia il concetto di tanto, un 32enne sposato da 12 anni butta lì una ventina, forse influenzato da Anna Faris nel film del 2011 What’s Your Number? : «20 è il numero che separa uno spirito libero dalle cause perse». Un 32enne fidanzato dice di preferire una donna che ha avuto più partner rispetto a nessuno.
Niente più giudizi morali, dunque? Ma è davvero così anche in Italia? Sembrerebbe di sì se si interpellano amici e colleghi milanesi. «Non m’importa», taglia corto Stefano impiegato 40 enne. «Ma perché, c’è ancora qualcuno che soffre di gelosia retroattiva?» ribatte un intellettuale over 50. «Sarebbe come andare in un ristorante e voler sapere in quanti sono stati a mangiare lì». Tutto bene, o quasi. Perché poi da noi vige la doppia morale. Ne è convinta Chiara Simonelli, docente di psicopatologia del comportamento sessuale alla Sapienza: «Alcuni tabù — spiega — sono caduti anche tra i 60enni. Un 40enne o un 20enne non si aspetta certo di trovare una compagna senza esperienza». Da qui a digerirne tante, però, la questione cambia. «Una 16enne che ha avuto molte storie di letto è definita una ragazza facile, brutto termine ancora in voga. Se si tratta di un ragazzo, invece, è uno che ci sa fare». Un cambiamento forte c’è stato: «Il valore della verginità è crollato. Quello che veniva considerato un punto di riferimento condiviso anche dai maschi — che non si azzardavano più di tanto a insistere con la fidanzatina — non interessa più», continua Simonelli, citando la 35enne lasciata dal fidanzato quando ha scoperto che lei non aveva avuto rapporti «spaventato dalla responsabilità». Sul comportamento, però, scatta la doppia morale. «La stessa ragazzina viene giudicata diversamente a seconda che abbia avuto due o tre relazioni serie o tante con partner sempre differenti».
«Cerco di far capire alle ragazze che non devono buttarsi via dal punto di vista fisico e psicologico» interviene Alessandra Graziottin, direttrice del centro di ginecologia e sessuologia del San Raffaele Resnati. «C’è una promiscuità impensabile rispetto a 10 anni fa», prosegue. Lo testimonia l’aumento delle malattie sessualmente trasferibili a cui si aggiungono le patologie che passano sotto il termine di ipersessualità dovute alla pornografia sul web. Che cosa risponderebbe una donna alla domanda di Bill Hader? «Oggi è facile trovare ventenni che hanno avuto anche 10/15 partner — prosegue la ginecologa —. “Ma — dicono — io sono fedelissima”. Il punto è che queste relazioni basate sull’attrazione fisica non durano più di 3-6 mesi. E spesso lei finisce a letto già la prima sera, magari con tre selfie nel mentre».
Dire che il comportamento sessuale non pesa più fa un danno alle giovani generazioni. Ne è convinta Graziottin: «Quando passiamo dal gioco della seduzione alla vita progettuale (famiglia, matrimonio e figli o lavoro) un atteggiamento molto libertino nella donna continua a incidere, seppure meno che in passato. La ragazza che posta 10 selfie con 10 ragazzi e poi cerca lavoro rischia perché la prima cosa che fanno le aziende è guardare il profilo pubblico». In Italia esiste una differenza di genere che diamo alla promiscuità. «Il maschio resta cucador, la donna può essere libertina, giudizio morale colto, altrimenti se si usa un’altra parola resta marchiata: la lettera scarlatta». Uno studio condotto dall’University of Alberta stabiliva 31 partner in media per gli uomini e 9 scarsi per la donna, lasciando intendere, però, che sull’argomento tutti mentono. «Gli uomini tendono a moltiplicare per due, le donne a dividere per tre — scherza Chiara Simonelli —. La virilità è ancora un punto fermo per l’uomo che, va detto, viene assalito dall’ansia di fronte a una donna troppo esperta, é lui che giudica se stesso». Tuttavia certi segnali non sono da sottovalutare, sottolinea Graziottin: «Uno stile super disinvolto oppure un’affettività più stabile possono diventare elementi predittivi. Se una donna vive una promiscuità gioiosa è difficile che poi possa fare a meno di quel tipo di eccitazione fisica e mentale. Il progetto di vita è molto importante. Per il divertissment nessuno si fa il problema di quanti partner hai avuto, se la prospettiva è la famiglia comincia a fare la differenza».
Ma gli americani insistono: «Gli uomini dovrebbero smetterla di pensare ai numeri e concentrarsi sulla qualità del rapporto», si accalora Emma Tessler, co-fondatrice di Dating Ring. E suggerisce l’uovo di Colombo: smetterla di contabilizzare i partner e concentrarsi sul piacere.