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 2015  luglio 26 Domenica calendario

LA RIVOLTA DEL JAMAICA: “EXPO DANNEGGIA MILANO”

[Intervista a Michela Mainini] –
Mamma Lina non c’è più, ma il Bar Jamaica di Brera resta un locale milanese carico di storia. Inaugurato nel giugno 1921, fu subito frequentato dal direttore del Popolo d’Italia, Benito Mussolini, che passava ogni mattina a bere il cappuccino e a correggere gli articoli del giornale. Sparì una mattina del ’22, improvvisamente e senza pagare il conto, inaugurando la lunga lista dei debitori illustri. Dopo il 1948, arrivarono gli studenti, gli artisti, le modelle della vicina Accademia di Brera. Gianni Dova e Bruno Cassinari, Ernesto Treccani e Raffaelino De Grada. Poi Piero Manzoni e Lucio Fontana. Negli anni Sessanta ai tavolini del Jamaica si sedettero gli scrittori, Nanni Balestrini e Luciano Bianciardi, Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo. I fotografi che sarebbero diventati grandi, Ugo Mulas e Mario Dondero. Nei Settanta, Allen Ginsberg vi trascorreva interi pomeriggi.
Oggi Michela Mainini continua la tradizione. Sempre controcorrente, se la corrente è quella della retorica di Expo. Alla favola dei 20 milioni di visitatori, delle ricadute straordinarie per la città e per l’Italia, con 3 miliardi e mezzo di sola spesa turistica indotta, ci avevano creduto anche i gestori dei locali milanesi: tra il maggio e giugno scorsi sono stati quasi cento i nuovi esercizi pubblici inaugurati a Milano, investimenti che si sommano alle ristrutturazioni, al potenziamento degli impianti e al reclutamento di nuovo personale per i bar e i ristoranti già in attività.
Solo che, nonostante il camouflage mediatico con cui il management Expo e giornali al seguito si ostinano a negare l’evidenza, la realtà che sta emergendo è un’altra: l’esposizione di Rho fa numeri bassi. Di questo passo, come ha rivelato il Fatto quotidiano, non si arriverà neanche alla metà dei visitatori previsti. La ressa dei turisti non c’è. Il milione di cinesi promessi non si vede. E il paradosso è che gran parte dei visitatori che vengono a Milano per l’Expo non va in città, si ferma negli alberghi dell’hinterland, meno cari. In più, l’esposizione cannibalizza la movida milanese. I primi a pagarne le conseguenze sono proprio i titolari di bar e ristoranti, che sono infatti sul piede di guerra e minacciano azioni di rivalsa.
In prima fila tra gli esercenti infuriati c’è proprio lei, Michela Mainini, titolare del Jamaica, il bar più citato dalla guide turistiche.
Delusi dall’effetto Expo?
Rispetto all’anno scorso, che è stata una stagione fiacca per il brutto tempo, siamo sotto del 20-30 per cento di fatturato. Se considera che per l’Expo avevo fatto delle ristrutturazioni e aumentato il personale, può capire la situazione.
Magari i turisti aumenteranno nei prossimi mesi.
Ma il problema non è solo lo scarso afflusso di turisti, è che l’Expo la sera, col biglietto a 5 euro, attira anche i milanesi e chi viene dall’hinterland, o dalla provincia. Nel week end siamo sotto del 40 per cento.
Sarebbe stato meglio non farlo?
È un investimento sbagliato. Non hanno fatto un Expo sul tema dell’alimentazione, ma un grande ristorante all’aperto. Quale fiera sta aperta fino a mezzanotte? Noi paghiamo Tasi, Tari, contributi, mentre lì è una specie di zona franca. E adesso regalano anche i biglietti ai pensionati e a chi va nei parcheggi. È concorrenza sleale. La verità è che l’Expo è stato fatto per altri interessi, non certo quello dei milanesi.
Si parla del commissario all’Expo, Sala, come candidato sindaco. Non avrà molti consensi tra i commercianti.
Se si presenta Sala i commercianti lo mettono alla gogna, ha dimostrato di non avere nessun interesse per Milano.
Pensate davvero di fare un’azione legale?
Certo: l’Expo è fatto con soldi pubblici. Come esercenti del centro ci stiamo organizzando, penso che faremo una class action.
Gianni Barbacetto e Marco Maroni, il Fatto Quotidiano 26/7/2015