Mario Platero, Il Sole 24 Ore 26/7/2015, 26 luglio 2015
L’ESEMPIO DI NEW YORK E DELLA PROTESTA DEI POLIZIOTTI
È vero, c’è stato l’annuncio di uno sciopero agli aeroporti di New York, a La Guardia e a JFK. In Piena estate, quattro giorni fa. È anche vero che in generale i cittadini newyorchesi non sono contenti del proprio sindaco: città sporca, lavori di ripavimentazione stradale che prendono tre settimane invece di due giorni, montagne di spazzatura per strada. La tentazione di rimandare al mittente, cioè al New York Times, i reportage sulla disfunzionalità romana/italiana potrebbero essere forti. Come dire, parlate della nostra pagliuzza e non vedete la vostra trave. Con ponti a rischio in tutto il paese per la mancanza di fondi per lavori pubblici e con una sensazione arrivando a JFK di sbarcare, come scrisse tempo fa Tom Friedman, «in un aeroporto da terzo mondo». Tutto il mondo è paese? Fino a un certo punto.
È bene, per chi quella tentazione di mettere uno specchio davanti al New York Times l’avesse davvero, di farla rientrare. Lo sciopero agli aeroporti a New York, cosa mai sentita, anche perché le autorità possono precettare chi svolge mansioni di interesse pubblico (ricordate Ronald Reagan e i controllori di volo?) è rientrato subito. Era gioco delle parti. E la protesta non era per una rivendicazione conflittuale, ma perché il datore di lavoro, una società di servizi che impiega 1.200 persone per conto della Delta, boicottava i dipendenti che volevano organizzarsi sindacalmente per negoziare un contratto collettivo di lavoro. L’azienda ha negato di avere sentimenti antisindacali (che invece aveva quasi di sicuro) e lo sciopero è rientrato prima ancora di partire. E la Delta aveva annunciato piani di emergenza, con l’ingaggio di personale alternativo, per minimizzare ogni disservizio.
Il ragionamento semmai dovrebbe essere opposto: rendiamoci conto che la trave, anzi il problema, è soltanto nostro. Come ha scritto ieri su queste pagine Fabrizio Forquet, siamo abilissimi nel farci harakiri. E in America il “suicidio economico collettivo” non solo non è ammesso ma è addirittura illegale. Quando si parla di trasporti pubblici, di accesso a posti pubblici, di tutela dell’ordine pubblico e così via, la linea è durissima, per una ragione semplice: non si può minacciare l’interesse collettivo per tutelare l’interesse del singolo, non si può provocare un danno economico alla comunità nel suo insieme, perché qualcuno pensa egoisticamente e ingiustamente solo e soltanto al suo interesse esclusivo.
In America è illegale prendere in ostaggio gli interessi degli altri per difendere i propri. C’è uno sciopero in un’azienda privata? Benissimo. Il problema è dell’azienda e dei suoi dipendenti. Ci sono modi per imbarazzare nei servizi pubblici la controparte senza creare un danno, senza venire meno alla propria responsabilità? Torniamo al sindaco di New York Bill de Blasio e al suo litigio con il sindacato dei poliziotti dopo che aveva pronunciato secondo i poliziotti parole infuocate contro certi atteggiamenti razzisti: ci fu uno sciopero? No, semplicemente, ai funerali di un membro delle forze dell’ordine ucciso, centinaia di poliziotti hanno voltato le spalle al proprio sindaco. E quelle foto hanno fatto il giro del mondo. Molto più efficace, elegante e responsabile di uno sciopero vero e proprio. Ma qui ci fermiamo perché da noi la parola spetta al Parlamento: è giunto il momento di prendere atto che organizzare scioperi selvaggi è un atto di violenza contro l’interesse comune e dunque la collettività dovrà trovare il modo di proteggersi. Il nostro turismo, la nostra cultura sono beni essenziali per la nostra economia. Non stupiamoci perciò se per affluenza di turisti stranieri siamo dietro la Francia e la Spagna. Non c’era bisogno del New York Times per sapere in quali paesi le cose funzionano e a quali rischi si espone un turista straniero che voglia passare qualche giorno di vacanza nel nostro altrimenti bellissimo paese.
Mario Platero, Il Sole 24 Ore 26/7/2015