Alessandro Penati, la Repubblica 26/7/2015, 26 luglio 2015
UN FISCO MIGLIORE È POSSIBILE SE OLTRE ALLE TASSE SI TAGLIANO GLI SLOGAN
Il sistema impositivo è una determinante fondamentale della crescita economica di un paese, soprattutto se, come in Italia, assorbe quasi la metà del Pil; ha grandi effetti redistributivi; e vincola la dimensione della spesa pubblica. Per questo va costruito in modo coordinato e coerente, con obiettivi chiari e trasparenti. Da noi, invece, le misure fiscali diventano slogan politici; i singoli interventi seguono le convenienze del momento; e non c’è mai un disegno complessivo.
Ultimo esempio, l’annuncio del “meno tasse per tutti” di Renzi, a partire dalla sempre gettonata tassa sulla prima casa. Tutto tranne che una riforma fiscale articolata e documentata. Come il dibattito che ne è seguito, incentrato sull’assenza della rituale dichiarazione di guerra all’evasione, o sull’amletico dubbio: ridurre le tasse è di destra o di sinistra?
Non si pretende un Libro Bianco con chiari obiettivi, misure dettagliate e stima dell’impatto sui conti. O rigore nel dibattito. Ma non si può ridurre il fisco a mero slogan. Renzi vuole vincere le elezioni nel 2018 con una nuova legge elettorale che gli permetterebbe di governare indisturbato e, in calo di consensi, spara la riduzione delle tasse per tutti. Le opposizioni, interne ed esterne, timorose che una vittoria renziana sia per loro una condanna all’irrilevanza, lo contrastano con l’arma delle argomentazioni ad effetto. Sarà pure un confronto politico vitale (o materiale per talk show di mezza estate), ma non è il modo di riformare il sistema tributario di una economia avanzata.
Parlare di tassa sulla prima casa, come fosse una questione a sé stante, è deliberatamente fuorviante.
La vera questione è: come finanzio i Comuni? Magari si riducono Imu e Tasi, per poi aumentare le imposte sul reddito (addizionale comunale e trasferimenti finanziati dalla fiscalità generale) o la tassa rifiuti (che è sempre un’imposta sulla casa) o il reddito catastale degli immobili in dichiarazione.
Se invece l’obiettivo è incentivare la proprietà immobiliare, non ha senso farlo detassando la “prima casa”, per poi discutere su come paragonare la palazzina storica in centro a Roma con quella nuova alla periferia di Catania. Con un’imposta rapportata ai prezzi di mercato (lo prevedrebbe la riforma del catasto) il problema del valore relativo degli immobili sarebbe risolto. E si potrebbe sussidiare la prima casa con una deduzione fiscale dal reddito chiara, trasparente, e mirata. Invece di slogan avremmo bisogno di una riforma fiscale organica degli enti locali e dell’imposizione sugli immobili.
Altro esempio: la tassazione delle imprese. In un’economia di mercato, le imprese investono, e assumono, solo se sperano di fare più profitti. Ridurre le imposte sugli utili per rilanciare l’economia è quindi sacrosanto. Ma dirlo chiaramente è politicamente scorretto. Così il Governo ha tolto il costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap; in questo modo ha ridotto le imposte sugli utili, potendo però affermare di aver detassato il lavoro per creare occupazione. Tutto è slogan.
Il “piano Renzi” prevede meno imposte anche per le imprese. Come? Quanto? Con l’eliminazione del costo del lavoro, la base imponibile di Irap e Ires è sempre più simile. Ottima occasione per eliminare l’Irap, accorpando le due imposte. Diventerebbe così chiaro che le imprese in Italia sono tassate al 32% circa contro una media OCSE del 25%; che potrebbe rappresentare un obiettivo concreto e un argomento di negoziazione con Bruxelles. Politicamente, si può fare? Ma poiché il sistema fiscale è interconnesso, eliminando l’Irap bisognerebbe chiarire come si finanzia la sanità regionale. Meglio confondere le acque.
Anche i proclami contro l’evasione sono solo slogan. L’Italia si è dotata di norme e strumenti efficaci per la lotta all’evasione. Bisogna utilizzarli meglio, rendendo l’Amministrazione pubblica più efficiente, e dotandola di professionalità e risorse adeguate. Eppure, leggo che per un incomprensibile questione legale l’Agenzia delle Entrate ha pochi dirigenti. E più che i proclami, sarebbe utile stimare quanta evasione è dovuta a redditi che malaffare, mafie e corruzione sottraggono all’Erario. Per far capire meglio agli Italiani che un aumento generalizzato del tasso di legalità nel Paese sarebbe anche un affare per le loro tasche.
Alessandro Penati, la Repubblica 26/7/2015