Pietro Del Re, la Repubblica 26/7/2015, 26 luglio 2015
OBAMA IN AFRICA,LA NUOVA FRONTIERA “È QUESTO IL LUOGO DELLE OPPORTUNITÀ”
NAIROBI.
È all’Africa in marcia, anzi in corsa per diminuire la povertà e far crescere la sua classe media, che si rivolge il presidente Barack Obama, nel primo giorno della sua visita ufficiale in Kenya. In una Nairobi presidiata da 13mila agenti, ai quali si sono aggiunti nell’ultima settimana 800 uomini della sicurezza americana, il presidente pronuncia una raffica di frasi appassionate e di parole incisive come slogan a favore del più depresso dei continenti. Promette investimenti e aiuti nella lotta al terrorismo, ma chiede più rigore contro la corruzione e più rispetto per i gay. «L’Africa è la nuova frontiera: non siamo qui per fare beneficenza ma perché è questo il luogo delle opportunità, anche se so che presto tornerò senza la giacca, da privato cittadino».
In mattinata, davanti a una platea di giovani imprenditori del Global Entrepeneurship Summit, esordisce dicendo che l’Africa deve diventare un «futuro hub per la crescita globale», perché è una della regioni al mondo dove si registra più sviluppo: «Siete voi la speranza di questo popolo perché fate uscire la gente dalla miseria e fate aumentare i salari sfruttando le tecnologie». Parlando del Kenya sostiene che «il Paese ha compiuto progressi incredibili, perché quando venni a Nairobi 10 anni fa aveva un aspetto diverso da quello di oggi». Ed è un riconoscimento agli sforzi realizzati dalle autorità cittadine, che per accoglierlo degnamente hanno ripulito le piazze, ricostruito i marciapiedi, ridipinto la segnaletica e ripiantato erba in ogni aiuola. Non solo: nelle ultime 48 ore hanno anche prelevato di forza mendicanti e ragazzi di strada, e li hanno rinchiusi in centri di accoglienza dove rimarranno segregati fino a stasera, quando l’Air force One decollerà verso l’Etiopia.
Così il presidente rende omaggio alle sue radici: «Per me questo viaggio è una questione personale, mio padre era di queste parti, ecco perché mi chiamo Barack Hussein Obama». Il presidente difende poi il programma “Power Africa”, da lui lanciato nel 2013, che mira a raddoppiare l’accesso all’energia elettrica nell’Africa sub-sahariana, e subito dopo annuncia che gli Stati Uniti apriranno tre centri a sostegno dell’imprenditoria femminile in Zambia, Kenya e Mali in un piano da oltre un miliardo di dollari messo a disposizione da Washington. «Perché i problemi nascono quando metà della nostra squadra rimane in panchina».
Alle due del pomeriggio, dopo aver percorso una Kenyatta avenue che nessuno ricorda di aver visto così deserta, depone una corona di gigli davanti al memoriale che ricorda le 231 vittime dell’attentato di Al Qaeda del 7 agosto 1998 contro l’ambasciata americana. Circondato da una dozzina di sopravvissuti a quell’attacco, il presidente osserva un minuto di silenzio, con folle di curiosi tenute a distanza da decine di agenti. Se la sicurezza in città è “soffocante”, per usare l’espressione di un diplomatico, la colpa è dello spettro degli Shabab: la minaccia che ancora grava sul Kenya di quegli islamisti somali legati ad Al Qaeda e autori di feroci attentati come al centro commerciale Westgate di Nairobi che nel 2013 provocò 67 vittime, o all’Università di Garissa in cui lo scorso aprile furono massacrati 150 studenti.
Della lotta al terrorismo Obama parla nel pomeriggio assieme al suo ospite, il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, al quale chiede una maggiore cooperazione tra le intelligence. «Il territorio in mano agli Shabab in Somalia è stato drasticamente ridotto, ma il problema non è risolto perché sono sempre in grado di colpire civili », spiega prima di promettere finanziamenti supplementari a favore delle forze di sicurezza kenyane, insieme a un maggiore addestramento, anche per garantire che le leggi antiterrorismo non favoriscano abusi. Con il suo omologo africano Obama discute anche di questioni economiche e di diritti umani. E sebbene Kenyatta avesse affermato che la questione degli omosessuali non sarebbe stata affrontata durante la visita, perché «ufficialmente non nel programma » dei colloqui, durante la conferenza stampa così Obama interviene sulla condizione dei gay in Africa: «Sono convinto del principio di trattare le persone in maniera uguale secondo la legge. Lo Stato non deve discriminare le persone sulla base dell’orientamento sessuale. Quando si comincia a trattare le persone in modo diverso è pericoloso ». Piccato, Kenyatta risponde che «il problema dei diritti gay non è quello più urgente per i keniani», anche se in Kenya la legge prevede fino a 14 anni di carcere per gli omosessuali.
Infine, nel pomeriggio è giunta la notizia che all’ospedale della capitale due neonati sono stati battezzati “Air Force One”: sono venuti al mondo venerdì sera, nel preciso momento in cui l’aereo presidenziale toccava terra a Nairobi.
Pietro Del Re, la Repubblica 26/7/2015