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 2015  luglio 24 Venerdì calendario

L’ultima frontiera risponde al nome di Yoox, il colosso dell’e-commerce quotato in Borsa che offre a portata di un click la possibilità di accaparrarsi capi griffati a prezzi contenuti

L’ultima frontiera risponde al nome di Yoox, il colosso dell’e-commerce quotato in Borsa che offre a portata di un click la possibilità di accaparrarsi capi griffati a prezzi contenuti. Abbigliamento e accessori, che siano scarpe, borse o gioielli, passano ormai sempre più dal web, reo d’aver spazzato via, nell’ultimo decennio, la “vecchia” vendita per corrispondenza. Una formula che in Italia ha fatto tuttavia grande e lunga fortuna, tra l’inizio degli anni ’60 e la fine degli anni ’80, grazie a realtà come Postalmarket. L’azienda di Peschiera Borromeo, a un passo dall’aeroporto di Linate, ha scritto un’indelebile pagina di storia del Paese. Industriale anzitutto, ma anche di costume. Ed estesa ben oltre i confini del comune lombardo che per oltre 40 anni ne ha ospitato il quartier generale. Le sue ultime pagine, Postalmarket Spa le ha scritte infatti in Friuli, che da ultimo ne ha ospitata pure la sede legale, a Ronchis di Latisana. In via delle Industrie. La stessa del gruppo Bernardi. Naturalmente non a caso. Nel 2003, Riccardo di Tommaso, leader del gruppo di abbigliamento friulano, rilevò infatti Postalmarket con l’obiettivo di rilanciarla. A distanza di anni da quel tentativo, l’epopea si è conclusa giorni fa. A Udine. Su istanza presentata dall’amministratore straordinario del gruppo Bernardi (titolare del 60 per cento della Spa), il tribunale ha infatti decretato il fallimento di Postalmarket e nominato la commercialista Daniela Scarel alla curatela. La parola “fine” viene scritta a 56 anni dall’uscita del primo catalogo. American way. L’azienda nasce nel 1959 da un’idea di Anna Bonomi Bolchini, la “lady della finanza” come l’avevano soprannominata i giornali economici dell’epoca, leader - per intenderci - di aziende come Mira Lanza, Saar, Invest e ancora costruttrice del milanesissimo Pirellone. E’ lei ad importare in Italia un modello già in voga negli Stati Uniti: la vendita per corrispondenza. Con la formula del catalogo, che dapprima si acquista in edicola (poi verrà spedito gratuitamente in centinaia di migliaia di case italiane) rendendo così accessibili ai consumatori i prodotti reclamizzati da Carosello. Così, l’azienda cresce ininterrottamente durante gli anni ’60 e ’70 e ancora nel decennio successivo, quando, superato un momento di difficoltà, arriva a fatturare 600 miliardi di lire. Gestisce 45 mila spedizioni giornaliere, occupa ben 1.400 persone e può contare sulla collaborazione di stilisti come Krizia, Coveri e Biagiotti. Specie nei piccoli paesi di provincia, dove i negozi erano poco forniti o mancavano del tutto, Postalmarket regalò alla gente la possibilità di avere a prezzo modico capi d’abbigliamento dello stile di quelli indossati dalle annunciatrici in tv oppure pubblicizzati dal Carosello. Il meccanismo era facile. Fatta la scelta sul catalogo si compilava l’ordine, si spediva la cartolina e si attendeva pazientemente, anche diverse settimane, che l’ordine fosse consegnato. La velocità negli anni in cui Postalmarket fece fortuna contava poco. La moda, quella della gente comune, non era mordi e fuggi come oggi, ma destinata a durare, una volta nell’armadio, finché l’abito era buono. Al netto dei tempi, chi sfogliava Postalmarket era animato dalla stessa attrazione per la moda che oggi spinge centinaia di migliaia di persone a navigare sulle pagine dei più noti siti di e-commerce: Yoox, Zalando o Netaporter. Le fashioniste potrebbero tranquillamente ritrovarsi nel noto jingle anni ’80: “Con Postalmarket sai, uso la testa e ogni pacco che mi arriva è una festa”. Dopo ben due cambi di mano che negli anni Novanta hanno visto avvicendarsi a capo dell’azienda il colosso tedesco Otto Versand, quindi il senatore Eugenio Filograna, Postalmarket finisce, con il nuovo millennio, nel mirino dell’imprenditore friulano Riccardo Di Tommaso che rileva l’azienda dall’amministrazione straordinaria, portando a casa l’attività industriale, i marchi e l’enorme stabilimento di Peschiera Borromeo. Il contratto d’acquisto viene firmato il 17 luglio 2003 con l’obiettivo - lo ricorda l’ultimo avvocato di Postalmarket, l’udinese Massimiliano Basevi - di rilanciare l’azienda. Di Tommaso fa così rinascere il catalogo, con due edizioni per stagione, lo spedisce in centinaia di migliaia di copie, riassorbe inizialmente circa 150 dei 500 lavoratori occupati dall’impresa e spinge sull’acceleratore della pubblicità, arrivando a sponsorizzare, dal febbraio 2004, l’Udinese con tanto di marchio in bella mostra sulla maglia. Insomma, in stretta sinergia con il suo core business, l’imprenditore riavvia la macchina delle spedizioni. E arriva - nel corso dei suoi 4 anni di gestione - a riportare il fatturato intorno ai 16 milioni di euro. Un’avventura che termina nel 2006, quando Di Tommaso, dinanzi al boom dell’e-commerce, vende l’attività industriale (leggi l’indirizzario) al colosso francese “La Redoute” tenendosi però la Spa con le sue proprietà in Lombardia, usate per qualche anno come magazzino Bernardi, quindi “dimenticate”. Fino al fallimento decretato a Udine che scrive ora una nuova “fine” in calce all’epopea dello storico catalogo. Non però del marchio, che in mano a terzi potrebbe riservare chissà quali sorprese. Magari online.