Sara Gandolfi, Corriere della Sera 25/7/2015, 25 luglio 2015
DALLA NOSTRA INVIATA LONDRA
S’intuisce subito che Alba Fedeli è più a suo agio nelle stanze poco frequentate di biblioteche e archivi piuttosto che sotto i riflettori. Eppure stavolta non può sottrarsi al momento di celebrità. «Sì, mi stanno cercando in tanti, dal New York Times ai giornali inglesi, il telefono dei miei genitori in Italia continua a squillare», spiega la ricercatrice milanese al Corriere .
D’altra parte la sua impresa non è da poco, anche se lei tende a minimizzare: ha scoperto a Birmingham, in Inghilterra, il più antico Corano del mondo. O meglio, puntualizza con esagerata umiltà, «ho speso tempo e studiato queste due pagine, che erano già state catalogate dalla Library dell’università. Ho scoperto semmai un altro frammento, più piccolo, che nel catalogo era registrato come testo sconosciuto». Altrettanto antico? «Dall’analisi della scrittura ritengo che anch’esso risalga al VII secolo, ma in questo caso non abbiamo effettuato la datazione al carbonio 14».
È la tecnica con cui l’università di Oxford ha stabilito che il primo manoscritto risale, con certezza, ad un periodo compreso tra il 568 e il 645: potrebbe essere stato scritto, in arabo antico, meno di vent’anni dopo la morte del Profeta.
Un pezzo rarissimo, che dal 1932 si trovava nella biblioteca dell’università: era stato venduto da un commerciante olandese ad Alphonse Mingana, prete collezionista che aveva poi ceduto il suo tesoro all’ateneo.
«Chi lo ha vergato potrebbe avere conosciuto di persona Maometto», ipotizza l’islamista David Thomas. Alba è più prudente: «Preferisco dire che risale agli inizi dell’Islam, anche perché onestamente non ho interesse a fare una gara per il primato».
La competizione non è proprio nelle corde di questa ricercatrice di 45 anni — «sposata, ma non chiedetemi altro di personale» — che con pazienza certosina ha inseguito la sua passione tra i manoscritti antichi.
Laureata nel 2000 all’Università Cattolica di Milano, allieva del grande arabista Sergio Noja Noseda, la Fedeli ha poi insegnato, a contratto, all’Università Statale. «A un certo punto ho scoperto che qui a Birmingham si trovava quel piccolo frammento di Corano e l’ Institute for Textual Scholarship and Electronic Editing , leader nella filologia digitale».
Non ci ha messo molto a lasciare l’insegnamento da precaria a Milano per iniziare, con una borsa di studio, la nuova avventura a Birmingham.
«Qui ho scoperto che si può lavorare, e vivere bene, con i progetti di ricerca». Conquistato il PhD, ora è pronta a rifare le valigie: «Inizio un progetto di ricerca alla Central European University di Budapest, con cui forse riuscirò a superare i dubbi sulla datazione, applicando la filogenetica ai manoscritti — spiega Alba Fedeli — ossia impiegando gli stessi software che si utilizzano nell’analisi del Dna sui frammenti di testo antichi. È provato che i cambiamenti nei manoscritti funzionano allo stesso modo delle mutazioni nel Dna».
Perché non in Italia? «Sinceramente non avrei saputo a chi chiedere. E poi, non vorrei offendere nessuno, ma qui in Gran Bretagna e in altri Paesi europei è molto diverso il modo di fare ricerca: si dà importanza al progetto, indipendentemente dalla persona che lo presenta». Pausa. «Però io non sono contraria a studiare in Italia, se qualcuno fosse interessato al mio progetto...».