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 2015  luglio 25 Sabato calendario

C’è un baco nell’Italicum. Un piccolo, ma significativo, dettaglio che rischia di creare un grande cortocircuito

C’è un baco nell’Italicum. Un piccolo, ma significativo, dettaglio che rischia di creare un grande cortocircuito. E che dunque potrebbe costringere il Parlamento a rimettere mano alla legge elettorale. Ufficialmente per una modifica tecnica. Con grande gioia delle opposizioni (e di parte della maggioranza, da Ncd ai dissidenti Pd), che potrebbero cogliere l’occasione per inserire quelle modifiche «politiche» che chiedono da tempo. Riaprire il dossier Italicum è un rischio che il governo vuole a tutti i costi evitare. Ma potrebbe essere costretto.
Il meccanismo
Per spiegare la vicenda partiamo dalle basi. La nuova legge elettorale stabilisce il metodo di assegnazione dei seggi della Camera dei Deputati (non del Senato, che secondo la riforma costituzionale è destinato a non essere più elettivo). Per farlo, l’Italia è stata divisa in 20 circoscrizioni e cento collegi plurinominali. In ognuno di essi - dice l’articolo 2 della legge, al comma 3 - «è assegnato un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a nove» (attenzione a quest’ultimo passaggio, ci torneremo più avanti). La definizione dei confini dei collegi è un lavoro delicato, tanto che il governo ha affidato il compito a una commissione di esperti guidata da Giorgio Alleva, presidente dell’Istat (salvo poi modificarne alcuni, come raccontato ieri da La Stampa). E dunque ad ogni collegio è stato attribuito un numero ben definito di seggi. In realtà, la prima simulazione pratica ha dimostrato che non sarà così. Alcuni collegi avranno meno seggi di quelli che gli spettano e saranno dunque sottorappresentati. Viceversa, altri collegi saranno sovrarappresentati.
La simulazione
Se ne sono accorti al Servizio Studi della Camera dei Deputati, dove hanno effettuato una simulazione utilizzando i dati elettorali delle Europee del 2014. Con la mappa delle circoscrizioni e dei collegi sul tavolo, hanno iniziato a distribuire i seggi ai vari partiti in ognuno dei cento collegi. Seguendo il meccanismo previsto dalla stessa legge elettorale: calcolo dei quozienti interi, calcolo dei resti e via dicendo, secondo un tecnicismo che qui non stiamo a spiegare nel dettaglio, ma che prevede l’assegnazione dei seggi ai partiti nei collegi in cui hanno avuto una performance migliore. Ed è proprio questo che va a incidere sul numero di seggi spettanti ad ogni collegio. Risultato: in 52 di essi, più della metà, non è stato rispettata la quota di seggi prevista. In alcuni casi sono uno o due in più, o in meno, del previsto. In un collegio (Puglia 3, che corrisponde a parte della provincia di Bari) i seggi in più sarebbero addirittura 3. Con un evidente squilibrio tra collegio e collegio.
Le sproporzioni
Facciamo qualche esempio. In Piemonte, il collegio corrispondente alla provincia di Cuneo (Piemonte 8), avrebbe diritto a sei seggi per rappresentare i suoi 586.378 abitanti. E invece - nella simulazione con i dati delle Europee 2014 - finirebbe per averne ben otto. Mentre i 643.246 abitanti del collegio Piemonte 6 (che comprende i Comuni della cintura di Torino) rischiano di trovarsi con soli sei deputati anziché i sette previsti. Due in meno della provincia di Cuneo, nonostante un numero maggiore di elettori. Abbiamo usato l’esempio piemontese, ma situazioni simili si trovano in tutte le regioni. Prendiamo il collegio Lombardia 7, che conta 516.017 abitanti nella provincia di Monza e Brianza. Avrebbe diritto a cinque seggi, ma rischia di trovarsi con soli tre deputati.
La contraddizione
E poi c’è il problema della legge che contraddice se stessa. Dalla simulazione viene infatti fuori che alcuni collegi eleggeranno dieci deputati: in questo caso Puglia 3 (parte della provincia di Bari) e Veneto 7 (parte della provincia di Venezia). Ma la legge stessa dice che il numero di deputati per ogni collegio non può essere superiore a nove. Come ne verranno fuori?