Andrea Montanari, MilanoFinanza 24/7/2015, 24 luglio 2015
FINANCIAL RIMES FINISCE IN GIAPPONE –
Il compratore che non t’aspetti. Dopo giorni di indiscrezioni sulla possibile vendita del Financial Times da parte del gruppo editoriale inglese Pearson, ieri è arrivata l’ufficialità del closing. Ma la prestigiosa testata (737 mila copie diffuse, il 70% delle quali in versione digitale) non è finita nel portafoglio del big tedesco Axel Springer, neppure nel bouquet della casa editrice dell’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, né in quello del gruppo Thompson-Reuters. Non è stato comprato, come ultima suggestione del web e nella scia del deal Amazon-Washington Post, dalla dinamica internet company Usa Buzzfeed. L’Ft è stato comprato, a sorpresa, dalla Nikkei Inc, la società giapponese che gestisce l’omonima testata finanziaria, che ha dato il nome all’indice di borsa e che l’anno scorso ha fatturato oltre 170 miliardi di yen (1,28 miliardi di euro).
L’operazione si è chiusa per un controvalore di 844 milioni di sterline (1,18 miliardi di euro) e prevede la cessione da parte di Pearson al gruppo giapponese della testata, del sito e dei prodotti allegati How to Spend It, Ftlabs, FtChinese, the Confidentials e le altre pubblicazioni (The Banker, Investor Chronicle, MandateWire, Money-Media e Medley Global Advisor). Mentre fuori dal perimetro della cessione sono rimasti la partecipazione del 50% nel settimanale The Economist e la sede di proprietà dell’Ft a Londra. La scelta di Pearson, che ha controllato per quasi 60 anni la testata finanziaria è stata spiegata così: meglio cedere a un competitor globale il giornale, per concentrarsi sul business dell’educazione e della formazione scolastica. Ma non si può negare che dietro alla cessione del quotidiano diretto da Lionel Barber ci siano anche motivazioni prettamente economiche. L’Ft, che nel 2014 ha garantito ricavi 334 milioni di sterline (su un giro d’affari consolidato di 4,87 miliardi di sterline) con un profitto operativo di 24 milioni (su un dato totale di gruppo di 720 milioni) porterà risorse – il gruppo Nikkei pagherà cash – e plusvalenza per abbattere il debito di Pearson che alla fine dello scorso anno ammontava a 1,64 miliardi di sterline. In quest’ottica, probabilmente, va vista anche l’altra recente dismissione definita a metà giugno dal colosso inglese: il software PowerSchool è stato ceduto al fondo Vista Equity Partners per 350 milioni di sterline.
L’interesse della società giapponese, invece, non ha solo una spiegazione di posizionamento su scala europea e internazionale. Ma ha una valenza anche editoriale. I primi tre quotidiani più diffusi al mondo sono, infatti, quelli del Paese del Sol Levante: svetta lo Yomiuri Shimbun con 9,9 milioni di copie giornaliere, seguito da The Asahi Shiumbun (7,6 milioni di copie) e dal Mainichi Shimbun (3,4 milioni). Ma nella top ten globale figurano altre due testate giapponesi: il Nikkei (2,9 milioni) per l’appunto, al sesto posto assoluto e il Chunichi Shimbun al nono con 2,6 milioni di copie. Numeri nettamente superiori a quelli dell’Ft e degli altri principali quotidiani europei e americani. Solo la tedesca Bild (2,7 milioni di copie) è in top ten. L’altro tabloid inglese, The Sun, è undicesimo al mondo con 2,4 milioni di copie seguito dal Wsj (2,3 milioni).