Emanuele Coen, l’Espresso 24/7/2015, 24 luglio 2015
NEGRONI
Firenze. Non è scontato buttare giù d’un fiato un libro di oltre 200 pagine sulla storia di un cocktail. Il discorso cambia se il drink è il Negroni e l’inventore il conte Camillo Negroni, vissuto agli inizi del Novecento tra i salotti della Firenze bene, i riti della Golden Age of Cocktail americana, gli storici caffè fiorentini Casoni e Giacosa. Fino all’intuizione geniale: aggiungere un terzo di Gin al cocktail Milano-Torino (che poi si chiamerà Americano), composto da Vermouth rosso e Bitter Campari. Nasce così il cocktail italiano per eccellenza, che anche James Bond ordina nel racconto "Risiko" del 1960. Incuriosito da una fotografia del conte datata 1915, Luca Picchi, capobarman del Caffè Rivoire, ha scartabellato documenti e interpellato testimoni, per ricostruire un pezzo di storia nel libro "Negroni cocktail" (Giunti, in collaborazione con Campari). «Oggi, a sedici anni da quella scoperta, la voglia di sapere è ancora viva», scrive Picchi, appassionato di jazz e amico di Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, che firma l’introduzione.