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 2015  luglio 24 Venerdì calendario

IL RAGAZZO CHE MISE IL SUO TALENTO DENTRO UN BAULE

Duecentomila documenti, 23 mila oggetti — tra cui valigie di principi e maharaja — sono custoditi ad Asnières, cuore della storia Louis Vuitton. Una parte sono in mostra, su appuntamento, alla Galèrie, sorta di museo di famiglia che sorge accanto agli atelier dove ancora vengono prodotti a mano bauli su ordinazione e le borse per le sfilate.
Nel 1987 la maison si è fusa con Moët Hennessy creando Lvmh, e due anni dopo Bernard Arnault ha preso il controllo del gruppo facendone il leader mondiale del lusso. Ma la marcia era cominciata molto prima, e a piedi: nel 1835, figlio di un falegname e orfano di madre, il quattordicenne Louis Vuitton lascia il villaggio di Anchay, nelle montagne dello Jura, per raggiungere Parigi camminando 450 chilometri. Comincia a lavorare come garzone di bottega presso il signor Maréchal, che si occupa di imballaggi e bauli. Louis si dimostra volenteroso e soprattutto pieno di talento, e il capo gli affida i clienti più importanti. Nel 1852 Louis confeziona un “nécessaire da viaggio” per l’imperatrice Eugenia, due anni dopo sposa Clémence Émilie Parriaux, si mette in proprio e apre un laboratorio al numero 4 di rue Neuve-des-Capucines, dove comincia a fabbricare bauli che diventeranno presto celebri per la qualità, l’attenzione al dettaglio e un’idea che a posteriori può sembrare banale: la forma squadrata.
Fino a quel momento i bauli tradizionali avevano la parte superiore bombata. Ma nella seconda metà dell’Ottocento le automobili cominciano a prendere il posto delle carrozze a cavalli, i viaggi si fanno più facili e frequenti, e un baule piatto, con la forma di un perfetto parallelepipedo, è più facile da impilare assieme agli altri bagagli. Louis Vuitton elimina la bombatura e si impone come il malletier più moderno. Nel 1859 si trasferisce ad Asnières, alle porte di Parigi, per fondare la casa di famiglia e soprattutto laboratori più grandi, che gli servono per tenere testa alle richieste. Louis si fa arrivare i carichi di pioppo, il legno che usa per i bauli, a bordo di chiatte che attraversano la Senna, un sistema più veloce ed economico di quello su strada.
Il figlio del falegname arrivato a Parigi a piedi pensa su scala globale, ancora relativamente inusuale a quei tempi. Mentre i concorrenti si disputano il mercato certo non trascurabile della capitale, lui guarda al mondo anglosassone, cerca clienti a Londra e negli Stati Uniti, intuendo da subito che il savoir-faire francese è un valore in sé. Nel 1867 è uno dei 52 mila e 500 espositori dell’Esposizione universale di Parigi, visitata da 15 milioni di persone.

Da Londra a New York. Nel 1871 apre il primo negozio “Louis Vuitton Paris” al numero 1 di rue Scribe, vicino all’Opéra. I suoi bauli sono costruiti in serie ma anche fatti su misura a richiesta dei clienti, come accade spesso soprattutto con i facoltosi acquirenti in arrivo dall’Oriente. In questi anni il fondatore Louis viene affiancato dal figlio George, che sostiene con entusiasmo l’espansione della maison all’estero: è lui a occuparsi del primo negozio a Londra, in Oxford Street, nel 1885, e poi di quelli a New York e Philadelphia. Dopo la morte di Louis, nel 1892, George prende in mano le redini dell’azienda e quattro anni dopo in omaggio al padre disegna il “monogram”, il celebre logo dalla casa Louis Vuitton.
George Vuitton è l’uomo che dà definitivamente all’azienda un respiro globale: il “monogram” è un esempio di design ma anche la voglia di cominciare a combattere una battaglia che accompagnerà il marchio per il resto della sua esistenza, quella contro la contraffazione. La «L» e la «V» sovrapposte, più difficili da copiare, entrano nella storia del lusso.
Il negozio è vicino alla sede dell’Automobile Club de France, e Georges Vuitton cerca di cavalcare il crescente interesse per i viaggi in automobile. Nel 1897 presenta un prototipo di baule da auto da personalizzare poi secondo le richieste delle star del momento. Fred Astaire chiederà, per la sua Rolls Royce, un baule pensato per contenere tuba, smoking, guanti, bastone, sciarpa da sera e set da picnic “tea-for-two”. Nel 1924 i laboratori di Asnières producono le valigie per le grandi spedizioni in automobile organizzate da Citroën, la Crociera Nera attraverso l’Africa e la Crociera Gialla dal Mediterraneo al Mar della Cina.
Nel 1936 Georges passa la mano a Gaston-Louis, il collezionista della famiglia: è lui a conservare migliaia di pagine di documenti, modelli, numeri di serie di serrature in modo da potere rifare le chiavi di qualsiasi baule prodotto nei laboratori di Asnières. Gaston-Louis, figlio maggiore di Georges, terza generazione della famiglia, è appassionato di design, e si dedica all’«arte di creare una vetrina, che necessita di un senso acuto dell’architettura e delle competenze di un regista».

Ordini speciali. Dopo la guerra, una delle figlie di Gaston-Louis, Odile, sposa l’industriale Henri Racamier, al quale nel 1977 chiederà di occuparsi degli affari di famiglia: Louis Vuitton è allora un’azienda prestigiosa ma dalle dimensioni relativamente modeste. Racamier la trasforma in un impero, lanciando una rete di proprie boutiques in tutto il mondo, mossa che permette di aggiungere ai ricavi i margini della distribuzione e che si rivela vincente. Nel 1989, alla vigilia della presa di controllo da parte di Bernard Arnault, la cifra di affari è moltiplicata per 60. Oggi il nipote di Gaston-Louis, Patrick Louis Vuitton, resta il garante del savoir faire della casa nonché direttore degli ordini speciali: dalla custodia per una delle chitarre di Jimi Hendrix al bauletto per la degustazione del caviale.