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 2015  luglio 24 Venerdì calendario

IL GIAPPONESE NIKKEI RIVELA IL FINANCIAL TIMES

«Dovranno passare sul mio cadavere per vendere il Financial Times». È bastato che Marjorie Scardino se ne andasse - viva e vegeta fortunatamente - dal gruppo Pearson perché il motore dei rumors sul destino del quotidiano economico e finanziario londinese partisse a pieno regime. Ieri, due anni e mezzo dopo l’arrivo di John Fallon nel ruolo di ceo, le chiacchiere si sono fatte deal. Il più sorprendente e inatteso deal dell’editoria britannica. I giapponesi di Nikkei sono i nuovi proprietari di un pezzo di establishment inglese. Lo hanno pagato caro: 844 milioni di sterline che un calcolo molto approssimativo suggerisce essere un multiplo elevato. Nel 2013, Ft group fece 29 milioni di sterline di profitto e un fatturato di 341 milioni. «Dopo di allora - precisa Claudio Aspesi, senior analyst di Bernstein – i risultati del quotidiano sono stati inseriti nella più vasta area “professional” del gruppo Pearson che lo scorso anno fatturò 1,1 miliardi con 104 milioni di utili». Risulta comunque che nel 2014 il fatturato di Ft Group sia rimasto in linea con l’anno precedente e l’utile operativo sia arrivato a 24 milioni a fronte di una diffusione di 720 mila copie di cui due terzi digitali (sito web a pagamento incluso).
Continua pagina 22 Leonardo Maisano

Continua da pagina 21 LONDRA
Il prezzo – include anche i milioni necessari per sanare il fondo pensione interno del gruppo - è inferiore al miliardo di sterline indicato da giorni come valore possibile. «Saremmo stati - precisa Aspesi - di fronte a un multiplo sorprendente». In realtà il calcolo non è troppo lontano perché Pearson si tiene alcuni gioielli legati alla testata economico-finanziaria: il palazzo di Southwark sulle rive del Tamigi davanti alla City e il 50% dell’Economist group. Una quota importante, ma che non ha mai garantito a Pearson la gestione del settimanale di Saint James, controllato da famiglie celebri di Gran Bretagna e del resto d’Europa, Agnelli inclusi. Passa a Nikkei, invece, Vedomosti, il quotidiano russo partecipato da Ft e le altre testate del gruppo, da The Banker a Investors.
«Pearson – ha commentato il ceo John Fallon – è stato orgoglioso proprietario di Ft per 60 anni, ma siamo arrivati a un punto critico prodotto dall’esplosiva crescita di mobile e social media. In questo contesto il modo migliore per garantire a Ft successo giornalistico e commerciale è inserirlo in una dei più prestigiosi gruppi media globali. Person è focalizzato sull’area educational, Ft sul giornalismo. Questo accordo consente a tutti di sviluppare al meglio il proprio potenziale».
Nikkei non era l’unico pretendente nonostante il pudore di John Fallon attento a non svelare i dettagli di quella che a tanti è sembrata un’asta ben calibrata in almeno un anno di discussioni che hanno coinvolto oltre a John Fallon, il ceo di Ft John Ridding e al direttore del quotidiano, Lionel Barber. La selezione è durata a lungo e i nomi più frequenti sono stati quelli di Bloomberg, Thomson Reuters, ci sarebbe stata qualche avance di NewsCorp ma soprattutto l’interesse dei tedeschi di Axel Springer che pubblicano la popolare Bild, ma anche il pretigioso Die Welt. E proprio quando Springer sembrava essersi guadagnato la testata della City, dalla Germania è giunta una secca smentita. Il silenzio che ne è seguito è stato subito riempito dalla sorpresa per la mossa di Nikkei.
Sorpresa, ma anche sollievo. Un passaggio a Bloomberg – considerato da sempre il pretendente naturale – è da sempre visto con sospetto e scetticismo,un’improbabile acquisizione da parte di Murdoch, molto, molto peggio. Ma anche Springer poteva creare resistenze. Nikkei ha, in teoria, il physique del padrone meno invadente fra tutti i papabili, mosso da un obiettivo che John Fallon ha reso esplicito nel conferenza stampa di ieri replicando a chi indicava l’alto prezzo pagato per il trofeo della City. «Nikkei – ha detto - vede l’Asia e gli Stati Uniti come il mercato naturale, quello di maggior sviluppo per il Financial Times e considera questa operazione un investimento di lungo periodo». Ora resta da vedere che cosa Pearson farà della quota nell’Economist e di quella nella casa editrice Penguin, business che non gestisce e che sono fuori dal focus educational che John Fallon considera l’unico core business.
La Borsa lo ha ieri premiato con un balzo del 2% del titolo, ma oggi, quando il gruppo britannico darà i risultati del trimestre, si chiarirà una strategia che deve fare i conti con un’improvvisa iniezione di liquidità. Milioni, tanti, in cambio di un pezzo di gloriosa storia dell’editoria britannica.