Armin Bogdandy, Guntram Wolff, Marcel Fratzscher, Il Sole 24 Ore 24/7/2015, 24 luglio 2015
PER IL TRATTATO UE RISTRUTTURARE SI PUO’
Il danno maggiore dello scontro con la Grecia è la perdita di fiducia generale. Affinché la Grecia torni a crescere, cittadini, imprese e investitori devono avere fiducia nelle capacità future del Paese. A questo scopo, naturalmente, da una parte occorre un governo legittimo e competente, dall’altra un’amministrazione e una giurisdizione efficienti. Un altro elemento centrale, però, è costituito dalla questione del debito, anche se essa, a breve termine, ha un’importanza marginale. Nessuno mette in dubbio l’analisi dell’Fmi, secondo cui la sostenibilità dei debiti che gravano sullo stato greco costituisce un presupposto fondamentale per il suo risanamento.
Il terzo programma oggi in discussione dovrebbe in primo luogo riportare la Grecia alla condizione in cui si trovava alla fine del 2014, quando l’aspettativa di crescita era prossima al 3 per cento. Il terzo programma di aiuti è quindi tutt’altro che un programma di trasferimenti: il suo scopo è quello di rafforzare l’economia greca tutelando i crediti e le garanzie dei creditori. Gran parte dei pagamenti servirà per la conversione del debito stesso. Ma non basta: l’attuale associazione tra debito e appartenenza o meno all’unione monetaria determina un circolo vizioso che accresce l’insicurezza, indebolisce la crescita e rende più difficile il rimborso del debito. In Grecia non potrà esserci fiducia né crescita se non si troverà una soluzione appunto al problema del debito.
La nostra proposta è quella di interrompere tale circolo vizioso legando gli interessi sul debito alla crescita dell’economia greca e anche a una moratoria condizionata del debito. Una Grecia che non cresce non pagherà interessi né quote di ammortamento del capitale. Maggiore sarà la crescita, più alti saranno gli interessi e i rimborsi a favore dei creditori europei. La moratoria del debito significa che nel 2022 quando, in base agli accordi attuali, la Grecia dovrà rifondere il debito nei confronti dei creditori europei, potrà dilazionare i pagamenti e ridurre il peso degli interessi qualora il suo Pil non raggiunga un determinato livello.
Una soluzione del genere porrebbe fine all’insicurezza e riconoscerebbe la crescita greca come un problema europeo, oltre che come presupposto del suo dovere di sanare il debito. Permettendo il ritorno della stabilità e della fiducia nella pianificazione futura. Facendo in modo che l’attuale scontro politico non abbia più terreno fertile. Non è vero che un approccio del genere toglie ogni impulso alle riforme. Un governo avrà sempre grande interesse ad attuare riforme che favoriscano la crescita, ad esempio per ridurre la disoccupazione. Naturalmente occorrerà grande attenzione nel formulare il programma in modo tale che eviti impulsi controproducenti. Il progetto è possibile e le condizioni sono favorevoli.
Una soluzione di questo tipo sarebbe vantaggiosa anche per i creditori, dal momento che, in caso di bassa crescita, si renderà inevitabile un taglio del debito mentre, in caso di crescita marcata, come accaduto per l’Irlanda, tale taglio non potrà essere giustificato. Una soluzione del genere peserebbe solo in minima parte sui bilanci dei creditori e non avrebbe conseguenze degne di tal nome sul pareggio di bilancio tedesco.
Una moratoria dei pagamenti come quella che proponiamo, economicamente parlando una sorta di ristrutturazione del debito greco nei confronti dei creditori pubblici, cioè degli altri Stati membri dell’Eurozona, del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del Fondo salva-Stati, è ammissibile dal punto di vista giuridico. L’opinione del ministero delle Finanze tedesco, che chiede una Grexit temporanea, non convince. Nella causa Pringle, infatti, la Corte di giustizia dell’Unione Europea, in base all’articolo 125 del Trattato sul funzionamento della Ue, ha deciso che gli Stati membri possono «concedere assistenza finanziaria» a un altro Stato membro dell’Eurozona, «purché le condizioni collegate a siffatta assistenza siano tali da stimolarlo all’attuazione di una politica di bilancio virtuosa». Certamente questa sentenza non aveva come oggetto il taglio del debito, ma soltanto l’assistenza finanziaria. In seguito la Corte di giustizia Ue , in merito all’introduzione delle Omt da parte della Bce, ha deciso che persino la Banca centrale europea può assumersi «un notevole rischio di perdite», a patto che agisca nei limiti del suo mandato. Certamente, in questa sede, la Corte di giustizia non ha deciso in maniera esplicita che la Bce possa partecipare a una ristrutturazione.
Secondo la logica sottostante alla motivazione, sembrerebbe quasi potersi concludere che, in ultima analisi, è possibile accettare un taglio del debito a patto che tale misura sia necessaria per mantenere una politica monetaria unitaria. Se questo principio vale per la Bce, il cui quadro legislativo è particolarmente rigido a causa del divieto di finanziamento monetario a favore degli Stati, allora una ristrutturazione del debito greco detenuto da altri Stati membri, dall’Efsf e dal Esm non violerebbe l’articolo 125 del Trattato. Volendo considerare la cosa con un atteggiamento orientato verso il risultato, tutto ciò può prevedere anche la moratoria condizionata del debito che qui suggeriamo.
E ancor meno la Costituzione vieta in principio la possibilità di una ristrutturazione. Dalle argomentazioni della Corte costituzionale tedesca sull’Esm si desume che il rischio finanziario legato ai programmi di assistenza finanziaria deve rimanere sostenibile e rispettare l’autonomia di bilancio del Bundestag. È il caso dell’Esm: il trattato che lo istituisce pone infatti un tetto ai rischi finanziari per la Repubblica Federale Tedesca. La possibilità di un taglio del debito viene quindi senz’altro contemplata, pur non venendo menzionata esplicitamente la sua ammissibilità costituzionale. Certamente molte questioni di costituzionalità non sono ancora state chiarite, ma la nostra proposta si muove nella direzione delle decisioni assunte finora.
L’ammissibilità di una moratoria del debito ha due condizioni. Una ristrutturazione deve per prima cosa essere strettamente necessaria per la salvaguardia dell’Eurozona, come testimoniato dall’Fmi nel caso del debito greco. In secondo luogo, la ristrutturazione dev’essere accompagnata da un programma di riforme strutturali improntato al rigore di bilancio e a trasformazioni profonde e durature. È quel che speriamo verrà stabilito nel terzo programma. Oggi come non mai vi sono i presupposti per una radicale modernizzazione dello Stato greco: alla guida c’è un nuovo Governo, il Paese si è dichiarato pronto a imporre approfonditi controlli, inoltre il popolo greco ha appena vissuto una sorta di “esperienza di pre-morte”.
I motivi giuridici, quindi, non escludono la possibilità di legare il debito alla crescita greca o a una moratoria condizionata del debito stesso. Dal punto di vista economico, una tale soluzione non solo aumenterà la probabilità di rimborso. Soprattutto dimostrerà che la Germania e gli altri creditori hanno interesse ad aiutare la Grecia e a garantire la stabilità dell’Eurozona.
Armin Bogdandy, direttore dell’Istituto Max Planck di Heidelberg
Guntram Wolff, direttore dell’Istituto Bruegel
Marcel Fratzscher, presidente del Diw di Berlino
(Traduzione di Giovanni Giri)