Sergio Romano, Corriere della Sera 24/7/2015, 24 luglio 2015
Mi pare che il giudizio degli storici nei confronti di Guglielmo II di Hohenzollern sia tutt’altro che positivo
Mi pare che il giudizio degli storici nei confronti di Guglielmo II di Hohenzollern sia tutt’altro che positivo. Recentemente ho letto che l’intervista che rilasciò al Daily Telegraph e fu pubblicata il 28 ottobre 1908 parrebbe attestarlo. Non capisco se avesse intenzione di guadagnare la stima e la simpatia degli inglesi, ma so che suscitò molte polemiche tra i suoi connazionali e in particolare da parte del cancelliere tedesco allora in carica, Bernard von Bülow. Potrebbe illustrarla e commentarla? Silverio Tondi silverio.tondi7@libero.it Caro Tondi, Qualche parola, anzitutto, sul sistema costituzionale tedesco quando Guglielmo II salì al trono nel 1888. La Germania aveva un Parlamento, il più importante partito socialista europeo, una legislazione sociale avanzata, una brillante vita culturale e scientifica, una stampa attenta e intelligente. Ma la tradizione e le regole costituzionali conferivano il potere esecutivo, in ultima analisi, all’imperatore. Il cancelliere Bismarck ne era consapevole e non mancava di ripeterlo in ogni occasione ufficiale. Nella realtà, tuttavia, l’intelligenza, il prestigio e la fiducia del sovrano gli avevano consentito di agire con grande autonomia. La situazione cambiò quando l’improvvisa scomparsa di Federico III, stroncato da un cancro all’età di 57 anni, dette il trono al figlio, un giovane principe ambizioso e impaziente. La convivenza fra l’imperatore e il suo cancelliere fu subito difficile, durò due anni e si concluse con il ritiro di Bismarck nella sua proprietà di Friedrichsruhe, non lontano da Amburgo. Vincitore, Guglielmo II dimostrò di avere, insieme a una buona conoscenza dei problemi nazionali e internazionali, una incontrollabile inclinazione alle gaffe. L’intervista al Daily Telegraph dell’ottobre 1908 fu una topica. L’imperatore credette di conquistare la simpatia degli inglesi sostenendo di essere uno dei pochi tedeschi che nutrivano simpatie per la Gran Bretagna: una frase che non piacque né ai suoi connazionali né agli inglesi. Forse voleva correggere una topica del 1896 quando il patrono dell’amicizia anglo-tedesca aveva mandato un telegramma di congratulazioni al leader sud-africano Oom Paul Kruger, protagonista della resistenza boera contro le mire della Gran Bretagna nella regione del Capo. Vi furono circostanze in cui le sue gaffe erano totalmente inconsapevoli, ma rivelavano la sua natura. Pur amando gli inglesi, li definiva «nödeln», tagliatelle, quindi, in via figurata, smidollati. Pur essendo la Germania legata all’Italia da un trattato di alleanza, non mancava, durante i suoi incontri con Vittorio Emanuele III, di fare commenti salaci, a voce alta, sulla sua statura. Nel momento più tragico del suo Paese, non fu all’altezza delle sue ambizioni. Mentre la Germania, nel novembre 1918, precipitava nella sconfitta, Guglielmo II fuggì nei Paesi Bassi. Gli Alleati volevano processarlo per crimini di guerra, ma il governo olandese rifiutò di consegnarlo. Morì in esilio il 4 giugno 1941, tre settimane prima dell’aggressione tedesca contro l’Unione Sovietica.