Gilberto Corbellini, Il Sole 24 Ore 19/7/2015, 19 luglio 2015
OGM, NESSUNO INCANTA OBAMA E CASTRO
Non vorrei essere un politico anti-ogm di certa sinistra o grillino – che sono poi tutti di quell’area – non solo perché avrei problemi con la logica e la coerenza, ma anche perché dopo le ultime uscite di Obama e Fidel Castro starei elaborando un lutto devastante. Quasi si fossero messi d’accordo, Barack Obama e Fidel Castro hanno cantato negli stessi giorni gli elogi delle biotecnologie applicate all’agricoltura. A vent’anni dai primi Ogm che hanno conquistato i mercati mondiali, dimostrando sicurezza e convenienza, e forte dei recenti sviluppi scientifici, lo staff di Obama intende rivedere il sistema di regole per l’applicazione delle biotecnologie in agricoltura. L’obiettivo è far giungere ai cittadini prodotti più diversificati, sicuri e a prezzi contenuti, consentendo anche alle piccole-medie imprese, prima escluse dall’oligopolio che il costoso sistema regolatorio aveva creato, di portare sul mercato beni agricoli innovativi e competitivi. Si è capito che non ha senso continuare a regolamentare gli ogm come farmaci e che i benefici che possono venire per l’ambiente e la salute dall’uso delle biotecnologie potranno non riguardare più solo la produzione di commodities (mais, soia, cotone, etc.). Nell’idea della Casa Bianca questo è anche un modo per rilanciare il ruolo delle biotecnologie nella crescita economica, e se noi l’avessimo adottato vent’anni fa oggi saremmo d’insegnamento al mondo. Invece nel 2000 Alfonso Pecoraro Scanio diventava Ministro dell’Agricoltura e così tornammo al Medioevo.
Il Lider Maximo ha esaltato le biotecnologie l’11 luglio scorso consegnando diplomi al merito a cittadini cubani, sostenendo che la crescita demografica, la crisi dell’approvvigionamento idrico, il cambiamento climatico e i rischi di aumento dei prezzi dovuti alle incipienti crisi internazionali potranno essere affrontati usando la scienza e le biotecnologie per aumentare la produzione di cibo, rispettando l’ambiente e lavorando sullo sviluppo e la riproduzione di animali e piante. Castro non è uscito di testa, perché a Cuba anche quando non c’era alcuna libertà funzionavano laboratori di biotecnologie applicate. È solo rimasto più intelligente e coerente di tanti intellettuali e politici italiani che quando era un dittatore lo celebravano.
Fino a qualche mese fa dall’Italia si guardava in modo sconsolato e con invidia persino a Cuba. Ma qualcosa sembra muoversi. Da quando la senatrice a vita Elena Cattaneo ha deciso di provare a rompere uno dei più paradossali e resistenti incantesimi che bloccano lo sviluppo scientifico-tecnologico ed economico del Paese, cioè la dissennata e snobistica paranoia politico-intellettuale anti-ogm, un certo numero di persone sembra aver preso coraggio. E punta il dito contro un Re completamente nudo e ridicolo. Anche perché i fatti ci sono e sono stati illustrati più volte su questo e altri quotidiani e anche in Parlamento. Si tratta solo di togliersi la benda dagli occhi e lavorare sulla realtà. Le piante geneticamente modificate autorizzate e i prodotti da queste ricavate fanno riferimento a un sistema ecologico, sociale, culturale ed economico più sostenibile. E la ricerca pubblica sulle piante, che a più voci in Italia si chiede, è indispensabile per salvare e ripristinare le nostre tipicità.
Migliaia di pubblicazioni e miliardi di euro spesi per controlli consentono di dire che gli Ogm autorizzati alla commercializzazione sono più sicuri e salutari per l’uomo e l’ambiente; che la coesistenza tra campi specifici Ogm e non-Ogm è possibile; che i prodotti che arrivano sul nostro piatto possono essere etichettati come derivati da Ogm, così che la competizione e l’informazione siano rispettose del cittadino; che persino i malati si nutrono di cibo derivato da animali alimentati con mangimi Ogm; che quest’anno tutta l’esportazione dei nostri prodotti tipici servirà giusto a pagare i mangimi Ogm importati.
L’aspetto affascinante e frustrante della vicenda Ogm è che si tratta della più strepitosa dimostrazione che non siamo animali razionali, ovvero che l’appello a una razionalità coltivata a partire da un approccio scientifico ai problemi non ha effetti su adulti apparentemente intelligenti e capaci di ragionare validamente su casi analoghi (per esempio Stamina – anche se ci si è dovuto lavorare). In questi ultimi mesi di discussione per aprire almeno alla ricerca pubblica in campo, né il ministro Martina con tutto il suo staff, né i parlamentari schierati o imprenditori del settore agroalimentare che osteggiano le biotecnologie sono riusciti a tirare fuori una sola (una!) prova che gli Ogm (i) siano dannosi per la salute (falso spauracchio per vent’anni); (ii) non convengano; (iii) comportino rischi per l’ambiente (la mitica biodiversità che ci può solo guadagnare dall’uso delle biotecnologie), e che (iv) si possa trovare un solo scienziato “contro”, che sia però competente e porti prove invece che dati imperfetti, menzogne e balbettamenti.
Non esiste un solo argomento che giustifichi il divieto di fare ricerca in campo aperto con Ogm che non sia il gioco di prestigio che l’oligopolio agroalimentare italiano ha costruito come operazione di marketing per meglio piazzare i propri prodotti, alimentando paure e spettri invece che convincendo con la qualità. È tutto così chiaro che stupisce che coloro che in Parlamento dovrebbero decidere nell’interesse di tutti e nel rispetto della Costituzione continuino a lasciarsi ingannare. Perché?
Un articolo pubblicato qualche giorno fa su Trends in Plant Science e scaturito dalla collaborazione all’università belga di Ghent tra uno dei più quotati biotecnologi vegetali europei, Marc Van Montagu, e il filosofo Stefaan Blancke, riassume bene le basi psicologiche e cognitive dell’avversione agli Ogm. La tesi è che la propaganda anti-Ogm fa presa sulle menti umane rimaste nel fondo ancora tribali perché intercetta alcune intuizioni profonde, che erano adattative nel corso dell’evoluzione umana premoderna e prescientifica. Si tratta in particolare del naturale modo di pensare essenzialista e teleologico, che fu spazzato via da Darwin ma di certo non è entrato nel genoma umano, e che impedisce di capire che manipolare il Dna non significa cambiare l’essenza di un organismo o che la natura non è affatto guidata da intenti benevoli per l’uomo (basti pensare ai veleni naturali che ci circondano, anche solo in un oleandro). Su questi bias cognitivi si innesta la potentissima emozione del disgusto, che utilizziamo sia per proteggerci da alimenti cui non siamo abituati sia per difendere i pregiudizi morali più socialmente condivisi.
Che fare? I belgi concludono correttamente che solo l’istruzione scolastica può ridare alle future generazioni qualche speranza di uscire dal tragico gioco illusionistico. Purtroppo il nostro Ministero dell’Agricoltura e tutte le associazioni con qualche interesse mandano nelle scuole esaltati predicatori di incantesimi sul cosiddetto cibo sano. Ma non ci si può rassegnare all’irrazionalità! La mente intuitiva può diventare permeabile alle informazioni corrette, se capisce l’utilità di usare appropriatamente quell’informazione. Per cui si tratta di insistere ogni giorno, dimostrando con argomenti e prove, e fino a prova contraria, quel che sappiamo oggi su ciascun Ogm; cioè che sono più sani degli analoghi prodotti tradizionali e biologici e che coltivarli aiuta l’ambiente, favorisce la biodiversità e riduce la povertà.