Carlo Bertini, La Stampa 22/7/2015, 22 luglio 2015
IL CENCELLI DEMOCRATICO PER PLACARE GLI APPETITI
Racconta Pino Pisicchio, che come capogruppo del Misto ha diritto ai 2.500 euro in più al mese al pari dei presidenti di commissione «ci ho rinunciato e non li prendo», che a tutti i graduati spetta anche la macchina blu per fare su e giù dall’aeroporto. Ecco, a questo benefit, lo status di presidente di commissione somma anche la possibilità di pagare una propria segreteria. E così si entra nel circolo degli oltre cento graduati, la vita migliora anche se il lavoro aumenta e la paga lievita. Chi sono i nuovi?
Maurizio Bernardo. «Un professionista coi fiocchi, molto competente», assicura Ernesto Carbone, renziano e disciplinato, uscito dalla commissione Finanze per votare presidente l’imprenditore ex Fi ora con Alfano, casella Area Popolare: che il Cencelli ha portato all’apice di uno scranno cruciale per il nodo tasse, lasciando a bocca asciutta il piddì Marco Causi, sacrificato per tenere buoni gli alleati. E che dire dell’avvocato Andrea Mazziotti, capogruppo di Scelta Civica, specializzato in diritto societario, nuovo timoniere della più prestigiosa della commissioni, la prima, quella che faceva gola a Matteo Richetti, rimasto a secco anche stavolta? Seduto su un divano, il timoniere dei 25 «montiani» Enrico Zanetti gongola, «non ci speravo, però abbiamo rinunciato alla Affari Sociali. Ma ora al governo la nostra delegazione va implementata, da cinque sono restato solo io e non credo che Renzi voglia passare i prossimi due anni con un presidente della commissione Affari Costituzionali passato all’opposizione...mi spiego?» Benissimo. Sì perché se Renzi spera di aver risolto la grana del rimpasto con il soddisfatti e rimborsati in Parlamento, il Cencelli usato per accontentare tutti i cespugli di maggioranza non svuota gli appetiti. E frustra quelli del Pd, lasciando feriti sul campo. «Sapevo che non era un concorso per titoli», scherza Causi in corridoio con Bersani, assente al voto nella prima Commissione. Come Letta, che non c’era per l’elezione di un deputato molto vicino a Mattarella, Francesco Saverio Garofani, da nove anni in commissione Difesa, ora divenuto Presidente. Uno dei due Pd premiati, l’altra è Flavia Piccoli Nardelli, figlia di Flaminio Piccoli, eletta in Commissione Cultura al posto di Galan. Il più sorpreso della propria nomina Mario Marazziti, ex portavoce di Sant’Egidio, informato non da Dellai che guida i 13 di Per l’Italia, ma da un renziano di ferro. «Davvero? Ma sul serio?».