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 2015  luglio 21 Martedì calendario

VEZZALI: «LA RIVALE PIU’ DURA? ME STESSA»

Perché Valentina è sempre Valentina: vincere ogni giorno. Debuttò ai Mondiali di Essen con un 6° posto nel 1993, anno del primo podio europeo (bronzo a Linz). Ha chiuso domenica la sua striscia iridata con il 16° titolo, a squadre, davanti al presidente mondiale, Usmanov, e al presidente Cio, Bach, in una chiusura memorabile per gli azzurri di cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è complimentato col presidente Coni, Malagò, invitando i medagliati al Quirinale venerdì alle 9.30. Valentina non si ritira, a meno di una chiamata per il ministero dello sport, lei che è parlamentare: cerca un’improbabile sesta Olimpiade sul podio, come Zoeggeler. Fino alla resa aritmetica il 1° aprile, insisterà: a Rio andranno in due e lei è terza con 73 punti dietro Elisa Di Francisca (148) ed Arianna Errigo (127).
Valentina, ricorda la prima volta?
«Persi la gara per le medaglie con la Bauer, non feci la gara a squadre: pensavo ai Giochi di Atlanta, e nel ‘96 vinsi la prima Coppa del Mondo».
L’anno di grazia?
«Il 1999: vincevo tutto. Sarà un caso ma conobbi mio marito Mimmo. Con lui trovai stabilità e vinsi il Mondiale: faticavo ma lo volevo, piansi tanto. Ma se vuoi una cosa e ci credi, alla fine arriva».
Il momento più difficile?
«Quando mi ruppi il crociato a Torino, arrivavo dalla maternità, nel 2005: difendevo il titolo e persi all’ultima stoccata dalla Granbassi. La settimana dopo mi operarono. Poi, a 32 anni dopo la maternità, aver ripreso mi fece paura anche se vinsi 4 mesi dopo il rientro nel febbraio 2007. La testa mi diceva una cosa, le gambe un’altra. Solo ai Mondiali di San Pietroburgo,il fisico tornò a rispondere. E mi ripresi il titolo».
L’emozione più forte?
«Ai tricolori 1984: avevo 10 anni. Per me fu come un’Olimpiade. Pensavo di essere forte. Tiravo dalle 8 di mattina alle 10 di sera. Mio padre venne ad abbracciarmi, era convinto delle mie qualità. Poi morì e per reagire mi misi a studiare forte, presi 8 a scuola, partii per Lisbona dove persi i primi 2 match, il mio maestro Sasà mi portò a prendere un gelato e al rientro cambiò tutto: oro mondiale giovanile con la Bauer. Imparai a reagire alle difficoltà».
L’avversaria più dura?
«Non esiste, per ogni mossa c’è una contromossa. Nessuna è perfetta. Devi saper trasformare la paura in coraggio, trovare la molla che non ti blocchi. Le avversarie le creiamo noi nella testa. È in me la rivale più grande, me la creo io».
Tirando le somme?
«Avrei potuto vincere più Mondiali ma anche perderne. Spero di aver lasciato qualcosa sulla scherma e non solo: non mollare mai, la mia filosofia».
A 41 anni vuole ancora imparare?
«Ogni giorno è diverso, la scherma di oggi è diversa da quella di 10 anni fa».
Si è mai messa nei panni delle avversarie?
«Quando mi affrontavano, allargavano le braccia: non sapevano cosa fare».
Dove ha lasciato più il segno?
«Vinsi l’oro mondiale 4 mesi dopo la nascita di Pietro nel 2005: le donne non devono rinunciare ai figli. Scappavo dal ritiro per andare in albergo ad allattare Pietro. La federazione mondiale approvò di far riprendere le mamme al rientro dal ranking lasciato, come poi il Coni».
A cosa non ha mai rinunciato?
«Alla tv: andai a Ballando con le stelle, per imparare e far uscire un po’ di femminilità. Chi l’ha detto che poi non si vince più? Giulio Tommasini mi spinse. Temevo non fosse la cosa giusta, mi è servito a uscire dal mio mondo per rigenerami».
E la politica si può far bene come la scherma?
«Se faccio una cosa, la voglio far bene. Sport, politica, mamma: ognuno deve fare le cose senza farsi condizionare, ma come pensiamo giusto».
Un’atleta seduta in Parlamento: non è strano?
«Non è facile conciliare bene le due cose. Ma ci sono persone che credono in te. Si parla sempre di cose negative, non di fair play, regole. Bisogna dare un futuro ai giovani. Lo sport è diverso dalla politica: più che risultati subito, devi portare avanti gli obiettivi. Sulle scienze motorie nella scuola primaria, l’emendamento è stato accantonato. Piuttosto che niente, dalla seconda alla quinta elementare avremo scienze motorie. Prima non se ne parlava. E’ come vincere l’Olimpiade: non si può avere tutto subito».
Non sta diventando un po’ un’ossessione insistere?
«Josefa Idem ha fatto l’ottava Olimpiade, perché rinunciare? Se sono stata convocata per i Mondiali, mi sono meritata il posto. Sono 10a al mondo. Mio padre m’insegnò a lottare per ciò che si crede. Mi è dispiaciuto a Mosca davanti ai miei figli: bloccata. Continuo a commettere errori banali. Ma non mi arrendo».
Se la chiamasse Renzi?
«Vorrei aumentare la cultura sportiva, portarla nelle scuole: avere palestre in ogni scuola. Alle medie ci sono ragazzi che non sanno fare una capriola. E lo sport è anche per i meno giovani. Anche il premier dice che dovrebbe fare più sport. Dovrebbe dare più l’esempio e togliere la pancetta».
Una cosa che non le è piaciuta di lei stessa?
«Faccio fatica a gestire i figli, mia mamma a 76 anni è stanca. Mio marito ha un’attività di ristorazione a Jesi e fa l’allenatore di calcio. È difficile essere una brava mamma».
C’è una nuova Valentina in giro?
«Le compagne o la Fiamingo stanno venendo fuori. Quando ero ragazzina, c’era Anja Fichtel: mi batteva ma volevo diventare come lei. La mia musa ispiratrice. Poi Giovanna la surclassò a Budapest».
Un c.t. che l’ha segnata più di altri?
«Attilio Fini: a 13 anni vinsi i tricolori di terza categoria. Credette in me. Quando a Nostini non piaceva la mia scherma, Fini diceva “no questa è brava”».
Dove conserva le medaglie?
«Un po’ dappertutto. Non conta farle vedere in una bacheca, sono importanti per ricordarmi di quello che ho fatto e che nessuno può mai togliermi, e di quello che sono diventata».