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 2015  luglio 20 Lunedì calendario

NUOVI 2 SUICIDI



Suicidio/1 Ludovico Caiazza, 32 anni, pregiudicato napoletano, tossicodipendente, ritenuto l’assassino del gioielliere Giancarlo Nocchia, 70 anni, ucciso durante una rapina mercoledì scorso in via dei Gracchi a Roma, quartiere Prati (vedi Fior da Fiore del 16 luglio 2015 e del 19 luglio 2015), si è impiccato in una cella del reparto di Grande sorveglianza del carcere di Regina Coeli, dov’era stato portato solo ieri pomeriggio. Caiazza era stato arrestato dai carabinieri sabato sera su un Intercity partito da Formia che lo stava riportando a Roma. A farlo cadere in trappola era stata la telefonata, intercettata, all’amico che era sul convoglio con lui. Al momento dell’arresto, il 32enne aveva con sé il cellulare spento di Giancarlo Nocchia, due pistole, del metadone e un borsone pieno di pieno di preziosi: anelli, bracciali, collane, alcuni dei quali avevano ancora l’etichetta della gioielleria Nocchia. Caiazza, subito dopo l’omicidio, era tornato nella sua casa al Tufello, aveva riempito un borsone con il metadone e i gioielli, ed era fuggito a Formia. Sabato stava rientrando a Roma con l’intenzione di scappare ancora, ma era stato arrestato.

Suicidio/2 Gianluca “Giangi” Mereu, di anni 22. Appassionato di viaggi e oriente, frequentatore di un corso di kick boxing, senza impiego, da poco uscito da una importante storia d’amore, figlio di una coppia ormai separata ma ancora in ottimi rapporti (madre e padre gestiscono due noti ristoranti). Sabato sera dopo cena lasciò la madre per far serata con un’amica. Rientrò nella bella casa di piazza Piola, al civico 5, domenica mattina alle quattro, facendo un gran baccano. La madre, svegliata di soprassalto, andò a vederlo e lo trovò agitato, provò a calmarlo e si prese un pugno in faccia. Mentre il ragazzo dava ancora in escandescenze, la donna chiamò l’altro figlio, che abita nello stesso stabile, e l’ex marito, residente poco lontano. Gianluca aggredì anche loro, poi scappò a piedi fino alla parrocchia di San Giovanni in Laterano di via Pinturicchio. Ai carabinieri che lo trovarono lì disse che aspettava l’inizio della messa e che, già che c’erano, avrebbero fatto bene a seguirlo in chiesa pure loro: «Io sono Dio. Venite con me, vi porto a messa». Ascoltando le sue frasi sconnesse, lo accompagnarono al commissariato per calmarlo, fargli le prime analisi e chiamare l’ambulanza per portarlo all’ospedale. Invece il ragazzo saltò giù dalla barella su cui l’avevano sdraiato, scattò di corsa verso una finestra e con un balzo si schiantò tre piani più in basso. Mattina di domenica 19 luglio, alla Questura di Milano.