Francesco Viviano, la Repubblica 19/7/2015, 19 luglio 2015
“L’insulina per mia figlia gettata via senza un perché così l’ho vista morire”– «Mi chiedo se ho fatto bene o male
“L’insulina per mia figlia gettata via senza un perché così l’ho vista morire”– «Mi chiedo se ho fatto bene o male. Mi chiedo se ne è valsa la pena abbandonare il mio Paese per salvare la mia famiglia per poi veder morire tra le braccia la mia bambina, Raghad, che il 21 agosto prossimo avrebbe compiuto 12 anni. È morta perché quei bastardi di trafficanti, quando ci hanno infilato nel barcone verso l’Italia hanno buttato in mare, senza motivo, lo zainetto con l’insulina che sarebbe servita a Raghad per il diabete». Mohamed Hasoun Jalal, 48 anni, nato a Idleb in Siria, con una laurea in Economia, è il papà di Raghad. È arrivato ad Augusta il 15 luglio scorso dopo essere stato soccorso insieme ad altri 332 persone (stipati su un barcone partito da Alessandria d’Egitto), dalla Guardia Costiera. Ieri i tre scafisti dell’imbarcazione sono stati arrestati e portati in carcere ma per Mohamed è ormai una magra consolazione. Lui e la sua famiglia sono stati ospitati in un centro d’accoglienza “Oasi Don Bosco” a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa. Ci sono tutti, c’è sua moglie Najlad, 42 anni, gli altri cinque figli, tutte femmine, Heba, 18anni, Joud, di 10 anni, Hala di 13 e le due gemelline, Mona e Nour di 17 anni. «Manca solo lei, Raghad, che adesso è in fondo al mare perché quando è morta, l’ho dovuta buttare con le mie mani in acqua…». Com’è cominciata questa tragedia? «Ero fuggito con tutta la mia famiglia da Aleppo in Siria e negli ultimi due anni vivevo in Egitto, al Cairo dove mi arrangiavo facendo il commerciante. Ma anche in Egitto le cose non erano tranquille e quindi abbiamo deciso di partire per raggiungere l’Italia per poi andare in Germania dove vivono alcuni miei parenti. Così ho contattato un mio connazionale Nizar Al Baba ed un egiziano, Fayez che organizzano le traversate verso l’Italia. Mi hanno detto che sulla “nave” sarei stato assistito bene. Gli avevo anche detto loro che mia figlia era diabetica e aveva bisogno di essere curata. Mi risposero che non c’era nessuna problema, invece sono stato ingannato ». Quando si è accorto dell’inganno? «Quando il 10 o l’11 luglio scorso mi hanno comunicato la data di partenza ed il luogo. In quel posto c’era un autobus che ci ha portati tutti ad Alessandria per poi trasferirci su un camion nascosti insieme a derrate alimentari. A quel punto non volevo più partire ma un uomo con un fucile ci ha minacciato e costretto ad imbarcarci su un barcone dove c’era soltanto dell’acqua ed un po’ di pane. Per tutta la famiglia mi hanno chiesto 20mila dollari, io ne ho pagati 4mila d’acconto. Gli altri 16 mila sarebbero stati consegnati al mio arrivo a destinazione da un mio amico». Perché hanno buttato in mare lo zainetto che conteneva l’insulina per sua figlia? «Senza un perché, io tenevo in alto quello zainetto quando stavamo per salire sulla barca ed uno dei trafficanti me lo ha strappato dalle mani e l’ha buttato in acqua. Quando ho protestato mi hanno minacciato costringendoci a salire a bordo. Speravo che presto ci avrebbero soccorso perché avevo il pensiero a Raghad che aveva bisogno dell’insulina. Abbiamo navigato per circa mezz’ora, poi siamo stati trasferiti su una barca più grande e poi ancora su un’altra. “Presto arriverai in Italia” mi dicevano. Invece quel viaggio era interminabile. Mia figlia cominciava a star male e l’apparecchio che serviva per vedere se aveva bisogno di insulina non funzionava perché era bagnato. Durante la notte la situazione è peggiorata, Raghad ha cominciato ad avere problemi di respirazione, non riusciva neanche a bere. Alle sei del mattino, mentre tenevo la mano di mia figlia lei ha chiamato “mamma” ed è morta… Le altre mie figlie appena si sono accorte che Raghad era morta hanno cominciato ad urlare e piangere. Mia moglie era distrutta ed io non sapevo che fare». Mohamed ha difficoltà a continuare a raccontare la sua odissea. Accanto a lui c’è il Commissario dell’Anticrimine di Siracusa, Carlo Parini che lo ha assistito fin dal primo momento. Poi riprende a parlare. «Volevo seppellire mia figlia, ma dove? Mi sono rivolto al “comandante” della nave chiedendogli se era possibile tornare indietro per seppellirla sulla terraferma. Mi ha risposto che era complicato e che una delle possibilità era quella di consegnare il cadavere della mia bambina ad uno degli scafisti che sarebbe poi tornato indietro. Ne ho parlato con alcuni amici siriani che erano sul barcone con me e che mi hanno consigliato di non fidarmi di quei trafficanti perché sono persone senza scrupoli». E a quel punto cosa decise di fare? «Il cadavere della mia bambina era sulla tuga, sotto il sole ed insieme ai miei amici abbiamo telefonato a un imam per chiedere cosa fare. Lui, l’imam, mi ha consigliato di dire una preghiera e poi buttarla a mare. Quindi abbiamo lavato il corpo della mia bambina l’abbiamo avvolta in una coperta e detto una preghiera. Poi abbiamo preso un sacco della farina infilandoci pezzi di ferro per fare peso, abbiamo legato il tutto al corpo di mia figlia e l’abbiamo gettata in mare. Ora ho ancora tanta strada da fare, spero di raggiungere la Germania ma quell’addio alla mia bimba segnerà la nostra vita per sempre».