Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 18 Sabato calendario

CINA, LA MASCHERA ANTI-STRESS PER «SALVARSI» DAL CAPOUFFICIO

CINA, LA MASCHERA ANTI-STRESS PER «SALVARSI» DAL CAPOUFFICIO –
PECHINO Al mattino, davanti all’ingresso di uffici e negozi nelle città cinesi si vedono spesso i lavoratori schierati intorno al capo, sull’attenti, che gridano slogan di auto-motivazione. Gli impiegati debbono stamparsi sul volto un’espressione determinata; e bisogna mostrare entusiasmo al capo ufficio quando dà un ordine; e si deve sorridere al cliente. Sono false manifestazioni note a tutti i dipendenti del mondo, ma che in Cina, dove c’è un’etica confuciana del lavoro, sono comandamenti che aumentano la frustrazione.
Così nella città di Handan, provincia settentrionale dello Hebei, per combattere lo stress, agli impiegati di alcune società di servizi è permesso una volta al mese di indossare maschere. Resi anonimi, sotto la copertura della maschera, finalmente ci si può permettere di fulminare con lo sguardo il cliente sgarbato o di osservare con commiserazione il capo che incita al sacrificio per il bene supremo dell’azienda. Per un giorno non c’è il dovere di spargere sorrisi falsi.
Gli impiegati della Woffice di Handan, un’agenzia immobiliare che affitta spazi per ufficio, hanno scelto in maggioranza la maschera bianca di «Senza-Volto», personaggio della Città Incantata, un film d’animazione giapponese di grande successo. Altri si sono nascosti dietro il ghigno di «Guy Fawkes», divenuto il simbolo del gruppo di hacker Anonymous.
Le foto della «ChinaFotoPress» che documentano la giornata di lavoro in maschera sono state rilanciate dall’edizione online del Quotidiano del Popolo. Perché lo stress degli impiegati in Cina è un pro-
blema sociale e patologico grave: i giornali sostengono che 600 mila persone muoiono ogni anno per eccesso di fatica. La sindrome è così diffusa che ha anche un nome in mandarino, «guolaosi»: «guo» significa troppo, «lao» lavoro, «si» morte. Seicentomila vittime da troppo lavoro è un dato probabilmente esagerato, ma il problema è reale: «In Cina c’è la
convinzione che si lavori per il bene della nazione, per lo sviluppo dell’economia e che si debba dimenticare se stessi», dice il professor Yang Heqing della Capital University di economia e business di Pechino.
Un giorno al mese in ufficio senza volto, con i sentimenti protetti da una maschera, può aiutare a sopportare. Ma certo non riduce la fatica delle lunghe ore di straordinario alle quali si sottopongono i lavoratori cinesi. Secondo un’indagine dell’Ilo (International Labour Organization), oltre il 60 per cento dei dipendenti in Cina accettano di prolungare oltre le due ore ogni giorno i turni. L’anno scorso fece scalpore la morte di un dirigente della Commissione di controllo delle banche, il dottor Li Jianhua, 48 anni, crollato alla scrivania mentre all’alba cercava di finire una relazione.
Mentre sui social network i «colletti bianchi» cinesi si interrogavano sul senso di una vita bruciata per il lavoro ossessivo, la Commissione governativa dalla quale dipendeva il povero Li Jianhua scriveva: «Dobbiamo tutti imparare dal compagno Li, dovremmo tutti essere come lui, sempre solidi negli ideali, nell’interesse superiore di lealtà alla causa del Partito e del popolo, sacrificando tutto».