Irene Maria Scalise, la Repubblica 18/7/2015, 18 luglio 2015
VALERIA GOLINO “COME VIVERE CON L’INQUIETUDINE ”
SORRIDE della sua inquietudine Valeria Golino. Gli occhi cangianti, la camicia candida, la pelle che sembra fusa con l’ambra, i capelli arruffati dal caldo. E, al collo, una collana che le accende lo sguardo: «L’ho indossata ieri per una serata di gala e ora non riesco più a toglierla, ci ho dormito tutta la notte quasi fosse un guinzaglio». È la vera nemesi per il suo carattere da irrequieta.
In una mattina d’estate il Colosseo è adagiato sotto le finestre del vecchio palazzo nel quartiere del Celio. Un vento caldo entra dai vetri socchiusi. Appena restaurato, il monumento più famoso di Roma, sembra un quadro sui muri di questa casa strana. Un luogo scuro ma anche pieno di sole. Stipato di oggetti ma anche vuoto. Uno spazio indefinito e indefinibile, proprio come la padrona di casa. Il 5 luglio a Valeria Golino è stato attribuito il premio “Inquieta dell’anno”.
Un riconoscimento che, in passato, hanno ricevuto altri inguaribili irrequieti. E lei, con una strana saggezza lieve, lo trasforma in una conquista: «L’inquietudine non è altro che l’antidoto alla soddisfazione, a quell’appagamento che rischia di essere mortifero e che appaga la parte egoica di se stessi». Si muove morbida. Passa dal tavolo al divano e accavalla le gambe.
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© SCOTT MCDERMOTT/CORBIS OUTLINE/CONTRASTO
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EValeria Golino, nonostante i riconoscimenti, i tanti film, gli uomini fascinosi (tra i sui fidanzati ci sono stati gli attori Fabrizio Bentivoglio e Benicio Del Toro) che l’hanno amata e il successo in Italia e all’estero, con quei turbamenti ha solo imparato a conviverci: «Non mi sembra di essere più problematica di prima, casomai con gli anni c’è una consapevolezza diversa della propria anima e riesci a dare un nome alle emozioni. Potrebbe sembrare superficialmente che i difetti aumentino ma è solo che li ufficializzi con l’età». Come definisce il suo sentirsi inquieta? «È quell’indefinibile sensazione di voler essere altro e altrove. Una vivacità inevitabile, ma faticosa per chi la vive e per chi gli è a fianco. Quel continuo voler fare che diventa la cura omeopatica e, contemporaneamente, una virtù dell’esistenza». Quali sono le situazioni che le scatenano i turbamenti dell’anima? «Ci sono molte cose che mi portano a vivere nell’ansia che io però definisco come la sorella cattiva dell’inquietudine - spiega sorridendo- tra queste c’è il dover essere reperibile per forza, lo stare chiusa in una stanza con troppi conoscenti, il dover rispondere al telefono». Di più: «Soprattutto l’ansia mi travolge quando so di avere torto e capisco che devo fingere di avere ragione». Quest’ansia corrosiva nulla ha a che fare con l’inquietudine che identifica con un sentimento positivo: «È un movimento dell’animo e non una situazione definibile e definita. Una sorta di gioventù dell’individuo che lo porta ad anelare a un qualcosa e lo mette in connessione con il mondo».
Suonano alla porta. È l’amico arrivato per liberarla dalla collana. Questa casa non è mai ferma. Ma Valeria sembra accogliere tutto il suo piccolo mondo come in un abbraccio. Quando torna il silenzio si accoccola sul divano grezzo: «La mia inquietudine è in tutto quello che faccio. In ogni azione c’è una costante ricerca. Vivo perennemente sul filo del “ci sei quasi”, una sensazione che mi spinge sempre a cercare altro». Sembrerebbe la tipica condizione alla Woody Allen ma lei si ribella allo stereotipo. Alla psicanalisi, la cura preferita dall’iconico regista americano, non ha mai fatto ricorso: «Non sono mai andata sul lettino non perché non ci creda, anzi, ma non ne ho sentito la necessità. Sono convinta che tutto serva per trovare una stabilità, anche i farmaci possono essere indispensabili e, se ne aves- si bisogno, non esiterei ad abusarne perché in fondo la psiche è in equilibrio tra la chimica e l’astrazione».
Come l’irrequieta sopporti i lacci della coppia è un capitolo a sé: «La scelta del compagno o della compagna può aiutare a sedare, ci sono esseri “altri” che posseggono una loro solidità emotiva da cui trai beneficio. Io però non ho mai cercato quell’opposto nelle mie storie d’amore. Ho schivato quella fermezza che mi poteva placare e al contrario ho trovato persone per le quali, paradossalmente, sono diventata io il sedativo ». Col passare dei minuti il gruppo di turisti che s’intravede dalle finestre è diventato una folla: «Ogni mattina il Colosseo mi sembra un grande carillon a cui qualcuno ha dato la carica mentre dormivo e mi impressiona questo muoversi adrenalinico e costante. Viviamo un momento storico che ha creato una società d’inquieti. Tutto attorno a noi ci induce a volere qualcosa di diverso rispetto a ciò che abbiamo. Non è più una scelta individuale ma una spinta che arriva da fuori e che rende impossibile sottrarsi. Non c’è più, insomma, quello struggente tormento del singolo che raccontava Pessoa ». All’inquietudine, individuale e del mondo che la circonda, Valeria Golino ha trovato un antidoto nella bellissima Puglia. La terra del suo compagno, l’attore Riccardo Scamarcio. Una campagna che odora di mare: «Quando arrivo in Puglia mi crogiolo in quel non devo fare. Io ho la fortuna che non mi annoio mai soprattutto quando non faccio niente».
Valeria Golino è nata nel 1965. Quest’anno compie cinquanta anni. Come convive una donna bella con l’inquietudine è la domanda inevitabile: «La bellezza, ma soprattutto la manutenzione del corpo, con l’età diventa un qualcosa che prende sempre più spazio nella giornata. Ecco, ciò che mi spaventa è quell’ombelicalità del doversi occupare di sé stessi. Ho paura di quanto tempo dedico alla salute e alla bellezza, mentre da giovane dormivo e non mi curavo mai, oggi quasi non mi riconosco». L’ultimo dei fantasmi per un’inquieta potrebbe essere il matrimonio. Di quello di Valeria Golino e di Riccardo Scamarcio se ne è scritto molto, forse troppo. Lei ride: «A casa nostra invece se ne parla pochissimo. Il matrimonio non è mai stato una tappa ma se con Riccardo succedesse sarebbe per allegria, per dirlo alla Natalia Giunsburg». Il tranello per chi vive oscillando tra inquietudine e ansia? «La luce, apparentemente sembrala cura più efficace ma bisogna fare attenzione. In alcuni casi mi getta nella disperazione perché una bella luce può essere l’inizio del terrore e mi genera una serpeggiante sensazione di panico tra il dove dovrei essere e il cosa sto perdendo».
E infine un, paradossale quanto utile, antidoto consigliato a tutti gli inquieti del mondo: «Amo l’anestesia, quell’affidarsi a chi indossa il camice bianco e che ti può estraniare da qualsiasi pensiero. Ricordo che un pomeriggio mi hanno dovuto fare due anestesie consecutive. L’impressione indimenticabile? Entrare in un meraviglioso nirvana».