Giulia Zonca, La Stampa 18/7/2015, 18 luglio 2015
“MI DISEGNANO VIZIATA E PREPOTENTE MA CAMBIO SOLO PER MIGLIORARE”
Le coincidenze hanno il potere di segnare la rotta e l’ultima fase della stratosferica carriera di Federica Pellegrini segue una data precisa: 5 agosto. È il giorno in cui è nata e per uno strano gioco del destino è lo stesso in cui è in programma la finale dei 200 stile libero ai Mondiali di Kazan e pure quello in cui iniziano le Olimpiadi di Rio nel 2016. È solo un numero però solletica la fantasia: «Un’idea irrazionale ma il fatto che tutto torni in modo così circolare amplifica le possibilità. Spero di farmi bei regali».
I Mondiali sono dietro l’angolo, le gare in vasca iniziano il 2 agosto, lei ci arriva con un tempo super. Rivincita su chi la pensava finita?
«No, non ancora e poi non mi aspettavo neppure io un cronometro così brillante dopo mesi di acciacchi. Ho fatto l’1’55” a Vichy e siamo arrivati lì dopo un viaggio della speranza: treni e pullman tutto in ritardo e caldo assurdo».
Attenzione a lamentarsi del caldo: con l’acqua bollente di Verona ha già spaccato l’Italia.
«Come al solito. Io non so più che fare. Giuro che ho scritto, cancellato e riscritto il tweet in cui chiedevo aiuto per raffreddare la piscina più volte. Tanto per cambiare ho tentato di essere diplomatica, si vede che non funziona o meglio che tanto è uguale. Ci sono persone convinte che io pretenda sempre qualcosa, invece ho solo lanciato un allarme».
Come mai il suo nome scatena sempre polemica?
«Suppongo sia dovuto al mio carattere. Sono schietta, diretta così è facile rigirare il ritratto e farmi diventare prepotente o viziata. Ormai lascio andare, anzi a volte rido di come il mio pensiero viene distorto».
Dopo l’1’55 le avversarie la aspettano.
«Si è riacceso il faro sopra il mio blocchetto, prima viaggiavo a luci spente e forse era meglio arrivare ai Mondiali così, ma sono felice soprattutto per il mio allenatore. Ha cancellato dei bei fantasmi e guadagnato dosi di fiducia».
Quando ha scelto Matteo Giunta erano tutti scettici.
«Altro che, lo consideravano troppo giovane».
Magari la diffidenza era dovuta al fatto che ha lasciato Lucas, con cui ha sempre vinto.
«Non credo. Purtroppo dopo tutti questi anni ancora qualcuno pensa che cambi per capriccio. Io cambio per migliorare, poi può darsi non funzioni ma sono sempre scelte ponderate. Ho lasciato Lucas perché lui preferisce allenare sui 400sl».
Nessuna nostalgia per quella distanza?
«Zero, anzi è stata una liberazione mollarli. Non li reggevo più, richiedevano un approccio psicologicamente troppo dispendioso. Una tortura».
Se li avesse abbandonati prima dei Giochi 2012, a Londra sarebbe andata diversamente?
«No, la verità è che in quella fase era la sola gara che avrei potuto provare a vincere. Poi è andata come è andata».
E cosa è cambiato adesso?
«Un lavoro specifico sulla velocità. Ora viaggio su 7 chilometri e mezzo al giorno, con grande qualità. Quando teorizzavo che era ora di curare i dettagli della nuotata e non insistere sempre sulla potenza mi guardavano come fossi matta. Abbiamo avuto il tempo di farlo come dio comanda si vedono i risultati. Ed era dai tempi di Castagnetti che non avevo questo gesto tecnico. La prova decisiva però resta Kazan».
Il mondo viaggia veloce nella sua specialità. Qualcuno ha già battezzato i 200sl di Rio come «The race». Stesso titolo scelto per i 200 maschili con Phelps e Thorpe nel 2004.
«I 200 femminili non sono mai stati così competitivi, per salire sul podio bisogna cercare di buttare fuori qualcuno già in semifinale. Lotta pura».
Rivali più temibili ?
«L’olandese Femke ha il miglior tempo, poi le due americane Ledecky e Franklin che fino a qui si sono nascoste e io crederò alla Sjöström che non fa la gara solo quando non si presenterà allo start».
Come vede la 4x200?
«Mai così forte. Siamo andate sempre migliorando: il quartetto è cambiato però è cresciuto. Le carte ci sono, dobbiamo davvero cogliere l’attimo».
In attesa di nuovi record in vasca ce ne è uno fuori. Fidanzamento più lungo.
«Sì, contrariamente ai tempi di nuovo super, sul fronte privato me lo aspettavo. Io e Filippo stiamo bene e non corriamo rischi di logorare il rapporto allenandoci insieme. Però non mi chieda quando ci sposiamo. Il nostro orizzonte si ferma a Rio 2016. Dopo penseremo al futuro. Fino a lì solo nuoto».
Stavolta magari con una bandiera.
«Non faccio i 400 che sono sempre il primo giorno e posso permettermi di stancarmi con la cerimonia. Quindi sì, stavolta finalmente mi piacerebbe essere la portabandiera. Sarebbe un onore essere considerata tra i nomi papabili».
C’è chi dirà che stavolta è disponibile perché il capo del Coni è il suo presidente.
«Si accomodino, ma una spiegazione logica io l’ho data».
In Russia il nuoto si presenta con una nazionale di 37 atleti.
«Sono tanti e sono stupita del numero. Speriamo che non ci sia gente che va in vacanza già appagata della convocazione».
Tocca al capitano motivare.
«Tocca a Filippo, suo il ruolo e sua la responsabilità».