Riccardo Arena, La Stampa 18/7/2015, 18 luglio 2015
APERTA UN’INCHIESTA SUL GIALLO DELLA TELEFONATA DI CROCETTA
Ora la Procura indaga sull’intercettazione che non c’è o non ci sarebbe. Per capire se una manina l’abbia tolta o – più verosimilmente, secondo la tesi del procuratore di Palermo, Franco Lo Voi, e dei suoi aggiunti – se non l’abbia aggiunta. Creando il caos istituzionale, dopo la pubblicazione sull’Espresso della frase choc che il medico personale di Rosario Crocetta, il chirurgo plastico Matteo Tutino, avrebbe crudamente riferito a un insolitamente silenzioso e condiscendente presidente della Regione Sicilia, parlando di Lucia Borsellino da «fare fuori come il padre», il magistrato ucciso da Cosa Nostra 23 anni fa e che oggi sarà commemorato, a Palermo, da Sergio Mattarella.
La notizia, sostengono i pm, potrebbe essere stata una polpetta avvelenata suggerita ai cronisti da una fonte interessata. La tesi del complotto, già agitata da Rosario Crocetta dopo la prima smentita di Lo Voi, non è quella dei pm, che non tralasciano l’ipotesi che qualcuno abbia voluto nascondere una prova evidente contro Crocetta e il suo «cerchio magico» di medici e burocrati che volevano spartirsi la sanità siciliana e che, in intercettazioni certe, depositate, si definivano come la «lista degli uomini del presidente». Ma che i carabinieri del Nas abbiano giocato sporco è da escludere, secondo chi indaga.
Ed ecco allora che, mentre Lo Voi si confronta a distanza, a colpi di smentite e controsmentite col direttore dell’Espresso, Luigi Vicinanza, e mentre si esclude a priori l’ipotesi di una difficilmente spiegabile leggerezza professionale dei cronisti del settimanale, affiora l’ipotesi di una manina infedele, che potrebbe avere soffiato una frase inesistente a Piero Messina, autore dello scoop assieme al collega Maurizio Zoppi. Con Crocetta pronto ad attaccare personalmente il giornalista, già coordinatore dell’Ufficio stampa della presidenza della Regione Sicilia, liquidato con clamore e in diretta tv da Crocetta, al momento del suo insediamento, a novembre 2012.
Un fascicolo a modello 45, dunque, senza indagati né reati contestati ad alcuno. Difficile ipotizzare un’accusa, visto che la rivelazione dei segreti delle indagini non c’è, secondo i magistrati. Mentre è certo, dalle intercettazioni che sicuramente esistono e sono negli atti depositati dalla Procura di Palermo, che dell’ex assessore regionale siciliano alla Salute gli indagati, Tutino e gli altri “uomini del presidente”, dicevano lo stesso di tutto e di più. Perché lei era considerata un ostacolo al cerchio magico che, nel nome dell’antimafia e della legalità, si spartiva incarichi e potere nella sanità. Manca però quel riferimento velenoso che il chirurgo plastico Matteo Tutino avrebbe crudamente riferito a Paolo Borsellino e che ha scatenato un’ondata di indignazione contro Crocetta.
Il direttore dell’Espresso, Luigi Vicinanza, anche ieri ha parlato di un atto che si troverebbe in uno dei filoni di indagine segretati su Tutino. Ricordando che i cronisti dell’Espresso non hanno «inventato nulla, aggiunto nulla né nascosto nulla». Il direttore ricorda che già nel 2010 la Procura di Palermo smentì una notizia certamente vera dell’Espresso, quella dell’iscrizione nel registro degli indagati del presidente del Senato, Renato Schifani, accusato di mafia e poi archiviato.
La smentita dell’allora procuratore Francesco Messineo giocava sul fatto che il nome di Schifani non fosse nel registro, perché in realtà era stato coperto con uno pseudonimo bizzarro, Schioperatu.