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 2015  luglio 17 Venerdì calendario

ESSERE WOLFGANG SCHÄUBLE


BERLINO. Molti anni fa, quando i Greci pagavano ancora in dracme e Jupp Derwall allenava ancora la nazionale tedesca di calcio, quando Bill Haley era ancora vivo e Rihanna non era ancora nata, un giovane padre di famiglia che viveva ai margini della Foresta nera concepì un progetto. A prima vista questo progetto aveva a che fare semplicemente con pane, salame e formaggio, ma celava in sé una formula matematica.
L’uomo viveva con sua moglie e i suoi bambini in una casetta monofamiliare su un pendio della cittadina di Gengenbach. Aveva i capelli pettinati con la riga, era ambizioso e per questo era sempre vicino al suo capo, il leader della Cdu Helmut Kohl. A volte Kohl gli concedeva un permesso e Wolfgang Schäuble poteva tornare dalla sua famiglia. Allora si chiedeva se non dovesse recarsi dal panettiere, poi dal macellaio e infine nel negozio di generi alimentari. Oppure prima nel negozio di generi alimentari, poi dal macellaio e infine dal panettiere? Schäuble prendeva un foglio di carta e una penna mentre rifletteva su dove dovesse parcheggiare l’auto nel suo giro delle compere e su quale fosse il percorso migliore per collegare nel modo più efficiente il panettiere, il macellaio e il negoziante. Alla fine, il suo taccuino degli acquisti non era più un taccuino degli acquisti, ma un progetto strategico.
Poi, però, quando Schäuble entrò in politica, i progetti non valsero più nulla. Il mondo non seguiva un itinerario prestabilito, e Wolfgang Schäuble scoprì in ciò uno stimolo particolare, lo sfizio della politica. Divenne capogruppo della Cdu al Bundestag capo di partito, ministro federale per la Cancelleria, ministro degli Interni e infine ministro delle Finanze. Nell’ottobre del 1990 sopravvisse a un attentato compiuto da un infermo di mente e attualmente ha 72 anni. Schäuble ha sopportato sconfitte politiche, umiliazioni e offese. E tira dritto.
Può incombere la bancarotta di Stato in Grecia o crollare il mondo in Siria, ma Wolfgang Schäuble rimane al suo posto. Svolge un ruolo per il quale non è ancora disponibile nessuna definizione. È più potente di qualsiasi altro ministro delle Finanze in Europa, è un ministro plenipotenziario delle Finanze europee. La crisi dell’euro lo ha portato al culmine del suo potere. I Greci gli rovineranno l’opera di tutta una vita?
Quando si impongono decisioni importanti, gli altri ministri europei delle Finanze guardano lui: cosa ne pensa Schäuble? Senza di lui non si fa niente. In Germania si è conquistato l’autorevolezza di un presidente della Repubblica, e tuttavia evita qualsiasi ostentazione di superiorità.
Schäuble siede spesso nel suo ufficio nel palazzo dell’ex ministero dell’Aeronautica del Terzo Reich, dove scorre un ascensore, e telefona. Sbriga il suo lavoro. In genere arriva presto, verso le otto. È più impegnativo di quanto non sembri. Un uomo sano, che alla mattina ha fretta, può riuscire in mezz’ora a saltare sotto la doccia, radersi, vestirsi e mettersi in marcia. Ma quanto tempo occorre a uno che si muove sulla sedia a rotelle prima di uscire di casa chiuso in una giacca che, stando seduti su una carrozzina, dà sempre fastidio? Quando suonerà la sua sveglia, se prima delle otto Schäuble ha già letto parecchi giornali? Alle cinque? Alle quattro e mezza?
Wolfgang Schäuble non si concede mancanze di disciplina, nessun lamento, nessuna recriminazione, nessuna ostentazione, nessuna retorica della commozione. Se è il padrone di casa di una festa privata e vuole brindare a un anniversario, rinuncia allo champagne perché ritiene che basti lo spumante. Tutto quello che si permette è l’irremovibile convinzione di avere sempre ragione.
Dal 1972 Schäuble è ininterrottamente deputato del Bundestag. Dal 1972, pensate un po’. Sono 43 anni. A quei tempi governava a Bonn Willy Brandt. 43 anni. È un record. Schäuble ha assistito alla nascita dei Verdi, alla caduta di Helmut Schmidt, al crollo del blocco orientale. È stato testimone del fallimento del candidato alla cancelleria Franz Josef Strauss, ha condotto le trattative sulla riunificazione tedesca. Ha visto arrivare e andarsene Gerhard Schröder, è sopravvissuto politicamente a Joschka Fischer, Otto Schily, Roland Koch ed Helmut Kohl. Ha aiutato Angela Merkel nella sua ascesa, è sempre rimasto il numero due – ma a quanto pare non se la prende più. Sa benissimo che non può più diventare cancelliere, e questo gli procura un’indipendenza interiore che può percepire chiunque lo conosca.
C’è una donna che conosceva Wolfgang Schäuble già prima che entrasse in politica e che ha visto come la politica lo ha catturato. Ingeborg Schäuble è sposata con lui dal 1969. Dice: «È diventato sempre più sicuro di sé e del fatto suo. Si sente inattaccabile». Un pomeriggio del marzo di quest’anno Ingeborg Schäuble sta alla finestre della sua casa a Offenburg nel Baden-Württemberg, dove si è trasferita con suo marito perché la casa sulla collina di Gengenbach è diventata troppo scomoda per una vita sulla sedia a rotelle. Gli Schäuble vivono in una casa multigenerazionale costruita da un loro amico. In lontananza i pendii della Foresta nera scompaiono nella foschia; sull’altra riva del Reno cominciano i Vosgi. Vista così, è una casa ideale por Wolfgang Schäuble, perché guarda verso la Francia, il partner più importante nel progetto Europa. È anche una casa ideale dal punto di vista di Ingeborg Schäuble, perché c’è un grande balcone. Infatti Ingeborg Schäuble pensa che i politici «prendano troppo poco ossigeno».
Per qualche giorno è sola a casa, suo marito lavora a Berlino. Dice di essere sempre stata contraria a che Wolfgang entrasse in politica. Aveva studiato diritto, è estremamente sveglio, sarebbe diventato un ottimo avvocato o giudice. «Ma evidentemente la pensava in modo diverso da me» dice Ingeborg. Voleva avere una vita tranquilla, non un marito che si muoveva sempre nell’ombra di Kohl o della Merkel. Ingeborg e Wolfgang Schäuble hanno quattro figli, tre femmine e un maschio, che sono già adulti. «A Wolfgang non piace sentirselo ricordare» dice, «ma li ho tirati su da sola. Quale donna sarebbe contenta?». Ingeborg Schäuble si era portata a casa sua madre affetta da demenza senile e se ne prendeva cura. Wolfgang Schäuble andava alle riunioni e ai seminari di partito.
Prima di essere paralizzato, tornava a casa il venerdì notte e passeggiava con lei nel bosco, per raccontarle cos’era successo in Parlamento. Ne parlava come di un’avventura che non doveva mai finire.
Forse, dice Ingeborg Schäuble, sarebbe riuscita a difendere il suo matrimonio dalla politica, se non avesse consentito che suo marito si mettesse in corsa per un seggio al Bundestag. Lui le aveva promesso di non farlo e Ingeborg Schäuble non aveva puntato i piedi quando poi era stato eletto. «Perciò la colpa è anche mia» dice. Non era in condizione di distoglierlo dalla politica. Ingeborg Schäuble è riuscita a farsene una ragione perché è del tutto diversa da lui. Non ha bisogno di una dimensione europea per dare senso alla sua vita. «Non potresti fare qualcosa d’altro?» chiedeva spesso a suo marito, in passato. Avrebbe potuto, ma non voleva. Era come con i chiodi. Ogni tanto Ingeborg Schäuble chiedeva a suo marito di piantare un chiodo sulla parete per appendere un quadro. Lui lo faceva per farle piacere, ma non si divertiva affatto, anche se poi il chiodo finiva conficcato nella parete. Wolfgang Schäuble non ha mai nemmeno messo piede in una sala hobby, non ha mai assemblato i pezzi di una libreria. Forse è anche perché non si ottiene nessuna vittoria quando si pianta un chiodo in una parete.
Ingeborg Schäuble a volte sente suo marito telefonare a degli americani, anche se ha studiato inglese a scuola solo per tre anni. È impressionata dalla sua passione per la lettura: ha divorato i libri dello storico Heinrich August Winkler. È capace di assorbire rapidissimamente le informazioni e di trattenerne gran parte. Anche se con la sua sedia a rotelle è fuori posto, non manca mai ai ricevimenti in piedi, e allo stesso modo va a teatro, all’opera, al cinema.
Non si lascia avvicinare dagli estranei, non dà confidenza ai giornalisti, ma li squadra per bene, anche perché vuole sapere se sono intellettualmente alla sua altezza. Naturalmente, ai suoi occhi non possono esserlo. Manifesta rumorosamente il suo scarso apprezzamento. Ingeborg Schäuble ha studiato economia politica, per qualche tempo è stata insegnante e poi, quando i figli sono diventati grandi, è stata per anni a capo della Deutsche Welthungerhilfe. Anche lei ha lavorato in commissioni, come un politico, ma la natura del politico le è rimasta estranea. Ciò nonostante, Ingeborg Schäuble non ha più cercato di dissuadere suo marito dalla politica. «Glielo devo» dice da venticinque anni, da quando lui siede su una sedia a rotelle. Schäuble stava parlando a una manifestazione elettorale in un ristorante di Oppenau, nel Baden, quando un individuo mentalmente instabile gli sparò con una pistola.
Se in seguito a quel fatto Wolfgang Schäuble si fosse ritirato, si sarebbe piegato alla follia. Schäuble non parla mai di un attentato, ma di un incidente. Come se fosse stato un infortunio sul lavoro. E chi chiuderebbe la sua attività dopo un incidente? Per Wolfgang Schäuble ci sono due tipi di persone: quelli che possono dire qualcosa e quelli che devono stare zitti. Può dire qualcosa chi – come Schäuble e i suoi simili – «è passato attraverso il fuoco e sa stare nel fuoco». Così si esprime Bruno Kahl, che ha trascorso 14 anni a fianco di Schäuble come suo braccio destro e addetto al servizio stampa. Nel frattempo Kahl è diventato capo dipartimento nel ministero di Schäuble.
Per poter stare nel fuoco è necessaria la ferrea volontà di conquistare una circoscrizione elettorale. In questo modo uno non si fa nominare, come l’amministratore delegato di una banca, ma settimana dopo settimana sta in una piazza del mercato, come un pescivendolo.
È così che uno dimostra di avere la stoffa per imporci in un posto pieno di gente. Gente che fischia un oratore se non le piace.
Questo distingue un politico da un manager, che perlopiù è al sicuro fintanto che realizza profitti. Per il manager l’unico criterio è il denaro, e ciò rende tutto più semplice. Anche per questo Schäuble è entrato in politica. Con poca complessità si sarebbe trovato male (...)
Un martedì di aprile di quest’anno un airbus della Luftwaffe decolla sul settore militare dell’aeroporto di Berlino-Tegel per portare Wolfgang Schäuble in America. È atteso per la sessione primaverile del Fondo Monetario Internazionale a Washington, ma prima ha altri appuntamenti a New York. Il Fondo Monetario Internazionale è qualcosa come il pompiere globale del capitalismo, la direttrice Christine Legarde è amica di Schäuble.
Quando l’aereo sorvola l’Atlantico, Schäuble manda a chiamare i giornalisti che viaggiano con lui. Comincia una conversazione di approfondimento di Schäuble. Ciò significa che non se ne possono riferire i contenuti. La confidenzialità comporta l’apertura, ma con Schäuble non ci si deve fare illusioni. Quando si toccano questioni spinose come il futuro della Grecia diventa evasivo come se fosse in televisione. La cosa notevole è che poco dopo, nel corso di un evento pubblico a New York, parla con più franchezza di quanto non faccia qui davanti ai giornalisti, che sotto il vincolo della segretezza apprendono solo quello che sanno già. (...) Una delle domande giornalistiche che lo infastidiscono di più è quella sul suo umore. «Le fa rabbia che...?» provano a chiedergli i giornalisti all’aeroporto, ma lui finge di non avere nemmeno sentito la domanda. Non ammetterebbe mai che qualcosa lo fa arrabbiare. L’eterno segreto di Schäuble è il suo sorriso. Può significare qualsiasi cosa: gentilezza, rispetto; a volte, però, quel sorriso nasconde una calcolata insolenza. Quando Schäuble parlò da una tribuna a Washington del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, lo definì allegramente un «celebre economista».(.„) Wolfgang Schäuble può arrabbiarsi parecchio, se una cosa non va come lui vuole. Non è disposto a sprecare il suo tempo in quisquilie, perciò non gli piacciono le chiacchiere. In certo modo Schäuble ha sempre fretta; per lui è questo che viene chiesto alla politica. È diventata celebre una scena svoltasi in pubblico e cliccata circa un milione di volte su YouTube e su altri portali di internet. Nel 2010 Schäuble fece fare una figuraccia all’allora capo ufficio-stampa Michael Offer, che prima di una conferenza-stampa si era dimenticato di distribuire i foglietti con le cifre più importanti. Schäuble interruppe la conferenza, redarguì Offer e lo mandò fuori a copiare le carte. C’erano giornalisti che ridevano. Offer, profondamele offeso, si dimise dal suo posto e si fece trasferire in un altro dipartimento.
Giovani deputati della Cdu ancora inesperti sono stati regolarmente maltrattati da Schäuble nelle riunioni di partito quando si avventuravano in affermazioni incaute. Dopodiché poteva accadere che per anni non prendessero più la parola. Se gli si chiedeva quali esperienze politiche avessero raccolto, qualcuno di loro rispondeva: «La settimana è stata buona, ma Schäuble è uno stronzo». (...)
Se si va a visitare Schäuble nel suo ufficio, lo si trova seduto dietro la sua scrivania ben ordinata. Alla parete di fronte è appeso un quadro del pittore Jörg Immendorff. Si intitola Infondere audacia. Schäuble alza un attimo gli occhi e dice: «Ancora un momento». Deve firmare delle carte. Il suo colore sugli atti ufficiali è il verde. I sottosegretari firmano in rosso, i capi dipartimento in blu, tutto è regolato. Schäuble si porta con la sedia a rotelle fino al tavolo e sorride. Se si vuole citare qualcosa di una conversazione, occorre la sua approvazione. Questi sono gli accordi.
Perché ha resistito così a lungo in politica, signor Schäuble?
«Resistere suona eroico, ma io non mi considero affatto un eroe. Io faccio volentieri politica, la faccio con gioia. Si soffre sotto il suo peso, ma lo si è voluto». Il peso è l’Europa, il peso è la Grecia.
E perché resiste, signor Schäuble?
«Per un insieme di motivi. C’è una volontà di esercitare il potere politico, naturalmente, c’è il desiderio di dare forma alle cose e poi c’è la mia famiglia. Già mio padre era in politica, e anche mio fratello Thomas. E quando sono stato eletto ho ricevuto un mandato, cioè una responsabilità».
Qual è stata la sua decisione politica più importante?
«Naturalmente mi viene da dire la riunificazione tedesca, ma come è noto non l’ho realizzata da solo. Se si dicesse che Wolfgang Schäuble ci ha portato la riunificazione, ci sarebbe qualche fatto storico che contraddirebbe questa affermazione».
E lei, si trova sorpassato?
«Posso capire i più giovani che pensano questo di me».
Sua moglie gli consiglia di brontolare di meno, ma la sua irritabilità è un buon mezzo di difesa contro i colleghi degli altri ministeri che ora ambiscono al suo denaro (...). «Sono scomodo» dice, «lo sa la cancelliere, ma sono leale. E non devo più dimostrare la mia lealtà».
Questa qualità è stata spesso messa alla prova. Angela Merkel, che deve la sua carriera nel partito anche a Schäuble, probabilmente gli ha impedito di diventare nel 2004 presidente della Repubblica – forse perché temeva che Schäuble potesse mettere in discussione il suo potere, forse perché credeva che non sarebbe riuscita a raccogliere attorno a lui una maggioranza. La Merkel ha sacrificato le ambizioni del deputato Schäuble, che però è andato avanti (...).
Ogni due mesi Schäuble si incontra con un piccolo gruppo di uomini tra i 40 e i 50 anni, che in precedenza hanno collaborato strettamente con lui e dei quali ha grande fiducia. Questi uomini sottolineano di non essere consiglieri, perché Schäuble non cerca consigli, ma stimoli. Uno di loro è Nils Ole Oermann, un intraprendente professore di etica dell’università di Lüneburg. Durante una cena Schäuble chiede perché oggi – a differenza dal passato – quasi tutti i giocatori di tennis di primo piano fanno il rovescio a due mani; allora Oermann si attacca al telefono per farsi spiegare da un esperto di anatomia perché il rovescio a due mani rende il tiro più preciso (...).
Quando nel 2003 chiesero all’ex cancelliere Helmut Kohl perché alla fine non avesse acconsentito alla candidatura di Schäuble, rispose che si avvicinava l’introduzione dell’euro, la sfiducia dei tedeschi era grande, nessun altro tranne lui, Kohl, sarebbe riuscito a far accettare l’euro. Kohl chiamava Schäuble «l’uomo sul carrello».
A quel tempo Kohl lo riteneva troppo debole per l’euro. Oggi, nella crisi dell’euro, è Schäuble a mostrare la sua forza. E di nuovo si pone una questione Kohl, ereditata da Schäuble. «Anche Schäuble, così come a suo tempo Kohl, si considera in ultima analisi insostituibile oggi in Europa» dice un collaboratore di lunga data di Schäuble. «Si vede sulla stessa linea di Adenauer e Bismarck» (...).
Un vecchio compagno di tennis, l’esponente della Fdp (Partito Liberale Democratico Tedesco) Klaus Kinkel, trovò una struttura dove potevano giocare a tennis anche i portatori di handicap, ma Schäuble rifiutò. Quando le associazioni di portatori di handicap gli chiedevano di impegnarsi al loro fianco, Schäuble le bloccava. Non si è mai considerato un handicappato che fa politica. È un politico che siede su una sedia a rotelle.
Dopo qualche mese Schäuble tornò al Bundestag e ricominciò subito ad attaccare gli avversari politici. Accentuò l’asprezza dei suoi discorsi politici, togliendo agli altri deputati ogni motivo per compatirlo. Venne raggiunto un tacito accordo: nessuna manifestazione pubblica di compatimento, ma, per favore, che nessun politico gli rinfacciasse la sedia a rotelle come motivo della sua durezza.
La sedia a rotella è rimasta, Schäuble è rimasto, ma non ne ha mai voluto parlare. Non ha mai voluto insegnare come ci si muova in modo ottimale su una sedia a rotelle. Gli è occorso molto tempo per riconoscere che per lui sarebbe stato meglio se si fosse preso cura del suo corpo tanto quanto della sua mente. «Non ha mai risparmiato il suo corpo» dice il suo ex sottosegretario August Hanning. Qualche anno fa Wolfgang Schäuble ha cambiato il suo modo di pensare. Da allora si reca una o due volte alla settimana nella clinica traumatologica di Berlino, diretta dal dottor Axel Ekkernkamp. Le veneziane delle finestre di una palestra vengono abbassate e Schäuble si allena con un istruttore sportivo settantunenne e una fisioterapista settantenne. «Lavora duramente su di sé» dice Ekkernkamp, anche se, naturalmente, Schäuble non si lascia prescrivere tutto dai suoi assistenti in palestra. «Rimane pur sempre il caposquadra». (Traduzione di Carlo Sandrelli)
Stefan Willeke